La Reggia di Venaria Reale nelle Sale dei Paggi ospita fino al 22 settembre l’ultimo grande capolavoro di Sebastião Salgado: Genesi. Documentario fotografico di un importante progetto iniziato nel 2003 e concluso del 2013.
Lunghi viaggi in giro per il mondo, anni di lavoro, di scatti fotografici per immortalare la natura millenaria, incontaminata, gli animali e gli uomini di un’età primordiale, presenti nella nostra epoca nella loro veste genuina, pieni di curiosità e di ricchezza originaria. In una corsa contro il tempo, emozionante, come il suo sguardo quando si posa sui luoghi delle foreste tropicali o dei deserti dell’America e dell’Africa, sui ghiacciai dell’Antartide o della taiga dell’Alaska.
200 scatti fotografici che raccontano il suo straordinario itinerario verso il cuore dell’uomo e della natura, alla ricerca di quell’infinito misurabile – dirà lui – che è possibile trovare nell’umanità rigenerata. Un reportage eccezionale di immagini quasi scolpite all’interno della prospettiva, attraverso il diaframma fotografico.
Immagini rigorosamente in bianco e nero, perché il colore – afferma Salgado – è un elemento di disturbo. Impoverisce il racconto, toglie spessore ai sentimenti e alle emozioni, distrugge ciò che della forma è l’essenza: la sua completezza.
Le sue fotografie raccontano la bellezza del nostro mondo e il progetto Genesi manifesta un intento ben preciso: amare e salvaguardare il nostro pianeta, conquistare una nuova armonia con la terra e il tempo, tutelare un ecosistema che deve avere un futuro, nonostante i comportamenti irrispettosi dei suoi abitanti. Perché straordinario e unico.
Un canto d’amore, quello di Salgado, per lenire le ferite della natura e per risvegliare in lui la voglia di vivere. Non è stato facile, soprattutto dopo il genocidio del Ruanda del 1994, riportato in tutta la sua crudeltà.
Salgado nel corso della sua carriera non si è risparmiato niente. Con determinazione e molto coraggio, attraverso una serie di reportage fotografici, ha immortalato le disumanità del nostro tempo: la siccità del Sahel, la guerra coloniale in Angola e Mozambico, la rivoluzione in Portogallo, il duro lavoro dell’uomo nelle miniere d’oro del Brasile o nei pozzi di petrolio del golfo Persico, alla scoperta di coloro che hanno costruito il mondo.
Ogni sua foto è un grido di disperazione, una testimonianza di rara sensibilità espressiva. Una dura prova.
Per cogliere e approfondire meglio il messaggio di Genesi è utile rivedere il film documentario Il sale della terra di Wim Wenders. Il regista, insieme al figlio di Salgado, Juliano è riuscito ad avere una prospettiva sul suo mondo interiore, a farlo parlare del suo lungo processo creativo ed artistico.
Sebastião Salgado si racconta e cattura le figurazioni quasi inverosimili di soggetti che, disperatamente gridano tutta la loro umanità. Un viaggio desolante e toccante, che lo porterà alla disperazione, ma anche a nuove aspettative di vita e di lavoro.
La mostra curata dalla moglie di Salgado, Lélia Wanick Salgado vuole rappresentare una possibilità di rinascita per tutti. Messaggio coinvolgente e genuino, di valore impareggiabile.
Maria Giovanna Iannizzi