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Rebecca Russo

L’appuntamento con Rebecca Russo, psicologa, psicoterapeuta e collezionista d’arte contemporanea, è una preziosa occasione per parlare dei nuovi progetti – un libro autobiografico, un contest, una app – della Fondazione Arte Scienza Videoinsight®, organizzazione privata no-profit, nata per volontà di Rebecca nel 2013 e oggi importante realtà che da Torino è arrivata a coprire un vasto ambito internazionale. Il centro di Via Bonsignore, sede di mostre, performance e incontri legati al metodo e al concept Videoinsight®, innovativa cura basata sull’interazione con selezionate opere di arte contemporanea ad alto impatto psico-terapeutico, è un luogo conosciuto e frequentatissimo.
Se l’arte è espressione estetica dell’interiorità umana, per Rebecca Russo l’arte contemporanea – opportunamente selezionata – può curare l’interiorità stessa e diventare strumento per l’accrescimento del benessere dell’individuo e della comunità, e questo attraverso la visione di opere che generino l’insight, termine traducibile con intuizione o illuminazione.
In forza di un’esperienza di pratica clinica di molti anni e di una profonda passione per l’arte, Rebecca ha concretizzato la sua personale intuizione sul grande potenziale terapeutico delle immagini, effetto provato in primis su se stessa, quindi sui pazienti, e infine su un pubblico più vasto, pubblicando tre volumi e diversi articoli sulle riviste scientifiche. Oggi questa intuizione, organizzata in metodo, è stata riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale in ambito medico ed ha avuto una diffusione e applicazione esponenziale.
Scienza e Arte hanno trovato un connubio straordinario nella forza di una persona che ha creduto in questa potenzialità e ne ha fatta una missione di vita, coniugando con intelligenza creativa e approccio scientifico le sue passioni e due ambiti apparentemente distanti, relativi al mondo delle immagini e a quello della scienza, che hanno trovato una complementarità in una nuova formula, totalmente originale. Non sfugge il fatto che la stessa Rebecca abbia una fisicità e un carisma fuori dal comune, modello di estrosità e rigore, forza e dolcezza, ricercata estetica (che compie su se stessa al pari di una performance vivente) e ieratico coraggio che l’hanno condotta a concretizzare una profezia che si è auto-avverata.

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Centro Videoinsight

“La realtà non è ai come la si vede: la verità è soprattutto immaginazione”. Vorrei partire con questa frase di René Magritte per chiederti qual è la tua idea dell’arte.
L’arte rende il mondo migliore. Se noi scegliamo l’arte con consapevolezza, con verità possiamo trovare in essa l’energia per rendere la nostra vita e il mondo migliore. Questo non vuol dire che la vita non comprenda il dolore: nella mia vita il dolore ha dato un forte contributo alla creatività in termini di grinta e coraggio perché l’ho sublimato, non gli ho permesso di essere distruttivo. L’arte che cerco è quella che contiene verità. La verità della vita: la posso scoprire dentro un quadro ma la posso scoprire anche nella vita stessa che sto vivendo.
A breve uscirà un libro autobiografico nel quale racconto come all’inizio di questo mio percorso io scegliessi consapevolmente opere d’arte che si legassero alla mia storia. In seguito è successo qualcosa di magico che ha capovolto la prospettiva: mi sono ritrovata a vivere nella mia vita le opere che avevo scelto, come se loro mi portassero a vivere delle esperienze.
Questo nuovo insight sono certa che provocherà una nuova frontiera e auspico che ogni persona crei un proprio museo interiore per fare questo tipo di esperienza: scegliere le opere d’arte come via di cura e poi in secondo momento per plasmare il proprio io e la propria vita grazie all’arte.

