Caro Guido,
ti scrivo da Parigi dove mi sono appena trasferito per intraprendere ufficialmente la carriera dell’artista. Prima ancora, per lo stesso motivo, mi trovavo a Londra ; ma già dopo sei mesi era diventato tutto grigio e monotono e non trovavo più gli stimoli giusti per il mio lavoro. Parigi invece è così bella e colorata che pare una bomboniera appena tirata a lucido. E dato che desidero profondamente che la situazione rimanga tale -non posso certo continuare a cambiar città ogni sei mesi- mi sono in fine risolto a prendere sul serio i tuoi consigli. Rifuggirò attentamente la « trappola delle abitudini » che annichiliscono l’uomo, lo impigriscono e ne uccidono il sentimento e l’ispirazione ; iniziando dalle cose più semplici e banali.
Per esempio se prima prendevo il caffè soltanto la mattina appena sveglio, qui ho iniziato a prenderlo ogni giorno a ore diverse. Qualche volta nel primo pomeriggio, qualche altra alla sera.
È vero che quella volta che l’ho preso dopo cena non sono riuscito a chiudere occhio prima delle quattro… Ma in tal modo ho perso anche la sadica abitudine di svegliarmi presto ogni mattina.
E anche per quanto riguarda il dormire poi non mi sono certo cullato. Ho infatti preferito più volte, al termine di estenuanti letture, restare appisolato sullo stretto, ostico divano della cucina piuttosto che andare a riposare nel mio confortevole letto di una piazza e mezzo. La mia schiena certo non ha gradito troppo quel guizzo di romanticismo ma in compenso ho fatto sogni più avventurosi del solito.
Anche nei bisogni fisiologici primari ho deciso di essere originale. La pipì qualche volta la faccio in piedi, qualche volta seduto. E una mattina che proprio mi scappava, essendo il bagno occupato, l’ho fatta in un vaso di fiori, fuori sul balcone. Il caso ha voluto che quattro gocce finissero sul berretto di un passante; e questo mi è costato una giornata intera passata in commissariato. Come se l’avessi fatto a posta! E cosa ancora più strana mi hanno domandato quanti anni avessi… Come se ci fosse un età per decidere di non avere più abitudini.
Non mi restava allora che bere per dimenticare. Ma quando, chiappe sullo sgabello e gomiti sul bancone, ho chiesto una bella pinta di latte macchiato mi hanno guardato storto. Quasi quanto la mattina dopo quando in un altro bistrot ho inzuppato il croissant dentro un bicchiere di vino rosso.
A cambiar troppo spesso cinema o teatro si finisce per perdersi o andare in un posto anziché un altro scoprendo che lì il film o la pièce che si cercavano non erano mai stati in programma.
Avevo anche preso a lavorare come cameriere in un ristorante nel fine settimana, per arrotondare un pò… Ma quando mi sono reso conto che iniziavo a sorridere e a ringraziare tutti, anche al di fuori dell’orario di lavoro, me la sono data a gambe.
Un giorno poi ho persino fumato una sola sigaretta invece del solito pacchetto. E guardare al fatto che il giorno dopo ne abbia fumati due interi di pacchetti, vuol dire proprio voler vedere il bicchiere mezzo vuoto.
Come vedi, caro Guido, qui a Parigi faccio tutto il possibile, ogni giorno, e al quanto meticolosamente, per evitare che le abitudini mi rendano pigro e piatto come finiva per succedere nella città precedente e in quella prima ancora ; per non lasciare che prendano di nuovo il sopravvento sulla mia forza di volontà. Così pure, paradossalmente, mi tormenta un dubbio; esso è quasi inconfessabile e rischia di parere pretestuoso ; ma ti assicuro che è del tutto onesto e sincero. Si tratta del timore, atroce, che anche a non avere alcuna abitudine ci si possa, prima o poi, abituare.
Pierdomenico Bortune
Illustrazioni: Chiara Spinelli
Mnlf in audizione: no a numero chiuso, a capo dell’Unità per la prevenzione e il contrasto della contraffazione dei farmaci a uso umano dell’Agenzia italiana del farmaco Überdosierung.