Al n° 6 di Piazza Egidi, ideale proseguimento di Via della Basilica, nel cuore medioevale di Torino, c’è la casa in cui Torquato Tasso, gigante della letteratura italiana e mondiale, dimorò per qualche tempo nel 1578, come ricorda una targa sulla facciata. Coincidenza curiosa e significativa, proprio in questa stessa palazzina, quattro secoli dopo, – esattamente nel 1919 – venne fondata l’Aurora, azienda italiana di eccellenza nell’ambito degli strumenti di scrittura, ad oggi una importante realtà produttiva del nostro Paese: 50 dipendenti e un fatturato che per oltre il 65% è realizzato all’estero, in oltre 50 paesi. Sempre nella stessa casa il grande critico francese Michel Tapié, nel 1960, apriva l’ICAR, l’International Center of Aesthetic Research, galleria sperimentale che segnò per un ventennio il panorama culturale internazionale facendo conoscere al grande pubblico i Gutai, Jackson Pollock e l’Arte Informale.
Non poteva che essere uno dei più grandi scrittori nazionali e una grande vocazione alla creatività il genius loci di una realtà imprenditoriale che ha fatto scrivere intere generazioni di Italiani e che tuttora è uno dei leader mondiali in questo settore. Dietro a questo percorso una famiglia di imprenditori appassionati, a partire da Cesare Verona Sr, che per primo importò in Italia la macchina da scrivere, una Remington, di cui rimase licenziatario in esclusiva per l’Italia; a questa fece seguire, intelligentemente, i primi corsi di dattilografia. Grazie alla sua attività intensa e fruttuosa, la famiglia Verona fu investita ufficialmente dall’ex Re d’Italia come fornitore ufficiale.
Oggi, sotto la guida di Cesare Verona jr, che rappresenta la quarta generazione, Aurora è diventata un marchio globale, costantemente alla ricerca delle soluzioni più innovative che coniughino tecnologia e tradizione manifatturiera. Il cuore di questa tradizione, orgogliosamente e tenacemente difesa dalle più facili soluzioni di delocalizzazione all’estero o all’esternalizzazione di alcune parti, fa sì che Aurora sia l’unica azienda italiana ed una delle poche al mondo che realizza al suo interno l’intera produzione, incluso il pennino: quest’ultimo si fregia del punzone 5 TO, uno dei primissimi punzoni orafi rilasciati a Torino e il più antico in attività continuativa.
Nella storia dell’Aurora, nome beneaugurante scelto come inizio di un nuovo cammino, di nuovi inizi in realtà ce ne sono stati più di uno: certamente il più drammatico fu quello che seguì il bombardamento della fabbrica nel 1943, obbiettivo sensibile poiché si lavorava il metallo. Nel 1944 la produzione si spostò in una ex filanda adiacente al complesso dell’Abbazia benedettina di San Giacomo di Stura, nella periferia torinese adiacente San Mauro: qui, nell’ottobre 2016, grazie a un grande progetto di recupero e adattamento architettonico a cura dell’architetto Carlo Alberto Rigoletto, ha trovato sede una nuova realtà che affianca l’azienda, l’Officina della Scrittura. Oltre 2.500 metri quadri di sale e spazi diversi suddivisi in aree distinte profondamente interconnesse, per un racconto che si dipana delle origini del segno sino ai giorni nostri, con spazi per laboratori e mostre temporanee. Un sogno avverato per Cesare Verona, da sei anni Presidente di Aurora Penne, collezionista egli stesso di strumenti di scrittura, che questo progetto lo ha ideato ben 12 anni prima e lo ha fortemente voluto.
A questo fine ha creato l’Associazione Aurea Signa per gestire il museo, costato 8 milioni di euro e finanziato con fondi della famiglia, dell’Unione Europea e di sponsor privati che hanno creduto nel visionario progetto di un museo – laboratorio di ampio respiro. Oggi l’Officina della Scrittura costituisce con l’azienda il cuore di una vera e propria cittadella della cultura, dotata di ampi spazi di accoglienza per i visitatori, sala conferenze, e persino di un ristorante-caffetteria, che mira ad essere fulcro e motore del recupero di tutta l’area, nata anticamente intorno all’abbazia benedettina del XII secolo. Un luogo, nuovamente per benevolo destino, legato al sacro, al lavoro, e naturalmente all’arte della scrittura.
Incontriamo il presidente Cesare Verona dopo aver avuto il piacere di essere accompagnati nella visita alla Manifattura dalla dottoressa Eleonora Martone, che ci illustra dettagliatamente le varie fasi di produzione e ci regala l’emozione di provare diversi pennini ad un antico banchetto e all’Officina della Scrittura con la direttrice Giulia Venuti. Il percorso è un susseguirsi esperienziale estremamente affascinante alla scoperta del “segno”, tra passato e presente, che induce a riflettere su quanto questo coinvolga la nostra quotidianità.
Partiamo dal suo ruolo, dal suo impegno per il rilancio di questa azienda che gode di grande tradizione storica ma che oggi vive una nuova notorietà grazie alle sue scelte proiettate sulla contemporaneità. Come ripensare la scrittura con le nuove tecnologie?
