Artista-poeta, appassionato di cultura orientale, Aldo Taranto è legato doppio filo a Torino, nella quale ha vissuto tredici anni a cavallo tra gli anni ‘80 e ’90, durante i quali, alla sua attività di artista, ha affiancato anche quella di assistente di Michelangelo Pistoletto, che aveva particolarmente apprezzato i suoi rayogrammi.
Il periodo torinese, vissuto insieme alla famiglia di origine che lo aveva raggiunto, si è rivelato ricco in termini produttivi (l’amore per la fotografia, le opere installative, le performance) emozionali (la prima neve, la nebbia mai sperimentate) formativi (i fermenti del contesto artistico torinese ancora sotto l’egida dell’Arte Povera) e di relazioni umane.
Proprio quest’ultime, una vera e propria famiglia di elezione che Aldo ha saputo costruire intorno a sé, ha stimolato la realizzazione di questi due volumi che raccolgono opere, scritti in narrazione e in versi: una vera e propria autobiografia poetica dove persino la parola, oltre alla sua valenza semantica, si fa opera attraverso un attento uso del font e della disposizione grafica.
Pro Cedere, in particolare, nasce su suggerimento dell’artista Filippo di Sambuy, il quale ha a lungo incoraggiato Aldo a mettere su carta una narrazione per immagini che raccontasse sia la persona quanto l’artista, che molto dedica al racconto delle proprie origini, focalizzandosi sulle ascendenze materne; il progetto ha preso corpo attraverso un’accurata selezione di immagini realizzata con l’aiuto del fotografo Max Zarri. Il secondo libro d’artista si muove su piani differenti pur essendo, per certi versi, la seconda faccia del primo, o meglio, l’estensione del percorso umano compiuto dopo l’esperienza degli anni torinesi: Dura Arte è una raccolta esteriore e interiore di scritti sull’ultimo decennio di vita dell’artista a Siracusa.
La mostra 550 VITE_PANSIYA PANHAI JAATAKA, presentata presso la sala espositiva della Residenza Luoghi Comuni (l’Housing finanziato dalla Compagnia di San Paolo) e collocata a fianco della Terrazza Eria, si propone quindi come ideale, breve racconto della sua produzione artistica, una selezione istintuale e non programmatica delle opere dell’artista, che ha voluto fornire un’indicazione simbolica della propria poetica attraverso momenti delle proprie “vite passate”.
A partire da una raccolta di rayogrammi, lavori realizzati in camera oscura insieme ai bambini di una scuola elementare, Aldo ha realizzato un assembramento di immagini geometriche ottenute dall’impressione del chiaro e dello scuro, del pieno e del vuoto in una sorta di gioco degli opposti. Sono inoltre presenti altre opere, tra cui “Tre minuti” (2008, installazione video che racchiude una visione in cui l’autore si sente artefice della sequenza e al tempo stesso osservatore di ciò che ha generato e “Castello Giallo” (Paese degli Avi, 2013), definito dall’autore “un piccolo altare, altare della coscienza e della vita, ovvero l’unione di essere e vita: la vita cosciente.
La mostra è visitabile sino al 27 settembre, mentre gli studi di Roberta Montaruli e Max Zarri, che ha realizzato le immagini di Aldo durante le fasi di allestimento e per il video”in attesa di condizioni migliori”, sono visitabili su appuntamento.
Info: 347.6241215 – 347.1764512.