Provocazioni e corrispondenze. Franco Mello tra arti e design, è il titolo della mostra retrospettiva, a cura di Giovanna Cassese, che la Fondazione Plart di Napoli, in collaborazione con la Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee nell’ambito di PROGETTO XXI, dedica a Franco Mello, poliedrica figura creativa – “designer by accident”, come gli piace definirsi – che ha fatto del dialogo tra le arti il filo conduttore della sua ricerca.
Valorizzando le contaminazioni estetiche e i confronti cross-disciplinari, Mello si muove dal design alla grafica, dall’editoria d’arte alla fotografia, dalla produzione televisiva all’arte orafa con esiti imprevedibili e visionari.
Franco Mello nasce a Genova nel 1945, ventenne si trasferisce a Torino, per lavorare come grafico e qui si confronta a pieno con il fermento artistico dell’Arte Povera, venendo in contatto con i suoi interpreti. Non ancora trentenne inizia a collaborare con Gufram, ideando e progettando elementi d’arredo dallo stile eccentrico e giocoso, tra tutti è indimenticabile il Cactus, iconico appendiabiti in poliuretano multicolore, disegnato con Guido Drocco, che dal 1972 invade l’immaginario collettivo e le case di un pubblico internazionale.
La mostra – visitabile fino al 3 giugno prossimo – presenta, in un percorso articolato, ironici oggetti-scultura in poliuretano espanso – nati dalla collaborazione con Gufram e Dog Design – come la Seduta Incastro, Suburbia, Mun e Mun Bis, il Tavolo Erba, e il Cactus, presentato in tutte le sue edizioni fino allo Psychedelic Cactus del 2016 ad opera dello stilista Paul Smith, insieme al Divano Bill – purtroppo mai andato in produzione – a libri d’artista, cataloghi e riviste d’arte e ad una sezione specifica dedicata al gioiello d’artista.
Quest’ultima esperienza creativa ha previsto il coinvolgimento di artisti come Michelangelo Pistoletto, Emilio Isgrò, Mimmo Paladino, Marco Gastini, Matteo Bonafede, Aldo Spinelli, Tommaso Tosco: in mostra vi è una selezione della collezione Sfioro ideata nel 2013 da Franco Mello con Mauro Bonafede, in cui ogni artista coinvolto è stato invitato a progettare un gioiello, poi realizzato in edizione limitata con tecniche artigiane della tradizione orafa.
A introdurre il percorso espositivo vi è un’ampia gamma di immagini fotografiche in formato cartolina che documentano la progettualità di Franco Mello, “designer totale, camaleontico, sempre entusiasta”, “un prodotto bellico nato durante la guerra, con una generosità strabordante ad intrecciare la sua intelligenza con le altre” come lo descrivono la curatrice Giovanna Cassese e il Professor Flaviano Celaschi nel video di accompagnamento alla mostra, ideato e diretto da Mello stesso.
Abbiamo avuto l’occasione di incontrarlo e di rivolgergli alcune domande…
Il concetto di Designer by accident può essere considerato il leitmotiv della tua ricerca?
E’ il leitmotiv della mia ricerca e non solo. Ho intitolato così anche il mio sito web. Ritengo che la definizione di “designer per casualità” sia la sola che possa identificarmi. Soprattutto considerando tutto ciò che mi è accaduto in passato, che mi sta accadendo ora e che spero mi accadrà in futuro. I risultati che da sempre ho ottenuto sono il frutto di un concatenarsi di eventi e di relazioni assolutamente casuali che hanno accompagnato il mio percorso di ricerca. Ho sempre provato un certo fastidio nei confronti delle regole e non ho neanche mai terminato l’iter di studi, non sono laureato. Designer by accident è a mio avviso davvero il termine corretto e piacevole insieme per definire il mio approccio alla ricerca e darmi un’identità sicuramente minore ma precisa in un contesto di figure eccezionali. Era tempo che le persone si stupissero di quanti e quali progetti avessi realizzato e ho pensato che fosse giunto il momento di “mettermi in mostra”. Ho poi sentito la necessità di realizzare un libro di 396 pagine, che accompagnerà la mostra alla Fondazione PLART di Napoli, in cui sono riuscito a inserire di tutto e di più, di me e della mia storia.
Perché il titolo “Provocazioni e corrispondenze” per la mostra al PLART?
Il titolo nasce da un’idea, direi quasi esclusiva, di Giovanna Cassese, curatrice della mostra al PLART, che ha traghettato il mio lavoro da una serie di conferenze all’ISIA di Faenza, ad un incontro sul restauro al PLART: qui è nata l’occasione con Maria Pia Incutti, Presidente della Fondazione, che possedeva già alcune mie opere in collezione, di realizzare il progetto espositivo.
Forse unisce la tua idea di non essere allineato alle regole con le corrispondenze che ritornano nelle tue relazioni?
Può essere…
Eclettico e libero è il tuo modo di confrontarti con tecniche artistiche affini ma differenti attraverso il design. Potresti raccontarci qualche curiosità relativa al processo di ideazione e realizzazione di uno dei tanti libri d’artista che hai curato?
Mi è difficile prediligere una singola esperienza. Sicuramente l’idea nasce da una mia passione personale per l’editoria e la tipografia che ha potuto confrontarsi nei primi anni Settanta con la passione per l’arte di Germano Celant e le collaborazioni con le gallerie Sonnabend e Sperone di New York e Torino.
