Esistono in Italia eccellenze internazionali sconosciute ai più. Non è una novità. Di solito questi fiori nel deserto nascono per la paziente volontà di qualche santo laico che decide di ostinarsi a vita nel fare la cosa giusta in un paese sbagliato. Per fortuna, i discepoli non mancano a volte di gratitudine e così si formano persino istituzioni virtuose.
Un caso di questo genere è quello della Fondazione Federico Zeri. Un centro di ricerca e formazione specialistica nel campo della Storia dell’arte istituito nel 1999 dall’Università di Bologna con lo scopo di tutelare e divulgare l’opera e la figura di Federico Zeri, in particolare conservando e valorizzando il prezioso lascito dello studioso: una biblioteca d’arte (46.000 volumi, 37.000 cataloghi d’asta) e una fototeca (290.000 fotografie di opere d’arte).
Per rendere disponibile alla comunità scientifica questo patrimonio, la Fondazione ha intrapreso un innovativo progetto per la catalogazione informatizzata e la messa online dei nuclei più significativi della fototeca e della biblioteca. Il database della Fototeca Zeri è oggi considerato il più importante repertorio sull’arte italiana presente sul web con oltre 150.000 immagini di pittura e scultura disponibili gratuitamente sul sito http://www.fondazionezeri.unibo.it.
Proprio a partire da un simile monumentale lavoro di archiviazione e diffusione è possibile portare l’attenzione sull’inestimabile valore culturale dell’invenzione della fotografia. Studiosi come Zeri, Berenson, Longhi e molti altri poterono estendere i loro studi ed approfondirli molto più delle generazioni di studiosi dell’epoca pre-fotografica perché seppero trarre vantaggio dalla riproducibilità tecnica delle opere d’arte. Una fotografia difatti è prima di tutto la traccia ottica di un fenomeno visibile ridotto nei limiti tecnici del congegno fotografico e reso durevole come immagine. Certamente non può mai sostituire l’originale, ma sapendo osservare una fotografia con competenza e consapevolezza si possono trarne indicazioni utilissime sia in assenza del soggetto sia in sua presenza, avendone un’immagine differente e quindi con informazioni diverse, a volte non rinvenibili all’osservazione diretta.
Sembrerebbe un’applicazione scientifica, e quindi utilitaristica e riduttiva del fotografico, eppure intelligenze come quella di Ando Gilardi, non a caso professionista della riproduzione fotografica di opere d’arte, seppero cogliere in questo potere riproduttivo, e quindi sostitutivo nel percorso mediale, l’essenza stessa del mondo iconografico in cui sempre più viviamo. Una rete fotografica connessa in modo così pervasivo da spingerci ormai nell’era del post fattuale.
Ecco che per questo motivo la Fondazione compie un’operazione di eccezionale valore portando sul web le fotografie raccolte in vita da Federico Zeri. Esse costituiscono non solo un’occasione di studio estesa globalmente, ma anche l’occasione per riflettere sul rapporto tra originale e copia fotografica nel suo sviluppo storico e culturale. Un mare magno di nuovi stimoli per studiosi aperti all’analisi iconografica evoluta, cioè consapevole della rivoluzione in atto dal 1839 e ancora solo ai suoi albori oggi.
Fulvio Bortolozzo