“Le assurdità del mondo globalizzato e il disegno progettuale protagonisti ad Artissima 2017”
Nei concitati e rutilanti giorni di Artissima, tra le molte interessanti proposte di questa edizione, incontriamo due dei protagonisti, il romano Armando Porcari e l’italo-uruguayano Piero Atchugarry, titolari delle rispettive gallerie e presenti in fiera rispettivamente nella sezione Present Future, con un progetto monografico di grande intensità sul tema della globalizzazione, e nella Main Section, con una collettiva dei propri artisti, legati tra loro dal fil rouge del disegno architettonico e progettuale su carta, spesso sotteso al lavoro scultoreo e installativo.
Armando Porcari con Fabrizio del Signore è fondatore e socio di The Gallery Apart, galleria romana selezionata per il potente lavoro dell’artista francese Bertille Bak, (Arras, 1983), rappresentata anche dalla galleria Xippas di Parigi, con cui condividono lo spazio in fiera.
Armando, vuoi parlarci brevemente di The Gallery Apart?
La storia potrebbe partire dal nome “The Gallery Apart”: a parte lo spazio della galleria, io e Fabrizio del Signore siamo la galleria. All’inizio abbiamo pensato ad un project space senza un luogo fisso, quando ancora i project space non erano così diffusi, scegliendo di volta in volta degli spazi adeguati agli artisti da noi scelti; tuttavia, per partecipare alla prima fiera, diversi anni fa, fu necessario aprire uno spazio nostro, che all’inizio era di piccole dimensioni. Nel tempo si è espanso, il che ci ha “costretto” ad essere un po’ meno nomadi, ma si è rivelata anche una buona occasione per realizzare progetti sempre più complessi. Oggi dai primi 45 metri quadri siamo arrivati a 250 mq.
Qual è la linea della galleria e la proposta per Artissima?
Una regola della nostra galleria è quella di non avere regole! Come ogni gallerista dovrebbe fare cerchiamo, comunque, di difendere una nostra linea di pensiero: l’osservazione del reale nell’arte contemporanea, individuando alcuni precisi filoni di ricerca. A Torino siamo presenti a Present Future, sezione diretta da un team di curatori internazionali che ha selezionato il lavoro Bertille Bak, e noi, di conseguenza, siamo stati invitati a proporre un suo progetto. Condividiamo lo spazio con Galerie Xippas, altra galleria con cui Bertille lavora.
Bertille è un’artista che ha deciso di assurmersi delle responsabilità nei confronti del suo tempo, di dichiarare apertamente quello che sta succedendo nell’ambito della contemporaneità, politica, sociale, artistica. Non ha nessun tipo di implicazione politica da attivista, ma piuttosto la volontà di confrontarsi con ciò che la globalità comporta nei rapporti sociali e artistici, sottolineandone incongruità, storture, paradossi, riflettendo sul tema dell’identità sociale; ogni testimonianza rappresenta appieno le condizioni delle comunità con cui l’artista, per un periodo, si integra, condividendone la vita quotidiana. Nella fattispecie si è resa conto che in Olanda, nell’ambito della produzione di gamberetti la seconda lavorazione, che consiste nello sgusciarli, viene fatta in Marocco, da un gruppo di donne locali che lavorano in celle frigorifere per non interrompere la catena del freddo. I gamberetti vengono poi fatti rientrare in Olanda per essere commercializzati.
Le condizioni di lavoro di queste donne sono disagevoli, il loro salario è basso. Bertille ha vissuto insieme a loro e ha pensato ad un elemento provocatorio, a partire dall’ultimo elemento di scarto dei gamberetti, gli occhi. Quest’ultimi, neri, piccolissimi, colorati con lo smalto, vengono utilizzati come la sabbia dentro bottigliette di vetro per creare i classici souvernir che rappresentano insieme la bandiera dell’Olanda e quella del Marocco. Il progetto è composto da due video e da una serie di questi “ricordi” dell’inusuale binomio Marocco-Olanda. Una sorta di vendetta artistica, accattivante, ironica, anche grazie ad inserimenti nel video di fake d’artista, come le bottigliette nei negozietti marocchini (solo giustapposte in post-produzione) o la gara stile videogioco tra le sgusciatrici per premiare la più veloce. Un progetto che anche il pubblico di Artissima sembra apprezzare; Bertille gode di una considerazione di pubblico e critico importante, nel 2012 ha avuto un solo-show al Museo d’Arte Moderna di Parigi.
