Nella Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia non si può non pensare al Benin, il Paese dell’Africa occidentale tristemente famoso per il fenomeno dei vidomegons: i bambini che vengono sottratti ai genitori per mandarli a lavorare nelle case dei ricchi, nei mercati, nelle cave di pietra o nelle piantagioni. Sono almeno 150.000 ogni anno i piccoli che vanno incontro a questo destino di sfruttamento e di abusi d’ogni genere. Li chiamano vidomegons dall’antica tradizione per cui i genitori mandavano i figli a studiare in città dai parenti più agiati; ma oggi vengono rapiti, o acquistati per pochi euro, da intermediari senza scrupoli che spesso ingannano i familiari con false promesse. «I “trasferimenti” dei bambini avvengono secondo due direttrici principali» ci spiega Viviana Brun, cooperante CISV nel Paese; «i ragazzini vengono portati via dalle campagne nelle città, soprattutto in direzione nord-sud; e c’è una migrazione transfrontaliera verso la Nigeria». Perciò, continua Viviana, «se qualcuno di loro cerca di scappare si trova a centinaia di km da casa e non è in grado di farvi ritorno». I bambini inoltre non sono registrati all’anagrafe e anche questo rende difficilissimo ritrovarli.
Una volta via da casa subiscono maltrattamenti, non possono andare a scuola e non vedono mai più i propri cari. Le bambine inoltre sono costrette a sposare uomini molto più vecchi di loro, diventando mogli e madri in tenera età con traumi che le segnano per la vita.
Per fortuna da qualche anno alcune famiglie, istituzioni e forze di polizia (le brigades locali)si sono attivate per contrastare il fenomeno. Ma il loro impegno da solo non basta, perciò i volontari dell’associazione torinese CISV (www.cisvto.org), presente da 15 anni nel Paese, collaborano con le autorità nel dare sostegno psicologico e legale alle vittime della tratta e alle loro famiglie, facendo prevenzione e informando sui diritti dei minori.
In particolare si interviene nel Comune di Adjohoun, che si trova nel sud-est del Paese a 30 Km da Porto Novo (la capitale politica), dove i minori tra i 5 e i 18 anni rappresentano il 30% della popolazione. Qui CISV ha creato il Centre Vignon (che significa “il bambino è buono” in lingua fon), per accogliere i bambini che riescono a fuggire dagli aguzzini o vengono liberati dalla polizia, fornendo loro cibo, vestiti, cure e istruzione. Nel frattempo si cerca di rintracciare i parenti, per tentare un ricongiungimento e restituire a tutti una famiglia.
Ma come si può riportare un bambino a genitori che magari l’hanno venduto? «Bisogna capire che questo fenomeno è legato a situazioni di povertà estrema» spiega Viviana. «Nessuno potendo scegliere venderebbe il proprio bambino, ma questi genitori sono sinceramente convinti di garantire un futuro migliore ai propri figli affidandoli ad altri. Si tratta allora di liberarli dall’inganno e dare a tutti loro – bambini e familiari – una seconda chance».
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Stefania Garini