In contemporanea tre diversi musei, in tre città diverse, per un solo artista con esposte oltre settanta opere e un solo titolo: «È un giorno così bianco, così bianco».
Ettore Spalletti, maestro dell’arte contemporanea italiana, sceglie di toccare, in un solo momento, tre luoghi distanti tra loro per esporre le sue opere: il Maxxi di Roma (fino al 14 settembre), il Madre Museo d’Arte Contemporanea di Napoli (fino al 18 agosto) e la Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino (fino al 15 giugno).
La sua è una mostra unica, ma declinata in tre differenti percorsi espositivi, dove non c’è un ordine cronologico a legare tra loro pittura, scultura e installazioni ambientali. Ma solo la suggestione.
Se a Napoli e a Roma, il protagonista assoluto è un articolato excursus dell’artista, formato da opere sia storiche sia recenti, dagli esordi ai giorni nostri, la mostra alla Gam, in via Magenta 1, si propone di ricostruire l’atmosfera dello studio di Ettore Spalletti. 

Ed è sempre a Torino che, dal 10 aprile, accanto alle sue installazioni, verrà esposto uno dei capolavori del grande Caravaggio: “Il ragazzo morso dal ramarro”. Caravaggio e Spalletti assieme, dunque. Perché anche se li separano quattro secoli di storia dell’arte, entrambi sono considerati “maestri della luce”, l’azzardo è palese e di aggrovigliata ermeneutica, ma un Caravaggio lo si contempla comunque con interesse, ovunque sia.
La luce, infatti, è la regina dello studio di Spalletti. Il luogo dove il maestro, nell’arco di quarant’anni, ha attraversato alcuni dei momenti più significativi della storia dell’arte internazionale, e dove ha sviluppato il linguaggio originale che lo contraddistingue. Un linguaggio capace di far dialogare tra loro contemporaneità e classicità.

L’intento della mostra torinese, inaugurata il 27 marzo e curata da Andrea Viliani e Alessandro Rabottini, non è quello di riprodurre fisicamente lo studio di Spalletti come spazio in sé, quanto quello di trasmettere la poetica dell’artista, ricreando l’energia che si respira nell’ambiente in cui lui lavora e trae ispirazione.

È nel suo studio, infatti, che l’artista vive le sue intere giornate. È quello il suo rifugio protetto, il punto di osservazione privilegiato del mondo circostante. Il posto in cui nasce la sua interpretazione dell’essenza delle cose. Ed è proprio in quello spazio intimo e personale che nascono le sue opere, fedelissime compagne di vita. Nella sala espositiva della Gam, attraverso i tocchi di colore azzurro e gli spazi bianchi, viene così ricreata la sintesi di tutto il suo lavoro.
Le 25 opere esposte abbracciano un arco temporale ampio, che va dagli anni Ottanta ad oggi. Tra queste c’è anche un lavoro proveniente da una importante collezione privata belga: “Coppa, 1982 e Disegno, mano libera”, un disegno di otto metri del 1981, presentato in anteprima proprio a Torino.

 

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