Neppure Guido l’avrebbe voluto: un funerale con tutti i crismi, autorità comprese. E così e’stato: un funerale stile “New Orleans”, a detta di alcuni, gli amici piu’ cari che l’hanno conosciuto autenticamente, in profondità, e salutato nella sua dipartita, accompagnandosi “a braccetto”, per la strada, come sarebbe piaciuto a lui, estraneo alla cultura marxista della sua generazione ma rivoluzionario e sovversivo, da sempre. Un corteo di “irregolari” al susseguirsi di un canto, ora di una declamazione dei poetici versi, tanto amati.
E’ morto, ma non si e’ spento, circa un mese fa: Guido Ceronetti, il 13 settembre 2018, nella sua casa di Cetona in Valdichiana, un piccolo borgo toscano, alla venerabile età di 91 anni.
Nato ad Andezeno in provincia di Torino, classe 1927. Forse non sarebbe potuto nascere altrove, se non, negli anfratti di quella società militare e positivista “piemontese”, come ricorda in un’intervista Ernesto Ferrero, per molti anni direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino, che l’aveva conosciuto la prima volta, all’inizio degli anni 60 aggirarsi nei corridoi dell’Einaudi.
Fu proprio Giulio Einaudi, editore della nota casa editrice, uno dei primi, a riconoscere la sua ottima padronanza del francese, tedesco, latino, greco ed ebraico, e ad accoglierlo come poeta, Eternamente avvolto, nei suoi soliti, sdruciti impermeabili, basco sulla ventitré, borsa a tracolla da cui estraeva come da un cappello magico le sue inseparabili tisane, Fisiognomica artaudiana: naso corvino, capelli spiritati “r” slittante, voce stridula.
L’eclettico Guido Ceronetti : poeta, filosofo, epistolografo, aforista romanziere, disegnatore, saggista, traduttore un poco “irriverente, sia dal latino (Marziale, Catullo, Giovenale, Orazio) sia dall’antico ebraico (Salmi, Qohelet, Cantico dei cantici Libro di Giove e di Isaia). Inoltre: marionettista, attore di strada e di teatro, giornalista un poco per necessità del vivere. Pressoché ventenne aveva cominciato le sue un poco impertinenti collaborazioni con vari giornali: la Stampa nel 1972, e poi Repubblica, il Corriere della Sera.
Fondatore nel 1970 ad Albano Laziale insieme alla moglie Erica Tedeschi, da cui si separò successivamente, pur non divorziando mai, e con la quale diede vita a: “Il teatro dei Sensibili”, esordendo prima nel tinello di casa e poi su di un vero palcoscenico. Un teatro fatto di marionette ed ombre cinesi. Eccentrico a tal punto da rifiutare la richiesta di Federico Fellini, dopo aver visto lo spettacolo, di cinematografare: le sue marionette “viventi”.
Inequivocabile la risposta del maestro ed il motivo del diniego: “Federico! La telecamera ruba l’Anima” E lui di anima traboccante, ne possedeva davvero tanta: autentica, originale. Estranea ad ogni allineamento ideologico ed indifferente ai giudizi del comune senso politico-civile. “Non e’ mai stato necessario conoscere prima l’autore, ma l’uomo, per godere e lasciarsi stupire dai pensieri ceronettiani, da certi suoi aforismi arguti, ficcanti, come piccole pietre lapidarie, che lasciano il segno. Un segno buono: quando riesci a “scandalizzare” destabilizzando ogni ideologia, hai già fatto molto, spargendo i semi di un sempre piu’inattuale pensiero critico.
Al “maestro” probabilmente sarebbe piaciuta questa considerazione. Ci mancherà. Meglio ricordarlo cosi: solitario, sapienziale barbagianni, rapaci da lui molto amati, a cui dedicò numerosi aforismi ed in cui probabilmente si riconosceva. Appollaiato su di un ramo. Esploratore arguto dell’umano, nell’osservare e non solo, il molteplice apparente, di un’artefatta cultura attuale, sempre piu’ “piccola” che a differenza di lui, non resterà così, impressa.
Eva Gili Tos