Torino Domani
GazzettaTorino, ha deciso di raccogliere opinioni, pareri, punti di vista, sul futuro della città, rivolgendo sei domande, sempre le stesse, a persone impegnate a diverso titolo nella società, nella politica e nella cultura, su un tema rilevante del dibattito pubblico, a nostro avviso trascurato: la Torino di domani.
La città appare in questo momento, come si suol dire “sotto lo zelo di Abramo”, ossia pronta ad essere sacrificata senza sapere bene per chi o per che cosa. E noi, come Isacco, vorremmo che alla fine si salvasse.
Luigi Antinucci è un cantautore e il direttore artistico di Radio Reporter Torino, lo ringraziamo per aver partecipazione a Torino Domani.
Dopo un viaggio all’estero, al rientro la città e talvolta l’Italia tutta appare più piccola, bloccata, come fosse imprigionata dentro ad un incantesimo cattivo. Prova anche lei questa sensazione, e se la risposta è sì da cosa reputa sia dettato questo sentimento.
Quando torno da un viaggio, penso sempre che Torino sia una città splendida che nulla ha da invidiare alle più grandi capitali europee, è una città dalle mille anime e dai mille volti: architettonico, storico, esoterico, artistico, musicale, sportivo, alcuni così nascosti da rimanere sconosciuti ai torinesi stessi. In questi ultimi anni si sta internazionalizzando anche se c’è ancora molto da fare per rendere fruibile agli abitanti ed ai turisti l’importante patrimonio culturale che possiede. Ad esempio sono carenti le infrastrutture, ma il discorso sarebbe troppo lungo… il problema di fondo credo sia, come sempre, quando qualcosa non funziona in una città, di ordine amministrativo ed economico.
Il dibattito sul futuro di Torino, su cosa voglia divenire, cosa ambisca a rappresentare, quale tipo di identità desideri per sé ed i suoi abitanti sembra inabissarsi e virare ad un pensiero che verte solo sui conti, sui debiti, sulle spese; una grande liquidazione dei progetti e dei sogni. Come siamo arrivati a questo?
Forse è una mancanza di sensibilità nell’individuare le priorità per uno sviluppo non solo economico, ma anche culturale e da cittadino torinese mi dispiace dirlo: Torino, dopo la crisi FIAT, con l’avvento delle Olimpiadi, aveva iniziato una trasformazione, da città industriale a culturale. Gli stranieri in visita rimangono stupiti dalle nostre bellezze architettoniche, dai musei, dal patrimonio artistico, dalle tradizioni del gusto, dalle nostre eccellenze enogastronomiche. Anche il territorio dell’intera provincia è accogliente, ma forse, oltre le risorse, manca la mentalità imprenditoriale per sfruttare ciò che abbiamo.
Cosa sarebbe opportuno fare per ripristinare fiducia, grinta, carattere, alla città? Trovare un modello da seguire, che so Amsterdam o Londra, per dinamismo e opportunità, o dobbiamo individuare e inventarci un’altra strada?
Secondo me non abbiamo bisogno di modelli da emulare, ma di aprire gli occhi, guardarci intorno e ricordare che in questa città sono nati cinema, radio e televisione, l’automobile, la moda, il design, la tecnologia e l’innovazione. Torino è stata la prima capitale d’Italia, col secondo Museo Egizio più importante al mondo, il Duomo e la Sindone, il Museo e il Festival del Cinema, il Salone del libro, il Museo dell’automobile, il castello di Rivoli e le sue mostre, la Reggia di Venaria… l’elenco sarebbe lunghissimo! Dovremmo acquisire maggiore consapevolezza, fiducia ed investire sui giovani che sono il nostro futuro senza, ovviamente, dimenticare il passato. Guardare al domani… di tre quarti.
La politica possiede ancora la capacità di coinvolgere e costruire un’appartenenza, ha perduto la pietra focaia che accende passioni o, semplicemente ha smesso di usarla?
La politica è diventata una competizione personale, una continua gara d’appalto, una corsa alle poltrone fatta di slogan e promesse elettorali regolarmente disattese, da qualunque parte giungano o siano giunte. La politica, purtroppo, rappresenta l’interesse del singolo e dei suoi accoliti, del partito, non rappresenta più i cittadini… e il popolo questo l’ha capito. Il giorno in cui riuscisse a riaccendere gli animi e le passioni… le cose cambierebbero. Forse ci sarebbe una rivoluzione.
A cosa attribuisce il fatto e la responsabilità di non vedere e sottostimare le cose meritevoli e buone del nostro paese?
Alla debolezza e faciloneria degli individui, alla mancanza di cultura, al dilagare di un sapere di superficie, al fascino del consumismo esasperato, alla dittatura silenziosa delle multinazionali e alla forza del vero potere occulto… la finanza internazionale.
C’è un libro, un film, o uno spettacolo teatrale, che a suo dire rappresenti al meglio il nostro tempo e prefiguri un indizio interessante per il domani ?
Robinson Crusoe di Daniel Defoe, per la parabola della vita ivi contenuta. Il protagonista voleva spingersi troppo oltre finché è naufragato. Dovendo poi ricominciare da solo, lottando contro la solitudine e la sopravvivenza, è stato costretto a rivalutare le poche cose importanti che contano nella vita dell’uomo e ne ha riscoperti significati e valori. Robinson è una figura quanto mai attuale. Un navigante che diventa naufrago nel mare della modernità e la sua isola è metafora della futura geopolitica: un universo-isola dove predominano la solitudine e l’incomunicabilità pur essendo potenzialmente connessi con tutto il mondo. Un domani di Robinson, ognuno sulla propria isola virtuale.