Desiderio di evasione, bisogno di sognare, gusto di tradire: questi i temi di una commedia che non smette di far ridere e in cui ci si ritrova tutti, anche gli sposi più fedeli e gli scapoli più impenitenti.
“Due dozzine di rose scarlatte” è questo e altro ancora, perché tanti sono gli aspetti della relazione amorosa che vengono evocati con una comicità arguta, che continua a divertire il pubblico di tutte le età. Rose rosse che profumano ancora, dopo 80 anni!
Il testo, scritto nel 1936 da Aldo De Benedetti, è in scena a Torino al Teatro Alfieri dal 5 al 10 novembre prodotto da Torino Spettacoli.
Una brillante apertura di stagione, con un trio di attori bravissimi e affiatati, capaci di rappresentare i moti dell’animo più inconfessabili e di strizzare simpaticamente l’occhio al pubblico: Miriam Mesturino è un’accattivante Marina, moglie ricca che sogna un’evasione dal menage matrimoniale, mentre Luciano Caratto veste i panni di Alberto, il marito ingegnere che desidererebbe un’avventura galante, con la complicità dell’amico avvocato, interpretato da un frizzante Simone Moretto, a sua volta scapolo senza speranze.
Due dozzine di rose rosse e un mistero…
Umorismo raffinato in scena da oltre 80 anni
Una telefonata ricevuta per sbaglio dà l’avvio ad una trama avvincente ricca di colpi di scena: arriva un mazzo di rose scarlatte con un biglietto firmato Mistero. Identità intrigante e parole di passione che fanno sognare chi le legge… Si dipana una strategia di raffinata seduzione complicata da equivoci esilaranti: chi è il mittente dei mazzi di rose scarlatte che ogni giorno riceve Marina? Chi le scrive lettere sempre più intime? Il pubblico sa… ma ride delle situazioni in cui ogni personaggio rivela se stesso in un gioco di sottile ironia.
La parola ha tutto il suo peso e la sua leggerezza: nella poesia di un piccolo biglietto d’amore, nelle battute esplosive e nelle frasi suggerite o sottintese… Un testo sempre interessante, in cui si sente sfumata l’eco di Casa di bambola o dei drammi borghesi della tradizione italiana, dove la donna aspira sempre alla propria indipendenza dal marito.
Il ritmo è vivace, il divertimento assicurato. Le musiche riportano ai mitici anni Cinquanta, quando la radio animava i salotti e trasmetteva canzoni che tutti sapevano… Una scenografia di casa borghese della metà del secolo scorso, in cui i sogni e i conflitti familiari spesso restavano inespressi. Un ambiente che non suona così lontano dalla nostra modernità, abitata talvolta dal perbenismo e dal maschilismo latente.
Impossibile non ritrovare una parte di sé nei comportamenti dei protagonisti: dal sogno di novità che stuzzichino la vita quotidiana al bisogno di parole autentiche d’amore, dal desiderio di indipendenza alla paura della solitudine, dalla gelosia al gusto di trasgredire, dall’ingenuità alle bugie… Il tutto scivola con straordinaria leggerezza sulla scena, dove gli attori si muovono con disinvoltura e recitano con elegante passione. Una passione per quel teatro comico che sa provocare il pensiero e al tempo stesso far ridere di gusto. Soprattutto con il buon gusto, che a ben vedere non passa mai di moda.
Chiara Tamagno