Qual è il titolo del lavoro?
Boussa (Baci in arabo, n.d.r.) from the Netherlands, che già dal titolo solleva questioni molto forti. È nella pratica di Bertille lavorare con le comunità e offrire loro delle vie di “fuga”, a loro volta suggerite dall’arte: per esempio ha insegnato alle donne l’inno Internazionale in Olandese, che loro, pugno alzato, interpretano vestite da sirene.
Le donne di questa comunità, così come le altre con cui Bertille ha vissuto, hanno superato delle resistenze culturali nel farsi riprendere, non hanno chiesto denaro, sono state fiere di partecipare a questo progetto che guarda alle storture e alle ingiustizie del mondo globalizzato con sincera partecipazione e una buona dose di humor.
Il progetto della galleria Piero Atchugarry per la Main Section è quello di presentare sette artisti contemporanei che creano un corpo di lavoro utilizzando il supporto materiale di carta. Riccardo de Marchi, Brookhart Jonquil, Artur Lescher, Marco Maggi, Gabriela Salazar, Yuken Teruya e Verónica Vázquez sono in grado di sviluppare opere d’arte solo mantenendo la carta come protagonista del loro lavoro.
Piero, per la terza esperienza hai scelto nuovamente di partecipare ad Artissima e hai portato gli artisti della tua galleria ma con una scelta materica particolare…ce ne vuoi parlare?
E’ stata quasi una sfida, la carta è un medium sottovalutato ma affascinante; partendo da Riccardo de Marchi e Marco Maggi, che presento in fiera per la prima volta, ho pensato di adeguare anche gli altri artisti a questa scelta. L’idea iniziale era che la carta fosse la protagonista assoluta, tagliata, bucata, legata: non quindi il disegno classico, piuttosto una riflessione sulla materia, sulla volumetria e sul colore, tanto è vero che ho scelto di colorare tutto lo stand di un blu oltremare sul quale far risaltare le carte.
Gli artisti della tua galleria affrontano spesso il tema dell’architettura e della composizione tridimensionale da collocare in spazi complessi, così come la stessa sede della tua galleria in Uruguay, nella campagna…
L’architettura della nostra galleria, situata a Pueblo Garzón, a circa due ore da Montevideo, non è semplice, è un grande edificio, un tempo adibito a stalla, completamente rimodernato e inserito in un contesto naturalistico di notevole impatto, incluso il parco di sculture che insieme a mio padre abbiamo realizzato (il grande scultore Pablo Atchugarry n.d.r.). Di per sé una doppia sfida per i nostri artisti, lontano dalla città, in mezzo alla campagna…ogni volta devi pensare ad un progetto site specific… Sono abituati ormai a gestire la complessità!
Artissima quest’anno dedica una sezione apposita al disegno, anche tu ritieni che il pubblico debba riscoprire questo tipo di collezionismo, per certi versi più accessibile, ma comunque raffinato?
Io ho pensato al progetto diverso tempo prima di incontrare Ilaria Bonaccossa a Zona Maco in Messico e scoprire che ci sarebbe stata una sezione solo sul disegno, sul quale avevo già deciso di focalizzarmi! Ho comunque deciso di partecipare nella Main Section perché volevo mostrare un diverso aspetto del lavoro degli artisti della galleria che avevo già presentato ad Artissima l’anno precedente. Ritenevo importante mostrare lati inediti della loro ricerca, l’opera disegnata alla base della loro progettazione; pochi ad esempio conoscono i lavori su carta di De Marchi, sono ben noti gli acciai ma non le carte, progetti anche molto importanti mostrati solo nei musei. Per esempio i disegni di Gabriela Salazar, scultrice, sono progettazioni di una mostra installativa che ha presentato a Chicago: il disegno completa il discorso della mostra. Nei casi di De Maggi sono dei disegni-microsculture, una costellazione tridimensionale.
Tu sei uruguayano da parte di padre e italiano da parte di madre: cosa pensi di Artissima e del pubblico italiano?
Il pubblico di Artissima è un pubblico molto attento, tengo molto a questa fiera; la presenza internazionale è piuttosto interessante, ho visto diversi sudamericani ma anche americani, canadesi… Anche se c’è stata una certa resistenza del mercato italiano verso i nostri artisti, in maggior parte stranieri, vedo che l’attenzione sta crescendo, così come quella verso il disegno, per il quale c’è un interesse sempre più specifico.