Mano, pennello, carta, acqua e pigmento sono l’essenza di una bellezza raffinata e difficile come quella dell’acquarello, fatto da un colore limpido, una luce che emerge dal bianco del foglio, una forma precisa e un tratto pensato.
Questa tecnica antica e affascinante è ben rappresentata in una mostra titolata “Ad Acqua. L’acquarello all’Accademia Albertina e in Piemonte dal Novecento a oggi”. Curata da Marcella Pralormo, direttrice della Pinacoteca Agnelli, e da Daniele Gay, docente di tecniche grafiche dell’Accademia Albertina, l’esposizione è compresa nel percorso di visita della Pinacoteca.
La ricercata selezione di opere, fruibile da domani, è sostenuta dalla compagnia Reale Mutua, fondata a Torino nel 1828, anni in cui l’acquerello era già molto in voga. In Piemonte esiste una tradizione dell’acquerello che affonda le proprie radici proprio nell’Ottocento, quando la tecnica si diffuse dall’Inghilterra e venne portata a livelli altissimi in Piemonte da artisti quali Bagetti e De Gubernatis. La tradizione ha trovato seguito nel novecento sino ai nostri giorni, la mostra racconta come questa tecnica sia viva e attuale e come sia stata praticata da insegnanti e allievi della Accademia Albertina e da molti artisti torinesi.
Continuiamo a suonare
Lavorare in città
Noi che abbiamo un po’ paura
Ma la paura passerà
Siamo tutti in ballo siamo sul più
Bello in un acquarello che scolorirà
Che scolorirà . . . . così cantava Toquinho in una canzone di parecchio tempo fa, velata da una leggera allegria malinconica, la stessa che alcuni acquarelli sanno trasmettere.