In Piazza Bernini 5 a Torino una vera e propria Cittadella della Cultura: alla scoperta della Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura della Compagnia di San Paolo
[ Prima parte ]
L’imponente edificio che chiude diagonalmente il lato sud di Piazza Bernini con due corpi laterali che si estendono verso via Duchessa Jolanda e Corso Ferrucci, già Educatorio Duchessa Isabella e oggetto in anni recenti di una considerevole riqualificazione, è dal 2015 sede della Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura della Compagnia di San Paolo; nell’ampio comprensorio trovano spazio uffici amministrativi e altri enti strumentali della Compagnia (ossia enti autonomi operativi su aree specifiche), come la Fondazione per la Scuola, l’Ufficio Pio e il centro amministrativo del Gruppo.
La Fondazione gestisce l’Archivio Storico della Compagnia di San Paolo, vero e proprio patrimonio documentario che copre un periodo amplissimo, dal XVI al XX secolo, testimonianza della storia plurisecolare della Compagnia. I documenti derivano dall’Antica Compagnia e dal Monte di Pietà, dalle Opere Pie di San Paolo e dall’Istituto Bancario San Paolo di Torino: il patrimonio dell’Archivio – oltre due chilometri lineari – è una fonte di ricerca importante per la storia piemontese e nazionale, a disposizione di studiosi e cittadini che possono fare richiesta per usufruire della sala di consultazione.
Incontriamo in questa sede, e in particolare negli uffici dove un tempo c’era la grande cappella rettangolare che occupava tutto il primo piano di cui rimane lo splendido soffitto a cassettoni, Anna Cantaluppi, direttrice, Elisabetta Ballaira, responsabile culturale e Ilaria Bibollet, responsabile dell’Archivio, per farci raccontare le attività della Fondazione 1563.
Dalle loro parole emergono con competenza ed entusiasmo le molte attività promosse, i progetti seguiti, le attività di conservazione e ricerca in ambito archivistico, storico, e storico artistico. La Fondazione ha come altro filone di attività fondamentale un articolato programma di studi sull’età e la cultura del barocco. L’impressione è che dietro alla sobria e severa facciata chiara di piazza Bernini ci sia oggi una vera e propria cittadella della cultura, operativa e vitale, che molti cittadini non hanno ancora scoperto nella sua ricchezza, specificità, multidisciplinarietà.
Una centrale operativa con un atteggiamento di grande apertura verso l’esterno che vale la pena di svelare e scoprire con attenzione, a partire dall’edificio. Ci facciamo accompagnare in un percorso di scoperta articolato e affascinante, che, data la vastità degli argomenti trattati, in questo primo incontro si focalizza sulla storia della Compagnia, sull’edificio e sulla preziosa quadreria. In un secondo momento analizzeremo gli archivi e i progetti di ricerca.
Dottoressa Cantaluppi, ci racconta brevemente la storia della Compagnia?
La Compagnia nasce nel 1563 per iniziativa di 7 cittadini torinesi riunitisi per aiutare la gente povera nel solco della Controriforma. La novità è che non sono sette nobili ma sono esponenti delle nuove classi emergenti, borghesi, categoria sulla quale fa affidamento Emanuele Filiberto per fondare lo stato moderno del ducato sabaudo, infatti sin da subito sono registrati molti rapporti con la corte, con i diversi ordini sociali e anche con i gesuiti, che saranno punto di riferimento religioso per la Compagnia.
È da ricordare anche la riapertura ad opera della Compagnia del Monte di Pietà cittadino per elargire prestiti che debellassero in qualche modo la piaga dell’usura: per farlo i confratelli (dal più ricco a quello che nei documenti viene definito “povero)” si autotassarono per soccorrere i cosiddetti “poveri vergognosi”: una categoria di poveri molto attuale ai giorni nostri poiché provenivano dalla classe media ed erano imbarazzati da questa situazione, sapevano persino dissimulare il loro nuovo stato, tanto è vero che i confratelli portavano soccorso “a domicilio” per mantenere la massima discrezione.
La Compagnia arriva al suo apice nel Settecento, nel periodo napoleonico perde molto della sua autonomia, e dopo il 1848, con lo stato liberale (anche a causa delle leggi Siccardi), viene considerata un’espressione dell’Ancien Régime: la Compagnia perde il suo patrimonio e viene confinato a puro ente religioso, le subentra un nuovo ente di nomina pubblica, denominato Opere Pie di San Paolo, poi Istituto di San Paolo. Le trasformazioni maggiori riguardano la banca che funzionava già come cassa di risparmio da fine ‘800 e che nel 1932 diventa Istituto di Credito di diritto pubblico, perché partecipa al salvataggio della Banca Agricola Italiana, la banca di Gualino che era fallita con la crisi del 1929. Per statuto una percentuale alta degli utili deve essere sempre destinata ad opere a carattere sociale di interesse pubblico (le Molinette, l’Università): tutto questo è ben documentato nell’archivio storico qui conservato, che racconta attraverso i documenti della storia della Compagnia tutta la storia di Torino e persino parte della storia italiana, fino al 1991 quando con la legge Amato sulla privatizzazione delle banche l’istituto prosegue e incrementa le attività filantropiche diventando la fondazione Compagnia di San Paolo, mentre le attività creditizie sono conferite ad una società per azioni l’Istituto Bancario San Paolo di Torino, poi Sanpaolo Imi, ora Intesa Sanpaolo (di cui la Compagnia è a tutt’oggi socio di maggioranza).