Come è nata questa tua predilezione per le “immagini”?
Ho sempre prodotto molte immagini nella mia mente; tutti produciamo immagini mentali, inconsce, oniriche, e questo da sempre, persino nella vita embroniale, a livello proto-mentale. Io, in modo privilegiato, ho sempre sviluppato una capacità di immaginare molto importante: disegnavo molto nella mia infanzia, ritagliavo immagini, le catalogavo persino. Ho studiato molti anni pianoforte e quando suonavo “vedevo” molte immagini in parallelo alla musica. In seguito ai miei studi che mi hanno portato ad essere psicologa e psicoterapeuta scelsi di specializzarmi nel test di Rorshach, diagnosi della personalità che consiste in dieci tavole con macchie di inchiostro speculari che vengono mostrate alle persone richiedendo una risposta interpretativa per indagare la loro personalità. Adoravo applicare questo test, anch’esso fatto sostanzialmente di immagini, e l’ho sottoposto per molti anni ai miei pazienti; è stato poi naturale mostrare immagini di arte, sempre con lo stesso obbiettivo, per indagare, o meglio scoprire l’altro.
Tu le collezionavi?
Ho incominciato a collezionare arte a vent’anni, precocemente; priva raccoglievo le immagini dalle riviste e le organizzavo per tematiche: un’attività non ossessiva, ma utile per indagare le prospettive delle realtà. Mi sono poi direzionata verso immagini d’arte che mi facessero stare bene, rispondendo ad un bisogno di cura di me stessa attraverso immagini “curative” di miei bisogni, un collezionismo finalizzato ad una sorta di autoterapia. Dopo molti anni mi sono resa conto che si trattava di una vera e propria collezione terapeutica e scelsi il nome Videoinsight®: era quindi l’insight provocato dalla visione ad avere effetti terapeutici.
Quando hai deciso di provare a verificare l’effetto anche sugli altri?
Una mattina ho avuto l’intuizione di traferire un’opera d’arte della mia collezione nello studio, dalle pareti volutamente bianche, dove ricevevo i pazienti: tutti, nessuno escluso, reagirono all’opera con entusiasmo, creatività, interesse, molto più di quanto avessi potuto ipotizzare. L’opera d’arte aveva impattato fortemente. Certo non ero così stupita, ma la risposta è stata superiore alle mie aspettative: da quel momento ho incominciato a mostrare opere d’arte scegliendo soggetti specifici per pazienti specifici, sia per effettuare una diagnosi che per proporre una prevenzione o un sostegno. Avevo organizzato le opere d’arte per tematiche: maternità, dolore, conflittualità… La quantità e l’esperienza hanno fatto la differenza e ho applicato questo metodo per più di dieci anni su centinaia di pazienti.
Qual è stato il passo successivo?
Solo dopo molto tempo, in cui ho strutturato il metodo riservandolo solo ai pazienti, ho incominciato a parlarne, a documentarmi, scoprendo che non c’era nulla nella letteratura scientifica che corrispondesse a questa pratica: non era cinematerapia, videoterapia, fototerapia ma nemmeno arteterapia: l’approccio era totalmente innovativo. Pubblicai nel 2011 Videoinsight®: curare e con l’arte contemporanea, poi pubblicai la ricerca su molte riviste scientifiche internazionali di psicologia e in seguito coinvolsi il mondo medico.
A chi lo hai rivelato per primo?
Lo dissi a Marina Abramovic. Nel 2009 lei era Torino per parlare alla GAM, io cercai l’incontro con lei, per me lei è una donna e artista, coraggiosa, aperta, ricercatrice della verità: lei prese un foglio, tracciò il profilo della mia mano e disegnò un flusso che partiva dal mio dito indice e mi disse di procedere senza paura, di scrivere e divulgare il metodo. Due settimane dopo trovai e presi questo spazio dove poter ricevere tante persone, non solo una o due e aprire il metodo a tutti: l’insight fatto in gruppo è un’esperienza più evolutiva rispetto a quella fatta singolarmente. Ho incominciato a ricevere gruppi di persone fuori dal setting terapeutico con regolarità, settimanalmente.
Quale è stata la risposta nel mondo scientifico?
Io scelsi di presentare il metodo fuori dal mondo della Psicologia dove aveva avuto ottimi riscontri, per proporlo all’ambito medico; scrissi all’ Istituto Rizzoli di Bologna per proporre l’applicazione del metodo Videoinsight® in una loro ricerca scientifica rigorosa che fosse approvata dal comitato etico e fui selezionata, probabilmente perché presentavo qualcosa di assolutamente nuovo. Cento pazienti operati al legamento crociato anteriore sono stati divisi in due gruppi: 50 hanno guardato immagini d’arte ad alto impatto videoinsight®, gli altri immagini d’arte placebo: i risultati sono stati sorprendenti, dimostrando che i primi 50 guarivano effettivamente prima ottenendo risultati migliori in quasi tutti i parametri di ricerca. Da lì, pubblicati i risultati su riviste internazionali del settore con elevato impact factor, sono stata invitata a presentare questi risultati in 16 congressi di ortopedia mondiali e ho creato la Fondazione Videoinsight®, registrandone il marchio.
Tu continui a collezionare opere d’arte?
Io continuo sia come Rebecca Russo sia come Fondazione Arte e Scienza  Videoinsight® ad acquisire opere d’arte per cui la collezione è in continuo incremento, seguendo nella scelta il concept. L’opera scelta, pittura, scultura, video, fotografia, performance, deve rispettarne il principio: deve essere quindi un’opera la cui visione promuove il benessere psicofisico. Le opere non devono essere perturbanti; vengono escluse quindi opere a contenuto politico, religioso, sessualmente esplicite, ma anche che sollecitino rabbia, aggressività, tristezza, ansia.

