Un censimento, gli archivi e le fotografie.
Il 22 giugno scorso si è svolto a Torino, nella sala conferenza di Camera – Centro Italiano per la Fotografia, il quarto appuntamento locale delle iniziative messe in atto in tutta Italia dal MIBACT a sostegno della fotografia come bene culturale. Dopo l’eclatante avvio nei mesi scorsi con gli Stati Generali svolti a Roma e poi a Reggio Emilia, ora l’azione strategica, voluta dal Ministro Dario Franceschini e portata avanti con la ben nota energia da Lorenza Bravetta, concentra l’attenzione su singoli aspetti della conservazione e valorizzazione del patrimonio fotografico italiano.
In questo senso, a Torino è stato ufficialmente presentato un nuovo sito (http://www.censimento.fotografia.italia.it) al quale gli archivi fotografici di istituzioni sia pubbliche sia private possono aderire pubblicando i loro riferimenti fondamentali. Una specie di piccolo motore di ricerca verticale che si fonda però sulla diretta iniziativa dei singoli, perché al momento non risulta che vi siano già un budget di spesa definito e strutture con del personale ministeriale dedicato per una digitalizzazione, indicizzazione e gestione continuativa di qualcosa di più ponderoso ed efficace di qualche paginetta web statica.
Nella tavola rotonda a corollario della presentazione, e intitolata “Carte fotografiche, il censimento delle raccolte e degli archivi fotografici in Italia”, i relatori, tra cui il noto fotografo Vincenzo Castella, hanno sollevato alcune questioni di principio su cosa possa essere o non essere un archivio, in specie di immagini fotografiche. La moderatrice Dott.ssa Laura Moro, direttore dell’ICCD, [ Istituto Centrale per il Catalogo e la Conservazione] ha più volte orientato gli interlocutori a dare il loro originale contributo d’idee. Tra quelli elargiti, la Dott.ssa Monica Grossi, direttore dell’Archivio di Stato di Torino, ha fornito forse il più concreto e utile proprio perché nascente dalla lunga esperienza diretta sul campo.
Da rilevare che nel pubblico presente vi erano segni di qualche parziale delusione perché forse l’aspettativa era per qualcosa di più concretamente operativo. Altra nota, già rilevata a Reggio Emilia, durante le ben tre ore del dibattito se c’è stata una latitanza paradossale è stata quella delle immagini fotografiche. La sensazione epidermica è che in queste occasioni si parli molto volentieri di immagini dimenticandosi però di accompagnare le parole con la carità verso gli intervenuti di voler nutrire non solo i loro orecchi ma anche i loro occhi.
Infine, ad una domanda diretta, della nostra testata, rivolta al tavolo dei relatori sull’esistenza o meno di una progettualità di respiro più lungo della presenza di un ministro al governo, di durata sempre incerta, e volta a costituire nel ministero una qualche struttura, ufficio o entità specifica sulla fotografia con proprie risorse economiche e umane dedicate, Lorenza Bravetta ha ricordato che già nei vari dipartimenti ci si occupa di fotografia e che per il futuro qualcosa verrà realizzato, senza però entrare nel merito.
Staremo a vedere, per ora il timore è che passati i fuochi d’artificio iniziali, sostenuti dall’effetto di novità in un piccolo mondo fin qui lasciato alle sue interne derive, e in mancanza di una seria politica di lungo respiro, quindi dotata anche di un budget annuale costante e personale burocratico solo ad essa dedicato, tutto si possa risolvere nell’ennesima bolla di sapone.
Tra l’altro, suscitando un paio di sorrisi tra i relatori, dal pubblico è venuta anche la legittima domanda su quale sia il destino, a proposito di fondi e archivi, del patrimonio fotografico della ex Fondazione Italiana della Fotografia, al momento risultante in deposito presso la GAM di Torino. Argomento che forse può sembrare un poco noioso ai non addetti ai lavori o a chi a Torino ci è venuto solo di recente per occuparsi di fotografia, ma che tocca invece ancora alcune corde emotive in quanti vissero, e con un certo apprezzamento, l’ambiente culturale della fotografia a Torino negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso.
Fulvio Bortolozzo
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