Dal 1° gennaio 2019 la cultura piemontese sarà regolamentata da un testo unico che dovrebbe portare il settore in sintonia con lo scenario attuale e costituire la base per sviluppare politiche articolate in una dimensione di unitarietà e trasversalità. Disposto con un progetto di legge approvato dal Consiglio regionale, e fortemente voluto dalla Giunta. “Un traguardo importante – dice l’assessore Antonella Parigi – che conclude un percorso partecipato inaugurato con gli Stati generali”.
Tra i temi principali figurano la definizione della cultura quale generatrice di un significativo valore economico, una programmazione triennale del settore e delle risorse, il ruolo della Regione in materia.
Queste le premesse per la legge che dal 2019 in poi vedremo attuarsi e provare a rispondere ad un sistema divenuto nel tempo sempre più grande, diversificato e ricco di proposte. “Il significativo valore economico” meriterebbe un’ermeneutica a sé, anche solo per capire se fare programmazione culturale sia una nuova declinazione del fare finanza.
Le associazioni culturali che si confronteranno con le nuove disposizioni ad oggi hanno dato solo deboli segnali, attendono il testo completo anche se qualcuno teme che la programmazione triennale invogli e privilegi quelle maggiormente strutturate rispetto a quelle minori o prive di un esperto economista all’interno.
Per saperne di più abbiamo interpellato il Consigliere Daniele Valle, presidente della Commissione cultura e relatore di maggioranza del testo approvato.
A GazzettaTorino ha detto: “Abbiamo approvato un’ottima legge di sistema, che semplifica l’intero settore della cultura e garantisce trasparenza e continuità nella programmazione. La legge, abrogherà trentadue leggi esistenti e le racchiuderà in un solo testo, in modo che tutti gli operatori del settore possano riferirsi ad uno strumento unico per sviluppare le proprie attività con le necessarie sicurezze per la programmazione. E’ importante ricordare – prosegue – che si è arrivati al testo definitivo attraverso il grande percorso partecipato degli Stati Generali della Cultura che ha coinvolto operatori ed associazioni di categoria di tutto il Piemonte.
Ammodernare, abrogare e semplificare vuol dire anche rendere più accessibili e comprensibili le nostre leggi per i cittadini, aumentarne il tasso di democraticità.
Non abbiamo solo stabilito indirizzi per i singoli settori, quali spettacolo dal vivo, cinema, biblioteche, archivi, istituti storici, minoranze linguistiche, musei ma abbiamo lavorato molto su interventi trasversali quali l’accessibilità per i diversamente abili di produzioni e beni culturali, l’attenzione al paesaggio e agli itinerari storici e artistici, il coinvolgimento di imprese e cooperative culturali, la tutela dei lavoratori e la valorizzazione del volontariato, le nuove tecnologie, la sperimentazione e la commistione di generi e strumenti. Il tutto senza dimenticare le risorse, che ci impegniamo ad aumentare di anno in anno e che vogliamo offrire anche con strumenti diversi dal semplice contributo: convenzioni e bandi triennali, fideiussioni, contributi per investimenti in conto capitale e in conto corrente.
Questa legge parte dall’idea per noi fondamentale che la cultura sia un enorme valore per il Piemonte, non solo in senso storico e artistico ma anche in chiave di sviluppo e di rilancio produttivo”.
La dichiarazione rappresenta il lungo lavoro fatto per giungere ad un testo che possa essere realmente utile per coloro che lavorano nel settore. La speranza è che alle dichiarazioni seguano poi fatti concreti. Resta per esempio scoperto il cruciale nodo dell’erogazione dei fondi in tempi certi.
Un tema sollevato in tutti i modi durante gli “Stati Generali”, nome altisonante scelto dalla Regione per incontrare le associazioni di categoria. Gli Stati Generali, per la storia, venivano convocati, prima della rivoluzione francese, quando si temeva un pericolo imminente e per limitare il potere dei monarchi. In genere senza grandi risultati.
Per ogni legge che approfitta del caldo estivo per fiorire l’esperienza induce a valutare se sia davvero una rosa aulentissima o l’ennesimo fiore sbocciato in giullaresca poesia, come quelle di Cielo d’Alcamo.