Chi l’avrebbe mai detto? Il lock down ha messo a dura prova tutte le relazioni sociali, ma ha anche offerto opportunità impensate a coloro che nella relazione subivano da anni una prigionia, una violenza spesso occulta, subdola, difficile da riconoscere e da esternare.
Per questo l’esperienza dello Sportello del Centro Clinico Psicologia Torino, che in tre mesi ha raccolto 527.000 contatti è importantissima.
È il bilancio che rivela il dott. Pier Luigi Putrino, responsabile del Centro Clinico Psicologia Torino e ideatore del primo Sportello telefonico creato in Italia per rispondere al disagio emotivo all’esplosione della pandemia:
“Il servizio è nato il 28 febbraio, con un semplice post su Facebook per offrire un’ancora di salvataggio nello tsunami che dalla Cina stava per raggiungerci. Sapevamo che là stava crescendo il numero dei suicidi perché chi risultava positivo al Covid e non trovava posto in ospedale si toglieva la vita per paura di contagiare i familiari. Effetto panico. Eppure, all’inizio della nostra iniziativa di supporto psicologico per questa pandemia, siamo stati molto criticati, persino insultati, qui c’erano solo i primi casi… ma presto sono arrivate migliaia di telefonate di chi chiedeva aiuto, da tutt’Italia!”
Il Centro torinese ha attivato una squadra di 40 psicologi, disponibile dalle h 8 alle h 24 tutti i giorni: dopo un colloquio di accoglienza e diagnosi, il chiamante veniva assegnato all’esperto più adatto per quel determinato disagio e riceveva i primi due colloqui terapeutici gratuitamente. In tre mesi son stati effettuati più di mille interventi.
“Ma l’aspetto sorprendente – dichiara il dott. Putrino – è stato il fatto che, oltre a coloro che sentivano la paura del contagio e il disagio di stare lontano da un proprio congiunto ospedalizzato, si sono rivolte allo Sportello persone che da anni non osavano chiedere aiuto. Per l’80% delle voci che abbiamo accolto, il Covid risultava solo il pretesto per parlare di altro nella loro storia: depressioni, relazioni conflittuali, spesso violenze subite.”
Quali tipi di violenze si nascondono tra le pieghe della storia e della voce di tante persone? “Essenzialmente tre: la violenza domestica, quella di genere per lo più contro le donne e l’intimate partner violence, una nuova forma molto diffusa oggi, anche tra coppie che non convivono sotto lo stesso tetto. Mentre la violenza fisica è la più identificabile, quella psicologica è molto più subdola e devastante: minacce, stalking, filtro delle telefonate e dei messaggi sui social, ovvero leggo prima io e decido se tu puoi leggere…”
Parliamo della violenza nelle relazioni anche a distanza: come è possibile?
“Il persecutore – spiega lo psicologo – è spesso un narcisista patologico, che umilia il partner, lo rende totalmente dipendente da sé, lo isola dal contesto sociale e vuole agire il controllo mediatico sui contatti. Durante il lock down questi individui pretendevano la foto delle chiamate effettuate e ricevute dall’altro, se non la ricevevano trasgredivano le regole e si recavano a casa della vittima.”
Durante l’emergenza Covid tutto questo è esploso: le vittime di vessazioni son riuscite a comporre il numero 380 7704182 e han trovato voci rassicuranti che le hanno aiutate ad intravedere spiragli di luce per uscire dal tunnel. Forse anche il canale telefonico con lo psicologo ha contribuito a sciogliere remore e timori:
“Sì – conferma il dott. Putrino – la terapia telefonica è stata una sfida e sarà una nuova opportunità nel nostro lavoro: il paziente in questi casi si è sentito più libero e non giudicato nel suo aspetto, mentre sappiamo che la voce rivela sempre la parte più profonda e intima di una persona. È stata ed è dunque una modalità terapeutica molto efficace.”
Chi sono generalmente le vittime di queste violenze nelle relazioni intime?
“Prevalentemente donne, dal tratto di personalità dipendente, con scarsa rete sociale, talvolta con difficoltà economica oppure di classe medio-alta ma con la paura e la vergogna di far sapere quel che soffrono.”
Quali strategie si possono suggerire alle persone che subiscono una condizione di violenza psicologica?
Pier Luigi Putrino non ha dubbi “Non possono uscirne da sole, devono chiedere aiuto. E poi superare il senso di colpa della denuncia, non devono cercar di combattere l’aggressore, non cedere neppure alle sue scuse perché sarebbe un circolo vizioso.” E aggiunge un consiglio per questo tempo di aperture dopo i mesi di lock down: “Le persone che si sentono in pericolo dovrebbero sfruttare questo periodo più tranquillo per uscire e cercare un confronto, prepararsi senza paura per eventuali situazioni di emergenza futura, avviare un dialogo con chi può aiutarle.”
Il tema della violenza domestica è ormai emerso all’attenzione nazionale e internazionale: lo scorso giugno è stato pubblicato un Manifesto firmato da 60 Istituzioni rappresentative della psicologia nel mondo e l’Ordine degli Psicologi del Piemonte è il primo e unico Ordine italiano coinvolto nell’iniziativa.
Un documento che unisce risorse e invita ad agire come comunità e singoli per contrastare i diversi tipi di violenza esplosi in tempi di Covid. Un impegno e una promozione che merita diffusione in ogni ambiente.
Nel tempo dell’emergenza sanitaria si è scatenata la comunicazione, con un’impennata virale su tutti i canali, e in questo caso è stata quanto mai proficua: è grazie infatti a una propaganda capillare sui media e sui social che si è raggiunto il target da aiutare. Tante vittime ce l’hanno fatta, ma ne restano ancora molte nel silenzio…
Per sensibilizzare e incoraggiare ad agire, Il Centro Clinico Psicologia Torino, in collaborazione con la dottoressa Ilaria Cabula, psicologa forense e criminologica, e la dottoressa Gloria Maccarrone, psicologa esperta in neuropsicologia, sta sviluppando un ciclo di video-social informativi relativi al tema della violenza domestica in appoggio al progetto “Violenza domestica: se la conosci, la affronti”, che partirà a settembre.
“Dobbiamo investire molto nella comunicazione sociale per raggiungere chi ha bisogno del nostro aiuto – insiste il dott. Putrino e chiosa con una metafora – Possiamo avere tanta acqua nel deserto, ma se non facciamo sapere che ce l’abbiamo, non potremo dissetare quanti si aggirano sperduti.”
Chiara Tamagno