La quarantottesima edizione del Motor Show di Ginevra ha aperto il suo sesamo a forma di portellone e, come una caverna degna di Ali Babà all’interno aveva stipato un tesoro fatto di 99 debutti mondiali e 27 anteprime europee. L’Italia ha portato in dote molti gioielli, ma quelli che spiccano e abbagliano sono la nuova Ferrari 812 Superfast, la Stelvio dell’Alfa Romeo, entrambe rosse fuoco e la rivisitata Lamborghini Aventador S.
Il Salone è una kermesse meravigliosa. Costruito per ospitare senza limiti di spazio, illuminato con gusto, concede grandi possibilità alle case automobilistiche di allestire stand in competizione tra loro come fossero su un circuito.
Nel giorno dedicato alla stampa le macchine ancora coperte come monumenti di piazza in attesa della banda e dell’inaugurazione rivelano soltanto volumi e forme avvolte da panni pesanti, esse catalizzano l’attenzione per la sorpresa. Le conferenze stampa seguono un programma serrato, senza sovrapporsi ma senza dare tregua ai cronisti.
Gentilezza, affabilità e disponibilità del personale andrebbe tutelato dalla convenzione cittadina, oltre al casting di bellezze holliwoodiane che sorridono sotto i flash dentro a tacchi vertiginosi e qualche vestito improbabile. Soffrono la scomfort zone da scarpe eleganti in opposizione al comfort di avvolgente comodità progettata dentro ai veicoli a cui aprono la porta invitando a entrare e sedersi.
I veri protagonisti della manifestazione sono le enormi pareti a video degli stand, su cui sono trasmessi brevi filmati di altissima qualità e costruzione scenica girati ad hoc per enfatizzare i prodotti. Tutto quello che la video arte, dagli anni ’60 in poi aveva pazientemente costruito, qui è ripresa e dopata al massimo delle sue possibilità. Senza mai scadere nella banalità, anzi ri-progettando al meglio tutte le invenzioni di una stagione che utilizzava come mezzo espressivo il tubo catodico ancora in bianco e nero. Da segnalare il wall diviso in tre parti della Jeep, un cinerama ad effetto natura e sport degno di un festival del cinema.
Vige una palese analogia, tra questi smisurati paraventi di pixel contemporanei, memori, forse invidiosi o ispirati al fascino delle cromie coloristiche degli affreschi rinascimentali, ed i sistemi di visione impiegati all’interno di tutte le nuove automobili.
I pannelli digitali, detentori di ogni sorta d’informazioni, che sovrastano, come il camino della casa di un tempo, ogni cruscotto paiono in scala ridotta quelli che svettano fuori. Come se rubassero la vista del paesaggio fuori dai finestrini per condurre il guidatore a dedicarsi solo alla loro efficenza informatica.
L’abitacolo delle auto, malgrado il design avveniristico che scolpisce lo spazio nelle forme esterne, possiede un nuovo amore per l’utilizzo della pelle, pregiata e colorata anche per le city car, e il frequente inserimento di una barriera, in luogo del cambio, tra il guidatore ed il passeggero ricca di accessori ma che allontana.
Scomodo e quasi impossibile baciarsi per coloro che si siedono davanti, impensabile amoreggiare. Consolerà il wifi, le serie tivù in streaming, le telefonate in viva voce, la musica in alta fedeltà e quant’altro ? Ci accontenteremo di guardare un video tenendoci per mano mentre l’auto ci porterà da sola a destinazione ?
Il PalaExpo rossocrociato è il posto giusto per sfatare ogni più cupa previsione sull’innovazione, sulla voglia di ricerca, sulla sicurezza di chi viaggia in automobile. L’automobile è uno dei luoghi su cui la voglia di futuro non ha recinti, il cambio di alimentazione per le propulsioni è un grande campo aperto su cui si giocheranno le iniziative e le scommesse ambientali dei prossimi anni.