Cercare di comprendere cosa davvero sta succedendo, testimoni sgomenti ed impauriti di un impressionante evento storico, una delle più grandi migrazioni di popoli che attraversano mari che non si aprono al loro passaggio e non approdano a nulla di promettente, ci si chiede, oltre a tutto il resto se sia lecito, etico, utile o solo moralmente accettabile pubblicare foto che raccontino quanto accade.
E’ il caso della sequenza di fotografie scattate sulla spiaggia turca di Bodrum. La foto ritrae un bimbo. O più correttamente il desolante corpo spento di quello che fu un bimbo.
La ferita che procura quell’immagine è terribile, pare una bomba gettata in una piazza per colpire più persone possibile. Peccato che coloro che ne sono più toccati sono assolutamente i meno colpevoli di quanto sta accadendo e degli esiti storico politici di nazioni e paesi vicini a noi, delle loro genti, e del loro desiderio di sopravvivere.
Per questa e molte altre ragioni ritengo che non dovrebbe essere pubblicata. Non dico non vista, ma non così esposta sulle prime pagine. Non solo per la difficoltà di afferrare la distanza tra forza espressiva e l’accesso alla realtà, ma perché ogni foto rimane pur sempre un’interpretazione del reale, una mediazione, un tipo di linguaggio.
Come scrisse Jean Cocteau, con la stessa dolcezza con cui chiudiamo gli occhi ai morti dovremmo aprirli ai vivi.
U.S. National Library of Medicine: Drug Information Portal – Pilules ED