Venti racconti, la notte e una giovane scrittrice torinese. Due anni di lavoro per Elena Ramella, torinese classe 1995, che ha voluto dare un taglio onirico e in qualche modo musicale al suo stile di scrittura.
Pubblicato da Edizioni La Gru, casa editrice piccola e molto indipendente, “Lettere dalla notte” è il primo libro di Elena Ramella che a Torino studia Lettere all’Università.
Libro in vendita sul sito dell’editore : http://www.edizionilagru.com/#!lettere-dalla-notte/c1e8q
Le Lettere dalla notte sono piccoli ritratti sfocati. Sono una galleria di ombre che camminano senza meta portandosi dietro frammenti di volti, ricordi di profumi e di pelli accarezzate. Sono solitudine, estraneità, abbandono. Nel buio della notte e nel freddo, dietro ad una lastra di ghiaccio, affondando nella neve, i personaggi continuano a cercare un amore svanito. Scivolano in sogni e visioni, in situazioni al limite del verosimile. Fuggono e girano in tondo, si smarriscono nelle terre fredde e desolate del passato. Hanno perso qualcosa e lo inseguono disperatamente. Svaniscono nel nulla, e ciò che rimane di loro è solo cenere e foglie secche.
Hanno nelle vene sangue rosso che pulsa e rivolgono gli occhi al cielo in cerca di un’indicazione, ma sono tutti inesorabilmente perduti, malati, corrotti.
“Nelle Lettere non c’è quasi mai la luce; venti piccoli freddi ritratti notturni di persone che hanno perduto qualcosa e che lo cercano invano. Le vicende si svolgono nell’arco di una notte, al massimo si intravede un’alba che sta nascendo. Il buio regna sovrano. Così come il freddo. Il freddo del pavimento su cui crolla il giovane chirurgo che cerca disperatamente di catturare i pensieri della sua amata, il freddo della neve in cui affonda l’uomo che poi fuggirà aggrappandosi ad un mazzo di palloncini bianchi. Molto spesso il sogno, l’onirico, il surreale rendono il senso dei racconti oscuro. Ci sono immagini fatte di colori freddi e di atmosfere rarefatte, donne con i veli neri e i fazzoletti ricamati, il cavaliere con la sacca delle lettere, il cigno con il nastro rosso intorno al lungo collo.
Sono racconti non si leggono per sapere come vanno a finire ma per farsi avvolgere da una coperta di fredda malinconia che però dona un senso di pace.” Dice l’autrice. “Ho cercato di concentrarmi più sulle immagini che i testi potevano evocare che sulla trama dei singoli racconti. In questo senso è stata molto importante la musica durante la scrittura. In due anni ho ascoltato e scoperto tantissime cose, e credo si riflettano nei racconti. Sono racconti cupi, onirici, che hanno risentito molto dell’influsso di gruppi dark come i Bauhaus o più evocativi come gli Slowdive.”