Un concorso di eleganza per automobili, è già di per sé un evento che esula dai classici – e un po’ triti – raduni statici e, nella maggior parte dei casi, al massimo mangerecci: spicca infatti per il valore culturale che veicola, per essere in grado di intersecarsi anche con altri ambiti che non siano quelli prettamente tecnici dell’automobilismo: il design in primis, ma anche l’arte e la valorizzazione di un territorio.
Se questa kermesse poi, è interamente dedicata a un solo, seppur glorioso, marchio automobilistico come Lamborghini, l’argomento si fa più interessante. Ma qui c’è di più: la prestigiosa casa di Sant’Agata Bolognese infatti, avrebbe potuto scegliere una bella piazza rinascimentale della sua zona, qualche strada appenninica di quella che per tutti è la Terra dei Motori. Invece “armi e burattini” si è trasferita sul placido ed elegantissimo scenario della lago di Neuchâtel, in Svizzera occidentale, pochi passi dal confine francese.
Perché qui? Ce lo spiega Antonio Ghini, prima geniale direttore della comunicazione Ferrari e ora responsabile del Polo Storico Lamborghini, neonato reparto per la documentazione e il restauro dei “tori” d’epoca: “Per il nostro primo concorso, volevamo iniziare in grande stile legando il nostro nome a quello di un grande architetto , omaggiandolo. Abbiamo quindi scelto il Cantone di Neuchâtel perché qui, nella cittadina di La Chaux-De-Fonds, è nato il padre del Movimento Moderno, Le Corbusier”.
Attratti da queste premesse, dal 15 al 17 settembre, ci siamo lasciati coinvolgere in una delle più eclettiche e raffinate manifestazioni alle quali abbiamo potuto partecipare negli ultimi anni (e pensare che era la prima!), dove abbiamo potuto godere “a tutto tondo” del territorio, delle sue meraviglie e, ovviamente, dello splendore di auto da sogno.
Cinquanta Lamborghini di tutti i tipi e le epoche, provenienti dall’Italia soprattutto, ma anche da Svizzera, Francia, Germania, Olanda, Regno Unito, perfino dal Giappone. Un museo viaggiante –quasi ricco come quello statico di Sant’Agata Bolognese – che è una vera e propria esperienza sensoriale per l’estetica, il sound, gli odori che queste vetture emanano emozionando, oggi come allora.
E quattro di questi gioielli, abbiamo potuto anche guidarli: tre magnifiche storiche provenienti dalla collezione del Museo, tutte fresche di restauro e una moderna Huracan, l’ultima creatura firmata “Lambo”. Abbiamo tutto il sabato a disposizione per scaricare sull’asfalto un totale di 1685 CV.
Iniziamo col botto: ci viene infatti assegnata la probabilmente più sfacciata e politicamente scorretta delle Lambo (non che le altre siano delle campionesse di ecologia e razionalità…), il “gippone” (non riusciamo a trovare altri termini per definirlo) LM002, un’auto esagerata su tutta la linea. Innanzitutto nell’aspetto, una via di mezzo tra un lince militare e un pick-up , nato dalle ceneri di embrionali progetti condivisi tra l’esercito americano e Lamborghini e prodotto tra il 1986 e il 1993 in sole 300 unità; Poi nella meccanica, con sotto il cofano il V12 da 450 CV della supercar Countach e una trazione integrale da fuoristrada rude; infine n egli interni, dove dominano radica e pelle pregiata, elementi che la indentifica come la prima SUV al mondo.
Scendiamo da un orco e saliamo anzi, scendiamo anche qui, dato che siamo seduti a pochi millimetri dall’asfaltosulla regina, sua maestà Miura. Definitiva a buon grado da molti l’auto più seducente del mondo, è sicuramente la Lambo più iconica, famosa e apprezzata dagli appassionati. Merito di quella linea – opera del maestro Marcello Gandini – sinuosa, fuori dal tempo, di quella compattezza all’epoca insolita per una vettura di quel rango e di quel motore a 12 cilindri piazzato in trasversale , ben visibile dall’abitacolo.
Dopo pranzo invece salire sulla Jalpa, una delle più piccole Lamborghini prodotte, dotata di un V8 da 255 CV, sembra un gioco da ragazzi. E invece dopo le prime curve ci accorgiamo quanto anche lei faccia tremendamente sul serio, spinga e suoni come una vera supercar. E torniamo ai giorni nostri con la Huracan: stupenda, compatta, tutto sommato più sobria di tante concorrenti, alle basse velocità si guida come una Panda ma quando le si chiede di fare il suo lavoro, diventa un treno ancorato alla strada, grazie alla sua trazione integrale che scarica a terra precisa come un bisturi i 610 CV a disposizione. Per gli appassionati, guidare una macchina così ti riconcilia con l’universo.
Fra una curva e l’altra l’emozione continua con la visita a La Chaux-De-Fonds di due capolavori di Le Corbusier, la Maison Blanche e la Ville Turque; due opere della giovinezza del grande architetto ma che danno l’idea della sua incredibile carriera e di una maturazione che ha radicalmente cambiato il modo di costruire edifici. La Maison Blanche, in posizione panoramica, è la villa che Le Corbusier aveva realizzato per i suoi genitori: stupisce la luce che invade l’abitazione, fortemente voluta per alleviare e rendere più serena la vecchiaia della coppia.
A ispirarlo sono i colori e l’atmosfera del mare – quello adorato della Costa Azzurra – come il bianco e il blu carico, mentre a rendere tutto più “vivibile” sono colori pastello, gli arredi essenziali in legni chiari, i motivi floreali che dagli eleganti giardini esterni si insinuano sulle pareti interne. L’ariosità, luminosità e importanza dello spazio sono le stesse sensazioni che si possono vivere attraversando gli ampi saloni della Villa Turque, realizzata per il magnate degli orologi (La Chaux-De-Fonds è una delle capitali dell’orologeria svizzera) Schwob e, come suggerisce il nome, vagamente ispirati ad arabeschi e tonalità calde orientaleggianti.
Eppure qui, nonostante le dividano solo 4 anni, tutto è completamente diverso dalla Maison Blanche: razionalità ,modernità, semplicità, solidità sono gli elementi che la contraddistinguono. Non mancano nemmeno trovate geniali per funzionalità: i doppi vetri per esempio, per evitare che il freddo trapeli dalle ampie vetrate, o l’impianto di riscaldamento a pavimento.
La Domenica, per i proprietari delle Lambo presenti, è la giornata clou: sulla rada del bel porticciolo turistico di Neuchatel, le vetture vengono esposte al pubblico – tutti possono entrare e girare attorno alle automobili, caratteristica non comune in questo tipo di manifestazioni – mentre nel pomeriggio, alla presenza dell’AD di Lamborghini Stefano Domenicali, avviene la premiazione delle più belle fra le 11 classi scelte dalla giuria internazionale – della quale facevano parte anche il direttore del Museo dell’Automobile di Torino Rodolfo Gaffino Rossi, il noto collezionista Corrado Lo Presto e il giornalista Massimo Delbò – e la Best of Show, risultata essere la Miura SV verde senape del collezionista giapponese Eizo Tomita mentre Best of The Best, bella fra le belle, la stupefacente Marzal dello svizzero Albert Spiess; realizzata da Bertone nel 1967, è un esemplare unico: nel design ardito e assolutamente futurista, si riconoscono alcuni stilemi ripresi poi nella produzione di serie dalla Casa del Toro e nelle proposte a venire del carrozziere torinese.
Luca Marconetti