Svasti, il nuovo progetto di Filippo di Sambuy a Cortona rigenera la svastica, famigerato emblema e simbolo antichissimo del Sole.
La Natura è un tempio dove incerte parole
mormorano pilastri che sono vivi,
una foresta di simboli che l’uomo
attraversa nei raggi dei loro sguardi familiari (…)
I primi celebri quattro versi di Correspondance da Les Fleurs du Mal di Budelaire si adattano in modo suggestivo alla pratica artistica del torinese -ma romano di nascita- Filippo di Sambuy, la cui ricerca da anni si focalizza sulla semiologia dei simboli ancestrali, emblemi, esoterismo e archetipi, in particolare quelli legati allo spirito e al sacro.
Il media utilizzato per dar voce a quest’ultimi è inusuale e di sicuro impatto, installazioni pavimentali di grandi dimensioni realizzate con migliaia di sassolini in graniglia di marmo colorato disposti pazientemente sulla griglia di un disegno progettato, collocate in luoghi di fruizione pubblica, dove il fatto di essere calpestabili le destina ad essere effimere.
L’ultimo grande progetto in ordine di tempo, visibile sino al 1 ottobre, è l’installazione Svasti, ideata con la collaborazione di Andreina d’Agliano, Presidente del Museo della Ceramica di Mondovì per la piazza del Duomo di Cortona, fortemente voluta dal Comune e realizzata grazie al fondamentale sostegno di Paola Butali, collezionista e ideatrice di Arte Cerreta, dove Filippo realizzerà a breve un’installazione site-specific.
Arte Cerreta è uno splendido parco di sculture dell’Azienda agricola Cerreta, non lontana dal lago Trasimeno, finalizzato per esaltare in chiave contemporanea il binomio tra Arte – Natura. L’intervento di Filippo di Sambuy include una mostra con i disegni preparatori e altri progetti di opere pavimentali ospitata nel Museo diocesano del Duomo a cura di Liletta Fornasari, in un dialogo cromatico con le opere esposte, tra tutte le splendide opere del più grande artista cortonese, Luca Signorelli, L’Annunciazione, Il Compianto sul Cristo Morto e La Comunione degli Apostoli.
In particolare un’opera di Sambuy, collocata al centro della sala Signorelli, sembra convogliare e sprigionare energie che si irradiano verso le opere d’arte alle pareti.
Svasti nasce dalla volontà dell’artista di ridisegnare il moto rotatorio originale, espansivo e solare della svastica, che per oltre un secolo è stata percepita dal nostro immaginario collettivo come simbolo di orrore e violenza. Come dichiara l’artista: “Intuitivamente ho sempre desiderato ridisegnare il moto rotatorio originale ed espansivo della svastica, che per oltre un secolo è stata percepita dal nostro immaginario come simbolo di orrore e violenza. Ruotare la svastica e ridarle una nuova immagine, significa restituirle la sua simbologia originaria di benessere. Non c’è dubbio che verso questo magnifico simbolo spirituale sussista una naturale avversione e che sia estremamente arduo liberarlo dalla censura in cui il pensiero occidentale lo ha relegato, da oltre un secolo.
Ho ridisegnato dunque una svastica molto stilizzata e aperta, ispirata ad un antico manoscritto che vorrei utilizzare per realizzare un pavimento in graniglia di marmo. L’iniziazione di questo progetto si è svolta a Benares, in India, il 2 marzo 2017 con una cerimonia di purificazione del simbolo da me disegnato per essere riutilizzato come un’opera artistica. Prendendo spunto dalla simbologia indiana, vorrei che la svastica si trasformi, attraverso questo progetto, in un’immagine che abbia la forza di evocare qualcosa di profondo ed interiore.
L’immagine di una condizione vitale che trascenda l’intelletto, convogliando e liberando energie. Ruotare la svastica significa restituire ad essa la sua simbologia originaria di benessere: infatti il termine sanscrito “svastica” deriva da “svasti” e significa “stare bene”.
E aggiunge: “Calpestare un’opera d’arte è un’esperienza di forte intensità emotiva e quella sensazione rimane. In quel momento il simbolo, privo di qualsiasi risonanza per molti, esce dalla sua zona d’ombra e comincia a interrogare la consapevolezza dello spettatore”. Lo spettatore entra dunque all’opera, la modifica, ne comprende la relazione architettonica con lo spazio, ma ne gode il significato nella sua interezza solo da una giusta distanza che è fisica (dalle finestre del Museo Diocesano) ma soprattutto mentale, poiché ne prende possesso, lo percepisce con il contatto fisico”.
Come simbolo, generalmente sempre con significati augurali, il sole uncinato rappresentato da una croce greca con i bracci piegati ad angoli retti fu utilizzato sin dal paleolitico in diverse culture, comprese quelle greca, etrusca e romana, ma in tempi più recenti è indissolubilmente legato al Partito Nazionalista Tedesco dei Lavoratori da cui fu adottato come simbolo dello stesso, finendo per essere inserito nella bandiera ufficiale della Germania nazista.
Un simbolo che è già stato oggetto di una clamorosa riabilitazione, tanto è vero che nel 2008 a Gerusalemme il Gran Rabbinato d’Israele e l’Hindu Dharma Acharya Sabha hanno siglato una dichiarazione comune in cui si dà atto che lo svastica è un antico e importante simbolo religioso dell’Induismo, che nulla ha a che fare con il nazismo.
Il progetto Svasti nasce dunque dal desiderio di riattivare le potenzialità benefiche di un simbolo rigenerato, dalle originarie componenti positive, per creare qualcosa di totalmente nuovo, un inno al sacro e alla bellezza purificata dall’arte nel meraviglioso contesto della campagna cortonese.
La personale ricerca filosofica di Filippo di Sambuy, già a partire dagli anni ’90, lo ha portato a creare progetti e mostre per luoghi unici nella loro concezione architettonica e stilistica come Castel del Monte, la città razionalista di Sabaudia, la Palazzina di Caccia di Stupinigi, il Museo del Vittoriale degli Italiani (a cura di Giordano Bruno Guerri) e Palazzo Reale a Palermo con la mostra “Stupor Mundi – L’Origine”, curata da Giovanna dalla Chiesa e dedicata a Federico II di Svevia.
Nel 2016 si è svolta presso la Pinacoteca Albertina a Torino la mostra monografica “Alleretour 2001/2016”, a cura di Francesco Poli, che racchiudeva in un ideale racconto le opere e i progetti realizzati il 15 anni di carriera.
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