Quella raccontata da Cristina Tardito, torinese doc, bellezza nordica, alta e bionda guerriera rock dal sorriso dolcissimo e il piglio diretto da cittadina del mondo, è una bella storia di imprenditoria che attraversa le generazioni, un mix di forte senso di appartenenza, responsabilità, e allo stesso tempo libertà creativa e onestà intellettuale: in primis nella scelta dei materiali e nel prodotto interamente made in Italy – anzi, made in Piemonte- difeso senza compromessi.
Una scelta che ha permesso a Franco Tardito, il padre di Cristina, di garantire il successo all’intimo e ai costumi da lui prodotti (“i costumi d’amare” come citava un fortunato claim) con la Maglificio Tamigi, azienda da lui fondata nel 1964 con sede a Moncalieri, individuando nella selezionata e preziosa scelta di tessuti e nei macchinari il plus qualitativo che faceva la differenza.
Il testimone, a due anni dalla scomparsa del fondatore, è stato raccolto dalla figlia, oggi Amministratore unico di un’azienda dal solido fatturato, 50 dipendenti, famosa per il brand prêt à porter Kristina Ti, alter ego di Cristina non solo nel nome, che nell’azienda in realtà lavora da anni e che proprio grazie alla linea di abbigliamento ha realizzato un successo di portata internazionale. Un nuovo monomarca appena inaugurato nel centro di Roma segue i negozi di Torino, Milano, Porto Cervo, Forte dei Marmi e una distribuzione capillare nei più importanti store internazionali: una volontà di re-investire (in programma altri flagship da aprire con scadenza annuale e nuove partnerships, tra cui una linea di occhiali con Vanni) che è fiducia nel futuro, desiderio di andare avanti con realistica visionarietà, anche pensando alla terza generazione, sua figlia Lola, per la quale ha iniziato una collezione di arte contemporanea, principalmente fotografia, da regalare in occasione del compleanno e da consegnarle al 18° anno di età. Una raccolta destinata ad accrescersi nel tempo, per punteggiare i ricordi, lessico familiare privatissimo che si inserisce nella filosofia di vita di Cristina: una inesausta ricerca del bello che scandisca il tempo del lavoro, del tempo libero, degli affetti.
La incontriamo in un pomeriggio estivo, vestito corto e leggero raffinato portato con stivaletti con borchie (sintesi perfetta di un intero universo estetico), nella sede della Tamigi, un luogo luminoso, ordinatissimo pur nella complessità della fabbrica, estremamente curata nei dettagli di arredamento che accolgono il visitatore e soprattutto chi qui ci lavora, persino nella scelta grafica della tappezzeria, scanzonata, femminile eppur rigorosa nel suo grafismo, la stessa che caratterizza i suoi store e le fodere delle sue creazioni.
Si racconta con grande generosità, restituendo, nel descrivere quale è stato il suo approccio, uno spaccato del mondo della moda: la famiglia è un ottimo punto di partenza, ma poi ci vuole forza, personalità e spirito imprenditoriale concreto: il fashion – system è, proprio come ci si immagina, una realtà lontana dagli stereotipi più glamour, il pubblico vede la punta dell’iceberg di un ambiente di regole dure, durissime, condizionato da variabili imprevedibili, dal meteo alla politica ai diktat imposti dalle influencer del fashion nei vari settori, elementi che rendono l’acquisto un dato fortemente instabile.
La creatività va applicata anche e soprattutto nei confronti della clientela, formulando nuove modalità di comunicazione che siano originali e distintive di un modo di essere: sono nati così i progetti #youinkti, veicolato sui social con le clienti blogger come protagoniste grazie ad un importante shooting realizzato tra le strade di Torino (e successivamente in altre città italiane) e l’iniziativa Kristina Ti veste il Teatro che avrà un significativo impatto nell’ambito sociale cittadino perché dal prossimo ottobre il personale di sala del Teatro Stabile di Torino vestirà proprio Kristina Ti: le nuove divise disegnate da Cristina Tardito per le maschere del Carignano, Fonderie Limone e Gobetti verranno indossate per la prima volta in occasione della inaugurazione della Stagione 2016/2017 del Teatro Stabile di Torino con la prima nazionale dello spettacolo prodotto dallo Stabile Il Giardino dei Ciliegi di Anton Cechov, per la regia di Valter Malosti, che andrà in scena dall’11 al 30 ottobre 2016 al Teatro Carignano. Un innovativo connubio tra creatività, moda e teatro, virtuoso clima di contaminazione tra le arti.
