Nasce Biennale Tecnologia.
Mai come oggi Max Weber ed Edmund Husserl sarebbero felici.
Entrambi, in epoche diverse, avevano cercato attraverso memorabili conferenze di validare e riconciliare il prim’ordine dell’insegnamento e della ricerca umanistica e scientifica. Consapevoli di quanto fosse irrinunciabile legare insieme le discipline per progredire, indispensabili le une alle altre.
Questa felice conduzione d’intenti possiamo ritrovarla nel sottotitolo della nascente Biennale Tecnologia organizzata dal Politecnico di Torino che ravviverà la luce tenue di novembre, dal 12 al 15. Il sottotitolo in questione è “ Tecnologia è umanità”. Questa inedita biennale raccoglie il testimone del Festival della Tecnologia organizzato dal Politecnico nel novembre scorso organizzato in occasione delle celebrazioni per i suoi 160 anni di storia.
Dedicata al tema delle “Mutazioni” la prima edizione di Biennale Tecnologia, esplorerà il decisivo rapporto tra tecnologia e società. Le Mutazioni, dicono dal Politecino verranno intese come cambiamenti fisici, trasformazione dell’ambiente che ci circonda, ma anche cambiamenti di prospettiva, nuovi scenari da progettare riflettendo sul mondo necessariamente più sostenibile che dovremo costruire. E in questo ripensamento del futuro la tecnologia sarà un fattore di cruciale importanza, da indirizzare tendendo conto delle esigenze della collettività oltre che del pianeta.
Tra le mutazioni obbligatorie vi saranno, purtroppo, le forme di partecipazione.
Infatti il Rettore Guido Saracco spiega “La formula sarà inevitabilmente rinnovata rispetto a quella proposta lo scorso anno, per garantire la sicurezza di cui si deve tener conto in questi mesi di emergenza sanitaria, ma senza rinunciare a portare la cultura con eventi dal vivo nella nostra città. Lo scorso anno i nostri corridoi affollati di studenti, appassionati e famiglie hanno dato il primo segnale della direzione su cui credo che il nostro Ateneo debba investire: aprire i nostri spazi, fisici e virtuali, alla società, per portare contributi culturali di altissimo livello, suscitare dibattito, rendere la tecnologia più comprensibile e più interessante per il grande pubblico, perché siamo un’università tecnica, ma sempre più ci stiamo aprendo alle discipline umanistiche, alla sociologia, filosofia, economia, diritto sia nei nostri percorsi di studio che nella nostra offerta culturale”.
L’evento non rinuncerà alla presenza fisica, anche se con numeri ridotti di spettatori rispetto allo scorso anno, per l’adeguamento alle norme di sicurezza sanitaria. Biennale Tecnologia accoglierà i visitatori tra Corso Duca degli Abruzzi e il Castello del Valentino, a questi si aggiungerà il Circolo dei Lettori .La sfida è quella di cogliere le migliori opportunità offerte dal digitale, che in questi mesi il Politecnico ha ulteriormente potenziato, e inserirle in un palinsesto di eventi dal vivo.
Raggiunto al telefono il Professor Juan Carlos De Martin ricorda come questa iniziativa abbia un precedente illustre. Rievoca il periodo in cui, circa venti cinque anni fa Riccardo Zich, con Carlo Olmo, guidarono l’Istituto di Studi Superiori di Scienze Umane del Politecnico di Torino dal 1996 al 2000, dove i propositi non erano così dissimili. Riannodando il filo di una vocazione che parte dall’università di ingegneria francese, l’École Polytechnique fondata nel 1794, che fu il modello delle università politecniche italiane.
Questo per ribadire il valore delle radici in un sistema che è volto alle contingenze del presente, ma sostiene sempre De Martin, è anche un modo per varcare le Alpi e rendere Biennale Tecnologia più Europea. Infatti una manifestazione così strutturata, che collega in modo originale tecnologia e umanità in modo interdisciplinare, è la prima di cui sia abbia conoscenza nel vecchio continente. Motivo in più per esserne orgogliosi. Alcune riflessioni che guidano questo festival li ritroviamo nel libro di De Martin “Università futura” uscito nel 2017 per Codice edizioni.
Alla domanda sugli obbligati incontri online il Professore fa emergere un dato importante e forse sottovalutato dal periodo di confinamento. Le piattaforme. Ossia il supporto che ospita e permette di seguire o tenere conferenze, lezioni e quant’altro.
Il Politecnico si distingue per aver creato e messo a disposizione un proprio software libero, il software open-source “Big Blue Button” su cui transiteranno gli incontri di Biennale.
Unica nota dolente per i curiosi per vocazione e mestiere: il programma. Non è stato svelato. Non si conoscono i nomi degli invitati, ne se tra loro avremo qualche Premio Nobel, come è stato con Joseph Eugene Stiglitz, l’economista e saggista statunitense. Un suggerimento oltre che una speranza sarebbe interessante poter incontrare Jeffrey Sachs. Professore di Sviluppo sostenibile e di Politica e gestione della salute alla Columbia University, nonché direttore dell’influente “The Earth Institute”.
Scriveva con intenso pathos Max Weber, “l’insegnamento scientifico è una faccenda di aristocrazia dello spirito”, pensiero che, per una città come Torino, si sposa perfettamente.
https://www.biennaletecnologia.it/