Aldo Mondino (Torino, 1938-2005) è stato artista eclettico e inafferrabile, significativo interprete della poetica post-moderna italiana, sempre in bilico tra concettualismo ironico e reinterpretazione fantasiosa dei mezzi pittorici e plastici.
La città di Genova gli rende omaggio con una grande retrospettiva dal titolo Aldo Mondino. Moderno, Post-moderno, Contemporaneo, che ripercorrendo gli oltre quarant’anni della sua ricerca artistica, presenta la poliedrica produzione dell’artista in due sedi principali, il Museo di Villa Croce e il Palazzo della Meridiana, unitamente a efficaci interventi installativi disseminati in sei luoghi emblematici del centro storico genovese come la Casa di Colombo, il Palazzo Ducale, il Palazzo Rosso, il Palazzo Bianco, il Palazzo Ducale e l’Acquario.
La mostra a cura di Ilaria Bonacossa, direttore artistico del Museo di Villa Croce e ora neo direttrice di Artissima, in collaborazione con l’Archivio Aldo Mondino, nasce con l’intento di proporre e rivalutare la figura di Aldo Mondino come attore multiforme e testimone dell’evoluzione storico-artistica della seconda metà del Novecento.
Formatosi a Parigi, dove frequenta anche il corso di mosaico all’École des Beaux-Arts con Gino Severini, torna in Italia agli inizi degli Anni Sessanta e incontra Gian Enzo Sperone, direttore della Galleria Il Punto di Torino che sarà figura rilevante per la sua carriera artistica. E’ del 1964 la sua prima partecipazione alla Biennale di Venezia con opere di matrice Pop (quell’anno il premio internazionale della Biennale fu assegnato a Robert Rauschenberg, uno degli esponenti della Pop Art americana), seguiranno quella del 1976 e poi del 1993 con la favolosa performance dei Dervisci accompagnata da opere pittoriche su linoleum. Suo amico e compagno di ricerche è Alighiero Boetti, con cui Mondino realizza numerosi viaggi in luoghi esotici come l’India, la Turchia e il Marocco alla ricerca di spunti per le sue opere.
Sapiente sperimentatore e creativo irriverente, egli gioca con parole, immagini e materiali attraverso la realtà, il sogno e la storia dell’arte: tutto per lui è fonte d’ispirazione. Anche la sua miopia, difetto della vista che gli alterava la percezione del reale, era considerata, proprio per questo, strumento imprescindibile del suo processo artistico. Con le sue opere, in cui reinterpreta le avanguardie artistiche e il contemporaneo, spaziando dal Surrealismo al Dada, dal Pop al Concettuale, Mondino coinvolge lo spettatore con ammiccante ironia. A Villa Croce è presentata la prima produzione dell’artista dagli anni Sessanta agli anni Novanta secondo un percorso espositivo fluido – così come si configura la sua ricerca – visitabile fino all’8 gennaio 2017.
Nel giardino del museo, ad accogliere il visitatore, è Viola d’Amore (1985), poetica scultura in bronzo che rappresenta la custodia aperta di un violoncello, evocando, alla maniera magrittiana, due innamorati seduti a mirare l’orizzonte. Il percorso continua con Tappeti Stesi (1992), suggestive pitture-oggetto, olio su eraclite – materiale industriale grezzo che l’artista trova per caso in un mercatino di Tangeri – allestite sullo scalone di Villa Croce che si trasforma in un angolo di Marocco.
Del 1964 è il ciclo di opere dedicate a Felice Casorati – in mostra Accoppiamento (La Porta) e Tenda (Casorati) – realizzate appena dopo la scomparsa dell’artista: l’immagine della Maternità con le Uova, reiterata su supporti inediti (proprio una porta e una tenda di plastica) è elevata a simbolo della pittura, nel duplice intento di omaggiare l’artista e reinterpretare i codici dell’arte.
La serie di opere Quadri a Quadretti o Quadrettature, realizzate tra il 1963 e il 1964 (in mostra Mondino Più e Untitled – Gallo) raccontano l’inizio della fase Pop della sua ricerca artistica. Mondino inizia in quegli anni a rappresentare abbecedari lasciandosi ispirare dagli album da colorare dei bambini: dipinge una parte del quadro e invita il fruitore a partecipare al suo lavoro lasciandogli a disposizione una scatola di pastelli o una tavolozza di colori.
Torre di Torrone (1968), Untitled – Piscina di Marshmallow (1982) e The Byzantine World (1999) sono tre esempi, attraverso il tempo, di utilizzo inconsueto di materiali – stecche di torrone piemontese, caramelle gommose, cioccolatini di Peyrano – da parte di Mondino, in risposta alle ricerche dell’Arte Povera e secondo la sua personale interpretazione fatta di continui sdoppiamenti di immagine e significati.
Davvero intrigante è l’opera Autografi, 101 testi dell’Ottocento e del Novecento, autografati e incorniciati, raccolti da Mondino, nei mercatini in giro per il mondo, nel corso della sua vita. E’ una vera e propria collezione costituita da lettere, cartoline e poesie di grandi artisti come Manet, Monet, Picasso, Puccini, Baudelaire, Balla, Boccioni e tanti altri, che avrebbe dovuto essere integrata con i ritratti di questi grandi personaggi, eseguiti dall’artista. Mondino non riuscirà mai a ultimare il progetto: “i quadri me li vendetti uno ad uno – dichiarò in un’intervista – ed essendo il mio anche un mestiere con il quale si vive, la collezione di autografi non si arricchì dei ritratti, ma neppure fu smembrata”.
A Palazzo della Meridiana sono stati presentati importanti cicli pittorici legati alla sua fase più matura (1980 – 2004) opere nate dai suoi viaggi nel bacino del Mediterraneo, come i Dervisci, le Turcate, i Cacciatori di Orchidee, a testimoniare l’amore per il viaggio e la conoscenza di nuove culture, reinterpretate attraverso la sua passione più grande: la pittura.
L’intera mostra di Aldo Mondino a Genova preannuncia l’uscita – entro fine dicembre 2016 – del primo volume del catalogo ragionato dedicato all’artista, curato dal figlio Antonio – responsabile dell’Archivio Aldo Mondino – e pubblicato da Allemandi Editore.