Ci parli dei tuoi inizi?
In questa ormai lunga carriera di inizi ne ho avuto diversi: dal mio primo “inizio”, quando sono stata chiamata da mio padre a lavorare in azienda, con l’intento, neanche tanto nascosto, di togliermi dalla vita di ragazza spensierata che tirava sempre mattina, a due anni fa. La morte di mio padre è stata un vero e proprio spartiacque: in quel momento sono diventata amministratore unico dell’azienda, prendendo il comando di una barca che veleggiava in acque non così calme. Dopo un inizio super naïf, in cui davvero non sapevo far nulla ma avevo tutti i paracadute immaginabili (mio padre addirittura mi affiancò ad uno stilista che mi facesse da pigmalione) a oggi, in cui rivesto la carica di Amministratore di un’azienda con 50 dipendenti, è come se avessi attraversato a piedi un intero continente. Oggi vivo per un lavoro che è per me motore di creatività e business allo steso tempo: non esiste più a nessun livello, né nelle grandi maison, né nelle piccole aziende, la figura dello stilista che crea il modello, indifferente al reale successo di vendite, e la parte commerciale, che quasi conduce una partita propria: la collezione deve vendere e questo coinvolge tutti in prima persona e a tutti i livelli di investimento, dalla comunicazione al marketing alle risorse umane. Anche il mio lavoro è impostato secondo questo criterio: la Cristina di oggi si divide tra un 50% di pura creatività, che è l’anima di questo lavoro, e quindi più vicino alla mia femminilità e un 50% incentrato sul business, se vuoi un ambito più maschile ma altrettanto necessario.
Riesci a trasferire questi caratteri anche nelle tue collezioni. I tuoi vestiti hanno dolcezza e forza, personalità e attenzione al dettaglio.
Si, credo che nelle mie collezioni questa doppia anima si veda molto chiaramente: la donna forte, determinata, ma con le sue fragilità, che non sono debolezze, ma piuttosto espressione di una sensibilità che può esprimersi in un gesto, uno stile, un modo di essere. È un mix di tagli maschili e scelta di tessuti delicati e preziosi, tonalità pastello alternati a colori forti, al nero. La mia donna ideale è una donna sicura e consapevole che conserva le proprie fragilità, anche la propria malizia e sensualità, e ne fa un punto di forza come elementi di seduzione e di fascino. Questo lavoro inevitabilmente porta a trasferire in creatività la propria crescita personale, il proprio percorso esistenziale, permettendo una forte identificazione tra creatore e creatura: personalmente, più cresco, più lascio che le mie fragilità escano allo scoperto, senza che influiscano sulla mia determinazione, anzi, in qualche modo la arricchiscono e la completano.
Quanto è stato importante il rapporto con tuo padre?
Con lui ho avuto un rapporto davvero speciale, non facile, siamo stati due generazioni a confronto con due pensieri differenti. C’è stato un grandissimo amore tra noi ma anche un forte contrasto, perché in azienda alla fine è uno solo che comanda ma dall’altra parte c’ero io come interlocutore, con le mie idee. Inevitabilmente si sono generati molti scontri che però oggi mi consentano di essere quello che sono, e per questo ancora lo ringrazio.
Come è riuscito ad “attirarti” in azienda?
