Un uomo canuto, con capelli e barba lunghi, ma con ampia stempiatura, dallo sguardo corrucciato che gli conferisce un’espressione severa: è l’intensa immagine, tratteggiata a sanguigna, che identifica in tutto il mondo il celebre pittore, scienziato e ingegnere fiorentino.
Dal 7 luglio al 15 settembre alla Biblioteca Reale di Torino il celeberrimo autoritratto di Leonardo Da Vinci ritorna a guardarci, con burbera ruvidezza, dal suo profondo e restaurato supporto cartaceo, 33,5 x 21,6 cm di assoluta e sanguigna autorevolezza. Disegnato intorno al 1515 probabilmente durante il suo soggiorno francese, la testa calva in sommità si contrappone alla folta barba e alla sopracciglia pesanti da cui uno sguardo, appena virato a destra impone reverenza per sapienza ed età.
L’espressione corrucciata, così predittiva di quello che avrebbe visto secoli dopo, si impone quasi come giudizio su di noi che lo osserviamo bramosi di carpirne l’unicità e il genio; figlio di un’epoca ancora troppo accorta e severa per definire “creativo” chicchessia, fosse anche Leonardo in persona.
Questo disegno dal tratto senza paragoni emana una rassegnata pietas, intesa come l’insieme dei doveri che l’uomo ha sia verso gli uomini, sia verso gli dei; affascinato dal neoplatonismo unì arte e scienza divenendo l’emblema del Rinascimento.
Osservare da vicino, nel buio necessario a non intaccare il disegno, l’autoritratto è un viaggio fatto di orgoglio nazionale e impaccio, pudore e pentimento per quel poco che si è, per quel poco che si è saputo fare e diventare a livello individuale e soprattutto come paese.
L’esposizione è anche l’occasione per i Musei per dare il via alle celebrazioni che nel 2019 ricorderanno Leonardo a cinquecento anni dalla sua morte, una tappa di avvicinamento attraverso la quale si intende valorizzare e approfondire il contesto all’interno del quale si muoveva il Maestro. In mostra inoltre una selezione di oltre quaranta disegni italiani del ‘400 e del ‘500, corrispondenti ad altrettanti artisti citati da Giorgio Vasari nelle sue Vite, vero e proprio fil rouge dell’esposizione.
Nell’introduzione alle Vite, Vasari definisce il disegno “padre delle tre arti nostre, architettura, scultura e pittura”, che “procedendo dall’intelletto, cava di molte cose un giudizio universale, simile a una forma o vero idea di tutte le cose della natura”. I disegni esposti in mostra illustrano questa fondamentale unità dell’espressione artistica, al di là delle epoche e delle scuole regionali.
Nella mostra, i disegni saranno disposti in modo da illustrare l’evoluzione dell’arte italiana secondo il racconto vasariano: dal Rinascimento toscano e veneto a Leonardo; maestri e allievi di Raffaello; Michelangelo e la prima Maniera a Firenze; il ‘500 tra classicismo e manierismo; Vasari e le sue omissioni.
La collezione della Biblioteca Reale offre un’ampia panoramica della storia dell’arte italiana a partire dal Quattrocento, con alcune punte che ne fanno una delle più importanti collezioni pubbliche di disegni in Italia. Oltre alla nota opera di Leonardo da Vinci, fanno parte dell’esposizione ottimi esempi della grafica di artisti del Rinascimento toscano e veneto, quali Francesco di Giorgio Martini e Marco Zoppo; un foglio attribuito alla fase giovanile di Raffaello e diverse opere di alcuni tra i suoi migliori allievi (Giulio Romano, Perin del Vaga); uno studio di Michelangelo per il volto della Sibilla Cumana dipinta sulla volta della Cappella Sistina; uno dei rari disegni del veneziano Lorenzo Lotto; e validi esempi dell’eleganza del Manierismo emiliano e veneto, dal Parmigianino ad Andrea Schiavone. Di particolare interesse sono gli studi delle antichità romane, da quelli contenuti nel Trattato di architettura civile e militare di Francesco di Giorgio Martini a quelli del taccuino di Girolamo da Carpi.
www.museireali.beniculturali.it