Ogni settimana il Teatro Colosseo, l’Aula Magna della Cavallerizza Reale dell’Università di Torino, l’Aula Magna “Giovanni Agnelli” del Politecnico di Torino e, da quest’anno, anche l’Aula Magna del Campus Luigi Einaudi dell’Università di Torino, si trasformano in un grande laboratorio scientifico.
Da novembre fino a marzo non solo conferenze ma dimostrazioni, esperimenti di laboratorio, spettacoli teatrali e filmati per portare il sapore della ricerca al grande pubblico. La partecipazione è aperta a tutti, l’appuntamento è il giovedì alle 17.45, l’ingresso è rigorosamente gratuito.
Domani, 15 febbraio è il Giovedì scientifico che ospiterà al Teatro Colosseo la Senatrice della Repubblica Elena Cattaneo con un intervento dal titolo “Ogni giorno. Tra scienza e politica. I valori scientifici dell’oggettività al servizio del bene comune”.
GazzettaTorino l’ha intervistata.
Quale profilo, reputazione, porta con se la parola scienza in Italia. Le scoperte, frutto di lunghe ricerche, paiono destare un interesse modesto. Eppure se oggi viviamo molto più a lungo e meglio il merito lo possiamo attribuire prevalentemente alla scienza.
L’Italia vive il paradosso di essere il Paese che ha dato i natali a Galileo Galilei, l’inventore del metodo scientifico, la culla della prima università al mondo, quella di Bologna nata nel 1088, il luogo dove tante scoperte importanti sono state fatte, ma anche, oggi, uno degli Stati europei in cui il rapporto tra scienza, politica e società è più complicato. Il problema non è tanto “l’interesse modesto” che le scoperte scientifiche suscitano, ma è l’incapacità di pensare alla ricerca scientifica e al suo metodo come strada attraverso la quale accrescere la nostra comprensione del mondo e ridurre le problematicità che ci affliggono, aumentando il numero di persone che possono beneficiare dei progressi della scienza. Per pensare in questo modo bisogna lavorare sul futuro, puntare a obiettivi significativi e poi mettere in campo la competizione tra le idee affinché vinca la migliore e su questa base, solo su questa, assegnare il denaro pubblico.
Il tema delle fake news sta acquisendo una rilevanza sempre maggiore, per contrastare il fenomeno Mariya Gabriel, neo commissario europeo per la Digitalizzazione, ha annunciato di voler istituire una commissione di esperti d’alto livello nell’Unione Europea. Reputa che possa servire oppure si resta nell’ambito delle buone intenzioni, senza che le ricadute arrivino ai cittadini.
Che in tempi di bufale e di semplificazioni estreme, a livello europeo, così come pure si è fatto e si sta facendo a livello nazionale, si stia provando a contrastare questa tendenza è per me una notizia importante, anche se naturalmente l’efficacia di queste misure dipenderà da quali saranno e dal riuscire a realizzarle in concreto senza frustrare le libertà fondamentali dei cittadini. Al contempo da parte politica è importante che si instauri un’abitudine a resistere alla tentazione di assecondare l’emotività dei cittadini, la paura di fronte a scoperte e tecniche importanti ma complesse e difficili da comprendere pienamente, preferendo adottare divieti “a priori” piuttosto che esercitare compiutamente l’attività del legislatore, regolamentando con lungimiranza e, quando serve, sapendo di avere a che fare con una conoscenza in continua evoluzione. Anche nel legiferare sarebbe importante applicare il metodo scientifico, che ci permette di avvicinarci a quello che non comprendiamo evitando le contraddizioni e individuando gli errori di logica e di ragionamento, fondando le affermazioni su fatti e fonti verificabili.
L’attuale campagna elettorale ha accuratamente trascurato i temi legati alla ricerca, ad un indirizzo chiaro di indagine, alle professioni del domani e in particolare modo all’aver costruito il precetto che se si desidera crescere professionalmente è necessario scappare via dall’Italia il prima possibile. C’è un rimedio? Si vuole trovarlo, o vige la più palese indifferenza.
In Italia la ricerca sopravvive e in alcuni ambiti siamo primi al mondo. Ma manca tutto il contorno e l’investimento di base, continuativo e affidabile, che trasformi altri in primi al mondo domani. I giovani vanno dove trovano opportunità. Creiamole da noi. Sono due le condizioni minime necessarie per un investimento affidabile in ricerca che possa essere attrattivo: la prima è che non un euro pubblico venga assegnato alla ricerca senza a monte una procedura di selezione libera, trasparente e competitiva dei progetti da finanziare.
È cioè necessario che, di fronte alle risorse pubbliche, ci sia uguaglianza di accesso in modo competitivo. Se non viene nemmeno dato accesso alla competizione (perché non c’è) o si somministrano fondi della ricerca in modo discriminatorio si è già a metà della ricetta del disastro che alimenta comportamenti baronali, di vassallaggio e silenzio. L’antitesi della libera scienza. La seconda condizione è che serve un ente autonomo dalla politica e dalla comunità degli studiosi, un’Agenzia nazionale per la ricerca, come già esiste in praticamente tutti i grandi Paesi europei tranne il nostro, in modo da rendere quanto più possibile terzi, competenti, omogenei e certi i criteri dei bandi e l’assegnazione dei fondi. Credo che un segnale di buona volontà in questo senso, da parte del Governo uscente, sia stato rappresentato dallo stanziamento di 400 milioni di euro per i nuovi bandi Prin: ora dobbiamo impegnarci, ciascuno al suo livello, perché questa iniziativa non rimanga un’una tantum e perché la ricerca di base possa contare su finanziamenti certi, a cadenze regolari e assegnati su base rigorosamente competitiva.