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William Kentridge Triumphs and laments 2014

Tra le ultime opere che ho acquisito ad Artissima c’è un’opera che mi ha personalmente creato un forte insight: è il disegno di William Kentridge “Drawing for Triumphc and Laments #2” del 2014 che ritrae l’estasi di Santa Teresa del Bernini e il braccio dell’angelo che la sta svelando o sollevando: per me è esattamente ciò che sento per l’arte, un rapimento estatico e allo stesso tempo l’agnizione della verità: dove c’è verità c’è inevitabilmente gioia suprema e anche dolore, ma questo può essere sublimato e trasformarsi.
La Fondazione Videoinsight® è un’organizzazione non-profit che non intende guadagnare ma rimane proprietaria delle opere e del metodo, che dal 2011 è un marchio registrato a livello internazionale. Dal 2016 anche il nome e l’immagine di Rebecca Russo sono divenuti marchi registrati.  Io non ho figli: la Fondazione è il mio parto e il mio testamento.
Tu ti poni nei confronti degli altri con un’estetica molto forte, quasi come fossi tu un’opera? Cosa ci puoi dire a questo proposito?
Io credo fortemente che la persona sia un’opera d’arte e anche la vita è da intendere in questo senso: la nostra vita può essere plasmata come un’opera d’arte. Io lavoro sulla mia immagine come un artista lavora su un’opera d’arte. Questo approccio rompe la rigidità del sistema dell’arte, nel separare l’arte dalla vita: io sono una performer spontanea, io sono anche le opere d’arte che scelgo, che a loro volta sono vita degli artisti che le hanno create. Non c’è separazione tra arte e vita. Mi è capitato di realizzare dei progetti in cui io ero opera d’arte: sono stata performer per Vanessa Beecroft, Christian Jankowski, Elena Kovylina, Marina Abramovic, Entang Wiharso.
Quali sono i prossimi obiettivi della Fondazione?
Tra le novità quest’anno La Fondazione Videoinsight® ha lanciato la rivoluzionaria Applicazione Videoinsight® Art for Care App per la Promozione del Benessere Psicofisico studiata per essere utilizzata dai dispositivi mobili: gli iPhone e gli smartphone con sistema operativo Android; la versione per iPad sarà presto disponibile. A breve voglio anche indagare il mondo delle GIF, brevi video di pochissimi secondi in loop continuo: la velocità e l’incisività, per mia esperienza personale, possono ottenere ottimi risultati, ho in progetto un contest, un festival e un premio intitolati GIF INSIGHT® per selezionare GIF terapeutici.
Il progetto Videoinsight® è stato spontaneo, si è sviluppato in modo esponenziale e magico, ed è destinato a crescere, sorprendendomi di giorno in giorno così come ha fatto finora. Profezie e sogni si sono realizzati, energie si sono moltiplicate seguendo sempre l’istinto sostenuto da un’attività concreta che segue un’idea chiara e precisa: l’arte cura. Non solo gli artisti ma tutti quelli che ne usufruiscono.