Potrei poi immaginare due momenti distinti nella realizzazione dei libri d’artista, tra gli anni Settanta e Ottanta. Il primo legato alla figura del gallerista Giorgio Persano con il quale abbiamo collaborato per produrre manufatti editoriali d’eccezione con artisti come Paolini, Parmiggiani e Gastini: Sei Illustrazioni per gli scritti sull’arte antica di Johann J. Winckelmann di Giulio Paolini, L’arte è una scienza esatta di Claudio Parmiggiani e Pantomima di Marco Gastini, tre libri di grande formato del 1977. Abbiamo utilizzato le tecniche più disparate, le pagine del libro erano sottoposte a diversi passaggi tipografici su cui si fissava l’intervento manuale dell’artista, con copertina in pergamena e dorsi con inserti di piombo. Il nostro tentativo era quello di produrre opere uniche con una tiratura di sole 33 copie.
Il secondo momento dedicato all’editoria d’artista si relaziona alla figura del gallerista Marco Noire, al quale avevo proposto una collezione di libri d’arte, che si era interrotta dopo i primi 3 numeri. Gli artisti coinvolti in questo progetto furono Mimmo Paladino, per me tutt’ora un grande amico, Giorgio Griffa e Giulio Paolini. In quel periodo lavoravo al Melangolo a Genova dove mi occupavo di una collana dal titolo “I Libri con le Figure”. Avevo conosciuto il filosofo Carlo Angelino e stavo leggendo “L’arte e lo spazio” di Martin Heidegger e, con la stessa naturalezza con cui lo sto raccontando ora, ho contattato Gianni Vattimo, ho parlato con Giulio Paolini e il progetto è nato con una estrema semplicità, con immagini fotografiche di Paolo Pellion di Persano e quattro tavole separate con interventi di Giulio Paolini ad impreziosire l’opera. Ricordo anche con molto piacere la collaborazione con Mario Schifano che, in brevissimo tempo, realizzò la copertina di un libro che purtroppo rimase incompiuto, a causa della sua improvvisa scomparsa. Ho custodito il libro come ricordo di un rapporto davvero privilegiato con un uomo eccezionale come Mario, che segna un tempo difficilmente ripetibile.
Contemporaneamente in quegli anni collaborai anche con Renata Boero, le cui opere sono realizzate con pigmenti ricavati da erbe, radici e piante dai profumi deliziosi. Con Renata realizzai due o tre pubblicazioni dai formati non comuni con le sue essenze proprio per il piacere di condividere un’esperienza insieme.
Significativa è stata anche la relazione amicale e professionale con Giorgio Maffei – anche lui scomparso inaspettatamente – con il quale tra il 2012 e il 2015 realizzai i primi tre numeri della rivista Materiali per l’Arte, un progetto editoriale esclusivo di contaminazione tra arte e musica. Il primo numero dal titolo A hard rain’s a-gonna fall (n.d.r. celebre poesia in musica di Bob Dylan) dedicato all’Arte Povera con un intervento di Giuseppe Penone, un libricino ispirato ad un suo evento performativo in cui l’artista legge le lettere dell’alfabeto. Il secondo, dal titolo Sound of Silence (n.d.r. una delle canzoni più famose di Simon & Garfunkel) prodotto in collaborazione con Sylvano Bussotti, con musiche di Max Neuhaus e il terzo dal titolo Body and Soul (n.d.r. interpretato per la prima volta dal jazzista statunitense Coleman Hawkins) con un lenticolare di Luigi Ontani, dal titolo Evadamo in cui si intravedevano le due figure.
Ero pronto ad altri due o tre numeri della rivista che spero di poter completare nel prossimo futuro.
Ci puoi raccontare come è nata Sfioro, una collezione di gioielli d’artista che vede coinvolti tra gli altri Michelangelo Pistoletto, Emilio Isgrò, Mimmo Paladino, Marco Gastini, Matteo Bonafede, Aldo Spinelli?
Una sera a San Sebastiano Curone, piccolo paesino vicino a Tortona, ho incontrato una famiglia di artigiani orafi con un’esperienza tecnica eccezionale che hanno subito risposto con entusiasmo alla mia idea di realizzare una serie di gioielli d’artista. La collezione realizzata tra il 2013 e il 2016 è stata presentata per la prima volta a Milano la scorsa primavera presso la Galleria Carla Sozzani con un intervento della Dottoressa Alba Cappellieri, massima esperta di design del gioiello. Con mio sommo piacere Alba Cappellieri ha definito con entusiasmo i gioielli in esposizione Gioielli Indipendenti, un termine che identifica precisamente la mia volontà progettuale.
Perché una mostra retrospettiva proprio a Napoli?
Le solite casualità…
Avevo visto al MEF di Torino la mostra Plastic Days, in cui erano esposti circa 600 oggetti in plastica dalla collezione di Maria Pia Incutti, Presidente della Fondazione PLART di Napoli. In questa occasione avevo rivisto due miei prototipi degli anni 1978 – 1980, Incastro e Tavolo Erba, perfettamente conservati sotto teche di plexiglass. Pensavo fossero andati perduti! Dopo l’incontro a Torino, con Maria Pia si è creata un’intesa tale che, corroboratasi durante il Convegno sul Restauro tenutosi al PLART nel giugno 2015 al quale fui invitato a partecipare, ha portato alla mostra a Napoli.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Nell’imminente futuro sto preparando 8 opere d’arte, in collaborazione con un pittore genovese ed un ceramista di Vietri, per una mostra che inaugurerà nel mese di maggio alla galleria Paola Verrengia di Salerno.
Per quanto riguarda l’editoria d’arte mi piacerebbe proseguire con alcuni numeri della rivista Materiali per l’Arte. Mentre, in relazione al gioiello d’artista, vorrei collaborare con Luigi Ontani e Bernar Venet. Quest’ultimo mi aveva donato, in occasione dell’inaugurazione di una mostra, il progetto di una sua opera di cui mi sono letteralmente innamorato e che mi piacerebbe reinterpretare attraverso l’arte orafa.