Io sento l’onore e l’onere di occuparmi di un’azienda che parte della storia d’Italia, fuori da ogni frase fatta o da ogni auto-compiacimento. L’Aurora è la penna degli Italiani: la prima cosa che ho fatto qualche anno fa, quando è stato il momento di decisioni importanti riguardanti il futuro dell’azienda, è stato quello di rimanere sul territorio, in un momento in cui era molto più facile delocalizzare. Lo ricorda la bandiera italiana che ho voluto all’ingresso e che ogni sera è illuminata: è il simbolo del nostro attaccamento al territorio. Abbiamo poi voluto mantenere il know how all’interno dell’azienda: dalla ideazione alla produzione ci sono 200 passaggi produttivi, compiuti da tante micro unità operative ognuna delle quali assolve delle competenze per ottenere il risultato finale. Sarebbe stato facile affidare ad aziende esterne alcuni processi produttivi, ma avremmo perso in conoscenza e controllo qualitativo.
Quale è stato il momento più difficile?
La crisi economica mondiale e il passaggio generazionale è stato un momento complesso anche per noi, ma proprio perché siamo un’azienda familiare abbiamo svantaggi e vantaggi: il tempo non è l’unico driver, non è il tempo della finanza. Se hai una buona idea, anche a medio-lungo termine e i mezzi per farlo, puoi crederci, e cercare di mantenere la conoscenza come patrimonio aziendale e familiare. Il processo di digitalizzazione ha poi obbligato a ripensare tutto il meccanismo produttivo ed alcune realtà del mercato che si stavano modificando: la penna, da oggetto quotidiano diffuso in tutte le scuole, stava diventando un accessorio di lusso; la spinta all’internalizzazione è stata determinante, oggi il 68% del fatturato è sull’estero, mentre fino a pochi anni fa il 97% era sul mercato italiano; infine abbiamo introdotto il private label e i progetti speciali pensati per clienti privati con particolari esigenze. Focalizzare il business, razionalizzare l’intera filiera produttiva portandola su un unico piano e digitalizzare tutti i passaggi, senza demonizzare la tecnologia: in azienda abbiamo quasi 4.000.000 di componenti, era fondamentale dotarci di strumenti digitali che portassero il processo produttivo ad un livello di avanguardia, pur mantenendo una grande specializzazione manifatturiera: noi facciamo un oggetto antico in maniera contemporanea.
La crisi, per assurdo, è stata un’opportunità?
Assolutamente: cambiare è stata una necessità e una scelta, ma ha anche aiutato il processo che io avevo solo immaginato, ha spinto e convinto le persone ad evolverci. L’obbiettivo era ripensare ad una nuova Aurora più efficiente e più contemporanea. I consensi ci stanno dando ragione, sono tre anni che la crescita economica è costante e l’azienda è diventata un bel luogo di lavoro.
E’ cambiato il target di chi usa la stilografica?
Il fatto straordinario è che la richiesta sta tornando prepotentemente sulla stilografica. C’è un vero e potente ritorno alla scrittura, ed è un consumo più cosciente. Più la digitalizzazione avanza, più massifica, più stereotipizza, più c’è un desiderio di ritornare alla scrittura. La calligrafia non ha un solo obbiettivo estetico ma armonizza il pensiero con il gesto, il pensare con il fare. Si deve lavorare nelle scuole per far capire che è importante usare le tecnologie ma parimenti recuperare l’importanza del gesto, del segno.
Ci parla dell’Officina della Scrittura, format assolutamente originale?
E’ un progetto a cui tengo molto e che ho perseguito negli anni con molta tenacia, è il primo museo al mondo dedicato esclusivamente al segno, un percorso multisensoriale (c’è anche una parte olfattiva) che si sviluppa su oltre 2.500 metri quadrati, realizzato ad hoc per narrare le tracce non verbali dell’umanità, dalla preistoria a oggi, con postazioni interattive e ambienti che ricreano i diversi momenti dell’evoluzione della scrittura, sino agli esemplari di penne più rare e iconiche del Novecento, ai macchinari che dimostrano l’evoluzione tecnologica e che potranno diventare utili anche in un’ottica di alternanza scuola-lavoro. L’Officina, diretta da Giulia Venuti, ha già avuto oltre 10.000 visitatori, tra cui molti studenti (e le richieste delle scuole sono in fortissima crescita), 58 eventi, numerose attività didattiche e laboratori per adulti e ragazzi, dai corsi di calligrafia e grafologia agli incontri con esperti e scrittori, mostre temporanee a cura di Ermanno Tedeschi, Scripta Volant e Antonio Meneghetti – Scolpire la luce , cui segue una terza, Street Art Volant!, ideata per festeggiare il primo anniversario del museo e che sarà visitabile sino al prossimo 28 gennaio.
Come si vede tra cinque anni?
Il bilancio oggi è positivo, l’azienda ha ripreso forza grazie al grande lavoro svolto, e l’Officina della Scrittura è un luogo che ha riattivato un intero borgo, a partire dai due cortili centrali con le due magnolie secolari che accolgono il visitatore. Un borgo che potrebbe diventare una nuova Venaria Reale in piccolo, con il recupero dell’Abbadia di San Giacomo: certo sarebbe necessario che questo luogo fosse raggiungibile con mezzi pubblici e che anche la politica credesse di più in questi progetti che portano al recupero del Bello, in ogni suo aspetto.