Mio padre è stato geniale ad individuare la formula perfetta per farmi innamorare di questo lavoro. Quando mi ha chiamato c’era bisogno di differenziare la produzione impostata sui costumi da bagno e l’intimo, individuare un nuovo prodotto che facesse la doppia stagione e che fosse distribuito anche in negozi diversi da quelli di settore ai quali normalmente ci appoggiavamo. Io sono entrata per occuparmi di costumi e intimo ma cercando un posizionamento diverso, aprendo nuovi canali: in questo modo si è arrivati al prêt à porter, a quello che oggi è un vero e proprio brand. Quella è stata la svolta: mio padre ha fatto leva sulla mia ambizione: all’inizio mi ha fatto credere di essere una stilista vera (ride di gusto, n.d.r.) ha dato il nome alla nuova linea con il mio nome di battesimo, ha messo su la struttura completa, catalogo, immagini, agenti. Ero diventata una stilista a tutti gli effetti, ma da parte mia aggiungevo una grande determinazione, ci mettevo la faccia, distribuivo gli articoli personalmente: ricordo quando sono andata di inverno a Saint-Tropez al Club 55 dalla titolare, la signora Corinne, ora mia grande amica, con un borsone pieno di costumi sulle spalle. E’ questo è il mio messaggio: se uno ci mette determinazione, molto lavoro, coraggio, passione, nelle vita si può fare tanto. Io sono partita agevolata ma potevo cadere milioni di volte, l’ultima solo due anni fa.
Com’è la Cristina di oggi?
La più grande prova d’amore che ho imparato, e che sto cercando di trasferire anche a mia figlia Lola, è essere liberi e dare libertà. Io ho sempre cercato la mia indipendenza, economica, psicologica, culturale, cercando di rimanere indipendente da tutti, famiglia, amici, compagni. Questo genera un po’ di durezza nei rapporti con gli altri, durezza che li rende forse un po’ più ardui, anche per me stessa. Io tendo comunque a vivere e ragionare come un individuo che fa un proprio percorso in questa esistenza e pretendo da me stessa, e solo da me, un coinvolgimento totale. Questo però porta a sviluppare un senso di responsabilità molto alto nei confronti degli altri, soprattutto nei confronti di chi dipende da te.
Qual è la tua fonte di ispirazione?
Sono una grandissima osservatrice, visivamente mi nutro di tutto ciò che mi circonda, non potrei specificare qualcosa in particolare, potrei dirti arte, musica, fotografia, i viaggi, la natura… Sono attratta dalla gente, non mi stanco mai di osservarla attentamente, la scruto, la immagino persino vestita in modo diverso. Spesso quando nuoto, sport che io amo molto, mi astraggo e riesco a raggiungere grandi livelli di concentrazione e in quei momenti riesco a dare pieno sfogo alla mia creatività, alla mia capacità di immaginazione. Alla fine però credo che la Bellezza, intesa come concetto da individuare in tutti gli ambiti, sia la mia vera fonte di ispirazione: la Bellezza ci nutre, ci salva, ci libera, e va cercata sempre, con costanza. Per me un capo bello deve essere qualitativamente bello, fatto bene, con cura: quest’anno ho voluto lavorare alla pre-collezione al cento per cento da sola senza condizionamenti di sorta, tornando all’origine: ho voluto creare una collezione di singoli pezzi belli, che rendessero la donna bella, cosa assolutamente non banale nel mio mestiere dove l’obbiettivo spesso è stupire: l’originalità non deve essere urlata. I pezzi nati con questo spirito, belli ma semplici, sono quelli che commercialmente hanno funzionato di più e questo mi ha dato grande soddisfazione.
Come vedi Kristina Ti e come ti vedi tra dieci anni?
Sto lavorando perché il brand diventi sempre più internazionale e allarghi il proprio raggio. Personalmente mi vedo felice come lo sono oggi: a me questo lavoro piace da pazzi e fino a quando mi piacerà così tanto non smetterò. La mia più grande fortuna è stata quella di avere un talento e di avere avuto chi mi ha dato occasione di esprimerlo, ma sono anche molto pragmatica: dovessi capire che è finito il mio momento sono pronta a voltare pagina e dedicarmi ad altro. Mi piace immaginare che fino alla fine della mia vita sarò libera di essere me stessa: come mio padre, iper-positivo, penso che la vita sia davvero meravigliosa, anche attraverso le difficoltà, da affrontare una alla volta, con la consapevolezza che essere fedeli a se stessi sia la chiave per stare bene in questa esistenza, come nella prossima, qualunque essa sia, qualunque sia il nostro destino.