Passionali, irascibili, prepotenti, ubriachi di tecnologia e di social network, amanti del rischio fino all’eccesso, ma anche depressi, impoveriti nel corpo e nello spirito, schiacciati dal tempo che passa e che non ritorna, dalle mode del momento, dal rifiuto sociale. Turbati e turbolenti, violati e violenti, ansiosi e sempre alla ricerca di nuove emozioni e sentimenti.
E’ la solita solfa !
Parliamo dei giovani e non sappiamo – o non vogliamo saperlo! – chi sono e che cosa vogliono, ma siamo sempre portati a giudicarli e condannarli. Tanto che ormai è luogo comune il solito ritornello che rimbomba: “non cambieranno mai, sono indisponenti e viziati”.
Non sto esagerando. E’ quello che sento dire in giro e che mi dicono continuamente gli adulti, come me. E le lamentele non si fermano qui, ma non voglio continuare: mi sembra di depauperarli.
I giovani d’oggi, è vero, sono più insicuri e indisponenti, collerici e incontenibili. Vivono di eccessi: alcol, droga, gioco, sesso…, ma mirano in alto, anche se spesso non hanno un obiettivo preciso da raggiungere. Non si conoscono fino in fondo e a volte si celano dietro il giudizio del gruppo o dei social. Non si accettano, perché non vengono accettati; non hanno valori, perché forse non li ricevono? Non riconoscono l’autorità, perché spesso manca o è poco autorevole e credibile. Sono soggetti a continui cambiamenti e novità. E’ la loro vita, sempre in movimento, senza radici, senza certezze. Ma non è loro la colpa!
Prima di puntargli il dito contro, bisognerebbe fare un’attenta analisi di ciò che eravamo noi, adolescenti di ieri e di ciò che siamo diventati, adulti di oggi.
Aristotele, il grande filosofo greco diceva che i giovani si sentono onnipotenti. Che cosa pretendiamo? Lo dicevano i Greci per i loro ragazzi e noi ci stupiamo dei nostri? Corsi e ricorsi storici. Repetita iuvant!
Se dovessimo fare un paragone, ma penso sia persino inutile a questo punto, potremmo dire che noi, giovani di ieri vivevamo in tempi più “umani”, in tutti i sensi. Forse perché, per un forte senso di protezione, l’informazione arrivava col contagocce e spesso era anche “filtrata”. Le famiglie, però, erano più unite e anche vicine fisicamente. Si condividevano di più passioni ed interessi e si viveva in modo morboso e a volte sbagliato, il rispetto e la cortesia. L’adulto era quasi “venerato”. E’ un bene ricordarlo, perché è un valore aggiunto alla nostra vita professionale e sociale. Indica la differenza, se di differenza si può parlare, tra i giovani di ieri e i giovani di oggi.
Non è facile trasmettere quello che eravamo. Come loro eravamo insicuri, frustrati, indifesi e sognatori, ma siamo cresciuti più in fretta, autogestendo la nostra gioventù. Erano i tempi dei grandi cambiamenti storici e sociali, delle grandi battaglie. Delle forti rivincite generazionali. Oggi, in realtà, non è cambiato niente. Anche i nostri giovani “lottano” per emergere, perché sentono – come noi allora – il bisogno di prendere coscienza del proprio valore, della propria vita. Il confronto con l’altro diventa una sfida, ma solo i più forti riescono a uscirne vittoriosi: quelli che sanno superare l’indifferenza umana e la violenza, che non si arrendono, che non dipendono dal giudizio degli altri, che sanno essere se stessi. Conquista solo interiore, forse? Ma è già sufficiente per autostimarsi, per rialzarsi e riprendere la corsa, verso una meta.
Questi giovani coi risvoltini e i cellulari all’ultimo grido hanno la nostra stessa voglia di cambiare il mondo, ma devono far tesoro di un aspetto che stanno in parte tralasciando: la curiosità.
La curiosità, per noi, giovani di ieri è stata l’unica cosa che avevamo per immaginare il futuro. E per questo ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo cominciato a lavorare su noi stessi e a porre domande, per imparare, per andare avanti, per costruirci una professione.
E’ la curiosità la molla per emergere e per “sfondare” e molti di loro l’hanno capito. Basti per esempio osservare la loro capacità di inventarsi il lavoro – dove lavoro non c’è – promuovendo star up innovative, interessanti e di successo. La sana curiosità, accompagnata dalla giusta educazione emotiva e dalla voglia di fare sono la carta vincente dei nostri adolescenti.
L’unica cosa che possiamo fare è non giudicarli, ma accompagnarli con l’esempio e stimolarli positivamente. E poi, non dimentichiamo un aspetto importante che sanno insegnarci: meglio di noi vivono e sopravvivono a fragilità famigliari esasperanti e ne escono anche vittoriosi. E questo non è di poco conto!
Maria Giovanna Iannizzi