Esistono ancora angoli di mondo sconosciuti al turismo di massa e Pemba è uno di questi. Si tratta di un’isola tanzaniana nota anche come “ Al Khu Dra” ossia l’isola verde, sita 50 Km al largo della costa orientale dell’Africa. Ricoperta da vasti palmeti, è più collinosa e fertile di Zanzibar. Le precipitazioni, più copiose, alimentano un paesaggio rigoglioso. Chi vi arriva dal mare ha la sensazione di vedere una foresta galleggiante! La maggior parte dell’isola è coltivata e le aree più estese sono destinate a prodotti per l’esportazione, soprattutto chiodi di garofano.
Il canale di Pemba, che la separa dal continente, è una delle aree più pescose dell’intera Africa, rinomato per l’abbondanza di marlin e di pesce spada. Poche volte ho visto tante sfumature di blu in un solo tratto di mare. Turchese, cobalto, ceruleo, verde smeraldo si alternano in un’inebriante sinfonia che vi farà credere di essere approdati in paradiso! I villaggi dei pescatori sono piccoli agglomerati di case di fango e paglia. Le donne indossano coloratissimi “kanga” su cui sono stampati dei proverbi. E’ il loro modo di trasmettere messaggi ai mariti!
Le famiglie allargate sono di stampo patriarcale. L’Islam è la religione più diffusa. Tutte le donne sono rigorosamente velate ma ciò che più colpisce è che lo sono anche le bimbe di 2-3 anni. Tra le numerose incombenze femminili vi sono anche la coltivazione delle alghe e la raccolta dei molluschi. Il tutto si svolge sui banchi di sabbia color della cipria che emergono con la bassa marea. Al tramonto gli uomini passano a prendere le donne a bordo di feluche dalle grandi vele bianche, i dhow, che scivolano silenziose, sospinte dalla tiepida brezza serale. Ma Pemba non offre soltanto spiagge bianchissime e fondali spettacolari. Ciò che l’ha resa famosa è la sua tradizione di magia.
Attraverso i secoli, infatti, Zanzibar e soprattutto Pemba sono state rinomate come centri della religione tradizionale e della stregoneria. Oggi il culto degli “shetani” ( spiriti) continua ad esistere all’insaputa della maggior parte dei visitatori. La distinzione tra magia bianca e nera è alquanto labile. La pratica magica si può definire come un’investitura, un’arte empirica, con i suoi segreti ed incantesimi, tramandata di generazione in generazione. L’attività del mago è al servizio della gente. Cerca, in primo luogo, di rispondere ai bisogni degli ammalati ma può anche attirare la buona fortuna, respingere le disgrazie e trovare l’amore. La stregoneria, invece, è la fede in una forza astratta che, attraverso lo stregone, può essere scagliata contro una vittima designata. Secondo le credenze locali, gli shetani sono creature di un altro mondo, solitamente invisibili e mal intenzionate, che vivono accanto a uomini ed animali. Non vi sono modi sicuri per proteggersi.
La miglior cosa è rimanere lontani dalla loro portata. Tutti i negozi e le abitazioni hanno appeso al soffitto un pezzo di carta su cui sono scritti versetti del Corano. Se, nonostante le precauzioni, uno shetano dovesse decidere di risiedere nella vostra casa o, peggio, nel vostro corpo, è giunto il momento di consultare uno “mganga” o stregone. Lo mganga, profumatamente pagato, si metterà in contatto con gli shetani e, grazie a loro, curerà il suo cliente. Ogni stregone, all’occorrenza, può diventare erborista e preparare pozioni curative. Quelli di Pemba sono famosi in tutto il mondo. Ricevono visitatori provenienti dal continente africano ma anche da Haiti. Vengono con lo scopo di imparare i loro oscuri segreti. Una delle leggende locali, che affonda le sue radici nel periodo della tratta degli schiavi, parla di “Popabauwa”, uno spettro bianco in grado di abusare di donne e uomini dopo averli resi incapaci di difendersi. Pare che nel 1997 una vera e propria isteria di massa si sia impadronita della popolazione dell’arcipelago di Zanzibar. Per settimane la gente dormì all’aperto, terrorizzata da Popabauwa, fin quando gli anziani proclamarono ufficialmente che lo spettro se n’era andato!
Non potevo certo resistere alla tentazione di incontrare uno stregone!
Dopo il tramonto, ritirati i banchi del pittoresco mercato, la città di Chake Chake piomba nel buio con l’eccezione di qualche locale fatiscente, illuminato dalle lampade a kerosene. Gli anziani si siedono di fronte alle case e chiacchierano sino a tarda ora. Lungo la strada principale un gruppo di ragazzi è assiepato attorno ad un piccolo televisore. Mi conducono da una “strega”. Mi attende seduta sul pavimento di terra battuta, circondata da barattoli colmi di misteriose polverine, un pollo vivo, con le zampe legate, ai suoi piedi. Benché sia spinta da semplice curiosità, comincio ad avvertire un po’ di disagio, suggestionata dal luogo e dell’ora. L’ultima cosa che desidero è che mi lanci un incantesimo! Vuole sapere quale sia il mio problema ed io le rispondo che, da qualche tempo, soffro di insonnia. Si avvicina e mi posa le mani sul capo ripetendo formule incomprensibili. Strabuzza gli occhi, mi asperge con dell’acqua e mi fa respirare il fumo di un piccolo braciere. Il pollo non viene sacrificato. Forse pensa che non ne valga la pena. Ritira il denaro e mi congeda. Tutto si è svolto piuttosto in fretta ed io ne sono sollevata. La cura, però, non sembra aver sortito alcun effetto e continuo a dormire come prima. Ma che importa, respiro, passeggio, nulla più. Sono a Pemba!
Anna Alberghina