Una curiosità: perché proprio San Paolo a rappresentare la Compagnia?
I sette fondatori della Compagnia si trovarono la prima volta proprio il giorno della Conversione di San Paolo, il 25 gennaio. San Paolo, come esempio di cristiano militante, era anche un baluardo, un simbolo della lotta contro l’eresia riformistica. All’epoca era molto studiato, a Torino c’erano cenacoli in cui venivano letti e discussi gli scritti di San Paolo.
Dottoressa Ballaira, come nasce invece questo edificio?
L’edificio venne costruito tra il 1890 e il 1893 su progetto dell’ingegnere Giuseppe Davicini; la nuova costruzione veniva incontro alle necessità dell’ente di un edificio appositamente progettato per l’educazione delle fanciulle, spesso appartenenti al ceto borghese ma provenienti da fuori Torino. Il nuovo Educatorio Duchessa Isabella era stato pensato in base alle nuove norme tecnico igieniche per la costruzione degli edifici scolastici e venne costruito nella Barriera di Francia, in una delle parti più salubri di Torino a 252 metri sul livello del mare, in prospetto da una parte verso le Alpi e dall’altra verso la Basilica di Superga.
Allora intorno ancora la campagna, ma anche due “tranvai” elettrici che portano in centro città. L’edifico constava di un fabbricato principale, con ingresso, direzione e locali d’uso generale, di tre padiglioni dedicati alle scuole e ai dormitori, e di un’ala longitudinale che univa i tre edifici, separati da cortili e prospicienti il giardino. Tutti i locali abitati dalle fanciulle e dal personale erano rivolti a sud e nessuno dei locali per le allieve si affacciava sulla strada. Le cucine sotterranee erano unite al refettorio da un ascensore idraulico, al primo piano del fabbricato principale si trovava l’Oratorio e la sacrestia e al secondo piano l’infermeria e i gabinetti medici.
Da notare le aule dedicate alle scienze con strumenti all’avanguardia per l’epoca. Nel giardino trovava posto il piccolo edificio dell’Asilo Froebelliano. I pesanti bombardamenti anglo americani su Torino del 1942 colpirono il complesso con gravi distruzioni e danneggiamenti, e anche a seguito di questo nel 1960 i fabbricati con affaccio su via Duchessa Jolanda e via Goffredo Casalis vennero ricostruiti ad edilizia scolastica e abitativa. Il recente restauro a opera della Compagnia di San Paolo (anni 2009/2015) ha riportato a nuova vita l’edificio con il ripristino del prospetto sulla piazza, il recupero di alcuni ambienti monumentali del primo e del secondo piano e la rifunzionalizzazione degli ambienti destinati ad uffici.
Proprio negli ambienti aulici del primo piano è conservata la preziosa quadreria con grandi tele del ‘600 dedicate alla vita di San Paolo, allestite in una splendida sala circolare; Dottoressa Ballaira, come nasce questa raccolta?
Questo ciclo pittorico, uno dei più rilevanti ancora esistenti interamente dedicati a san Paolo Apostolo, è composto da dieci tele realizzate da grandi nomi della pittura del XVII secolo e decorava l’antico Oratorio della Compagnia sorto a Torino nel 1578 nell’isolato della chiesa dei Santi Martiri, oggi non più esistente.
Quindi per committenza diretta della Compagnia?
La committenza della Compagnia fu sempre di altissimo livello: per questo progetto furono chiamati i pittori di maggior successo sulla scena torinese: il lorenese Charles Dauphin, tra gli artisti più accreditati a corte, i piemontesi Giovanni Bartolomeo Caravoglia, confratello sanpaolino, autore di ben sette quadri per l’Oratorio (di cui due oggi dispersi) e Giovanni Francesco Sacchetti. Nel 1686 la Compagnia decise di ornare ogni tela con lo stemma del rispettivo confratello committente. Nello stesso periodo furono anche ridipinte in eleganti cartigli, alla base dei quadri, le iscrizioni di Emanuele Tesauro, autore del progetto iconografico del ciclo e dell’Istoria della Venerabilissima Compagnia della Fede Cattolica, sotto l’invocazione di San Paolo, pubblicata nel 1657.
Qual è l’aspetto più interessante di questa quadreria?
E’ interessante notare come questo ciclo, che illustra tra le altre scene le opere di carità di San Paolo con dovizia di dettagli, rispondesse alla grande intuizione di valorizzazione e al contempo di promozione delle opere della Compagnia: attraverso la committenza ad un grande letterato e ai pittori del proprio tempo si promuovevano le arti, si comunicava un programma operativo, si illustravano persino i risultati delle attività svolte: se vogliamo quello che viene fatto ancora oggi attraverso la cultura, un filo rosso che non si è mai interrotto e che lega patrimonio artistico al tema del welfare, della fruizione, e persino dell’economia.
La quadreria è aperta al pubblico?
Attraverso l’ente di gestione della Compagnia, abbiamo dato avvio ad un programma di visite guidate che hanno già registrato un buon successo di pubblico. Per poterla vedere bisogna telefonare al numero verde dei musei 800329329 e prenotare la visita, si svolge il primo sabato del mese dalle 9.30 alle 12.30, ed è gratuita.
[La seconda parte dell’intervista verrà pubblicata in settimana.]