A parte Carlo Calenda, che nel provincialismo suo e nostro non fa testo, è notevole come molti guru del capitalismo mondiale stiano piano piano ammettendo di essersi sbagliati per trent’anni.
Giusto un paio di settimane fa Martin Wolf scriveva sul Financial Times che il capitalismo finanziario accresce le disuguaglianze, colpisce la crescita economica ed è una minaccia per la democrazia.
Martin Wolf sul Financial Times! Come dire che il sommo sacerdote neoliberale hasconfessato se stesso sul più thatcheriano degli organi di informazione!
Per gli scettici, verificare qui: https://www.ft.com/content/5a8ab27e-d470-11e9-8367-807ebd53ab77
“Buongiorno principessa!”, verrebbe da dire. Meglio tardi che mai! Non starò neanche a citare il teorema dell’impossibilità di Kenneth Arrow; mi limiterò ad auspicare che magari adesso si smetterà di considerare delle Cassandre appestate coloro che, certe oscenità, le denunciano più o meno da sempre.
Finirà che a difendere il capitalismo rimarranno soltanto gli epigoni italiani della terza via, quelli, per intenderci, che considerano il Jobs Act un capolavoro politico.
Oltre ai mea culpa dei neoliberali, c’è comunque un altro dato molto interessante. Da alcuni anni, infatti, le teorie di Karl Marx, costrette per decenni nelle riserve indiane di un antagonismo fine a se stesso, stanno riprendendo piede in diversi “ambienti che contano”. Ambienti intellettuali, ovviamente, ma anche politici ed economici, in Europa, negli Stati Uniti e nel resto del mondo.
Questa rinascita è dovuta certo al fatto che la teoria economica mainstream (neoliberale) non è in grado di spiegare le crisi economiche e sociali (sembrerà incredibile, ma per Friedman e soci il libero mercato per definizione non può generare crisi!), mentre il marxismo fornisce delle solidissime chiavi di lettura per interpretare il mondo attuale.
Ma non si tratta solo di questo. Forse ci si sta rendendo conto che non è così opportuno, come fanno i neoliberali, eleggere l’avidità individuale a fine della storia. C’è dell’altro – quello che, con parola antica, possiamo chiamare emancipazione dell’uomo.
E in questo quadro il pensiero di Karl Marx rimane quanto di più potente la storia ci abbia consegnato.
Non so che cosa ci riserverà il futuro e non azzardo previsioni. Ma forse oggi è lecito sperare che, finalmente, si possa uscire da un sonno dogmatico durato decenni, rimettendo al centro dell’impegno comune i principi dell’uguaglianza e della giustizia sociale.
Stefano Marengo