E’ partito venerdì 19 giugno e terminerà venerdì 3 luglio al Cinema Massimo di via Verdi 18, il momento per il Museo Nazionale del Cinema per rendere omaggio alla regista Agnès Varda con una ricca rassegna
Tredici titoli per rendere omaggio ad una regista che è stata uno dei punti cardine della Nouvelle
Vague francese, una voce unica che per oltre settant’anni ha prodotto film con lo stesso contagioso
piacere, senza distinzioni tra generi, formati, durate, fiction o verité.
Un cinema singolare, in prima persona, fatto di luoghi, di strade e di attese con uno sguardo femminista e sociale e soprattuttosenza perdere mai in libertà poetica. Una grande signora del cinema, premio Oscar alla carriera nel
2018, che negli anni ha portato sullo schermo le vite e i pensieri di tante altre donne senza
cedimenti a nessun vincolo esterno.
La rassegna nasce a partire dall’iniziativa della Cineteca di Bologna che, nell’ambito del progetto “Il
cinema ritrovato al cinema”, distribuisce in sala l’ultimo film della regista francese Varda par
Agnès insieme a Visages Villages, Daguerréotypes, Salut Les Cubains e Cleo dalle 5 alle 7.
Wikipedia la racconta così:
Nata in Belgio da padre greco e madre francese, si trasferì, a Parigi dove lavorò come fotografa al Theatre National Populaire, all’epoca diretto da Jean Vilar. A 18 anni decise di cambiare legalmente il suo nome da Arlette ad Agnès. In questi stessi anni adottò la pettinatura a caschetto che non abbandonerà mai.
Nel 1954, con mezzi modesti, girò La pointe courte con Philippe Noiret come interprete e con il montaggio di Alain Resnais. È un film che ha lasciato il segno perché portò un soffio di libertà nel cinema francese. Nel 1961 diresse il suo secondo lungometraggio: Cleo dalle 5 alle 7 (Cléo de 5 à 7), un film su due ore della vita di una cantante, che dopo un passato sregolato aspetta di conoscere i risultati delle analisi per sapere se sia affetta da un cancro.
Girò poi altri lungometraggi che fecero di lei, negli anni’60, una rappresentante della Nouvelle Vague, nonostante lei rifiutasse tale etichetta.
Nel 1965 grazie al film Il Verde prato dell’amore ottenne l’Orso d’Argento al Festival di Berlino, avendo così maggiore visibilità non solo in Europa ma anche negli Stati Uniti.
Soggiornò brevemente a Los Angeles dove oltre a girare Lions Love realizzò il documentario Black Panthers dedicato al processo agli esponenti delle Pantere Nere organizzazione rivoluzionaria afroamericana. Nel 1971 a Parigi conobbe Jim Morrison, trasferitosi lì da poco con la fidanzata. Morrison, stanco della fama di leader dei Doors, si era reacto a Parigi per cercare di promuovere un suo cortometraggio girato in America.
Nel 1983 fu membro della giuria del Festival di Venezia mentre nel 1984 vinse il Miglior cortometraggio grazie a Ulysse. Nel 1985 fu la volta di Sans toit ni loi, il film che mise in luce la giovane Sandrine Bonnaire e che si aggiudicò il Leone d’oro alla Mostra cinematografica di Venezia. Nel 1987 filmò Jane Birkin che viveva un brutto momento dal punto di vista professionale.
Da questo incontro nacque Jane B. par Agnès Varda, un film a metà tra documentario e fiction che in Italia venne distribuito in lingua originale sottotitolato. Durante la lavorazione, Jane Birkin ebbe l’idea che porterà l’anno dopo la Varda a girare Kung-Fu Master sempre con l’attrice come protagonista.
Dopo la morte del marito Jacques Demy avvenuta nel 1990, la Varda girò tre film in suo onore Garage Demy, Les demoiselles ont eu 25 ans e L’univers de Jacques Demy, il primo un film a soggetto, gli altri documentari.
Diresse ancora Cento e una notte nel 1995, il suo personale tributo all’arte cinematografica, coinvolgendo i migliori attori francesi e altre star internazionali. Venne omaggiata di un Premio César onorario nel 2005, e nello stesso anno è giurata al Festival di Cannes ma continuò a lavorare su altri documentari, apprezzati poi in tutto il mondo. Nel 2018 le fu assegnato l’Oscar alla carriera
Si è spenta nella sua casa a Parigi il 29 marzo 2019 all’età di 90 anni.