Dopo sei mesi di distanza, la scuola il 14 settembre ha riaperto le porte.
Una data fortemente desiderata da tutti: dal mondo della politica alle famiglie, dai docenti agli studenti che, incredibile a dirsi, non vedevano l’ora di tornare a scuola!
Che cosa hanno trovato insegnanti e allievi nei loro istituti?
Pur nella diversità delle soluzioni e delle scelte locali, è di tutti la priorità data alle norme sulla sicurezza per arginare il pericolo di contagio: accessi differenziati all’edificio scolastico, segnaletica di percorsi obbligati, termoscanner, banchi distanziati, complesse procedure per evitare che i ragazzi si incontrino nei corridoi o nei bagni o alle porte di ingresso…
Queste e altre regole imposte dalle Linee guida ministeriali tradotte con rigore dai Dirigenti scolastici.
Gli allievi hanno generalmente risposto bene, inquadrati negli spazi rigidamente organizzati: il banco è l’area minima in cui possono sentirsi liberi, mentre per alzarsi o andare ai servizi devono indossare la mascherina e far registrare al minuto ogni movimento.
Tutto deve essere monitorato per avere dati certi da comunicare all’Asl in caso di tracciamento, qualora ci fossero compagni positivi al covid o anche solo sospetti tali. Il classico intervallo è sostituito dagli ultimi minuti dell’ora di lezione, stando seduti al banco, mentre il docente sanifica la cattedra; sono esclusi i colloqui in presenza coi genitori, le riunioni e i consigli di classe avvengono per lo più online.
Gli istituti superiori si sono attivati con la Didattica Digitale Integrata per limitare l’affollamento in classe: ci sono scuole in cui metà classe segue la lezione in presenza e metà on line, altre in cui uno o più giorni sono previsti con didattica a distanza per alcune classi a turno…
Non è stato facile organizzare tutto il sistema, sia per il personale che lavora in queste condizioni sia per i ragazzi costretti (nel vero senso della parola) ad apprendere trattenendo il respiro. Sì perché oggi nella scuola il rischio è proprio questo: che venga sacrificato il respiro della mente e del cuore.
Ne parliamo con Massimo Recalcati, noto psicoanalista autore del libro L’ora di lezione: “Il problema della scuola oggi è colonizzato dal tema della sicurezza e non si considera invece questa “occasione”, che si è aperta come la possibilità di un rilancio della scuola, del suo ruolo nel nostro Paese e anche del modo di concepire la didattica.” E aggiunge: “I soli discorsi che circolano riguardano le distanze di sicurezza, mettere o non mettere il plexiglass, i tavolini con le rotelle… ma nessuno parla – e questo è invece un insegnamento del Covid – dell’importanza della formazione, della ricerca, dell’Università, degli investimenti sulla scuola.”
Certo è un tema politico, di primo piano, che invita tutti a considerare questa “occasione” come una opportunità di crescita e di un salto di qualità in un’istituzione fondamentale per la vita del Paese.
Saremo capaci di imparare questa lezione nuova, imperdibile?
Per ora la scuola, seppur aperta, sembra chiusa dalle logiche della paura del contagio, mentre vengono sacrificate altre dimensioni vitali e creative.
Afferma Recalcati: “L’esperienza del lock down ci ha insegnato che la didattica implica innanzitutto “la relazione”: la didattica a distanza è una contraddizione di termini. Anche se molti insegnanti, lavorando a distanza con fatica, hanno preservato un minimo di contatto con gli allievi e di didattica, questo non deve essere visto come il modello per il futuro.”
La scuola a cui si era abituati ha le sue criticità, spesso inadeguata agli attuali processi di apprendimento degli allievi e alle opportunità offerte dalla tecnologia, generalmente lenta ad attivarsi di fronte a prospettive di rinnovamento didattico e organizzativo. Ma pur sempre una scuola in cui vivere con libertà di movimento e di relazione, centrata sui contenuti e sulle competenze, sui progetti per valorizzare le eccellenze e per recuperare le fragilità…
Lo scossone ricevuto in tempi di lock down ha fatto riflettere i protagonisti di ogni campo sociale e lavorativo, al fine di migliorare gli aspetti critici pregressi e trovare soluzioni nuove e più efficaci.
Ce la farà anche il mondo della scuola?
Lo chiediamo a Rosa Anna Landi, preside dell’IIS Majorana di Moncalieri. “Gli interventi più urgenti dovrebbero sanare problematiche precedenti il coronavirus. Primo fra tutti l’incremento degli organici: servono più docenti per evitare classi troppo numerose e per consentire agli insegnanti di formarsi in modo innovativo, di avere il tempo per preparare materiali e studiare sistemi valutativi nella didattica a distanza… ma manca anche personale amministrativo in una scuola sempre più complessa, così come personale per la pulizia e la sanificazione dell’edificio.
In seconda battuta si deve ripensare e investire nelle infrastrutture, nelle attrezzature spesso obsolete.”
La dott.ssa Landi auspica che “a livello centrale si pensino strategie nuove da diffondere sul territorio nazionale, dando così il tempo alla scuola di recepirle e organizzarsi pur nella sua complessità”.
Aggiunge: Questo tempo emergenziale deve esser colto davvero come un’opportunità per ripensare tutto il sistema, la scuola deve svecchiarsi, essere meno autoreferenziale e capace di comunicazione efficace anche con l’esterno.”
Mai come in questo tempo infatti le famiglie hanno sete di informazione su quel che succede a scuola: “E’ vero, ma a questo forte desiderio spesso non corrisponde uno sforzo attivo per aggiornarsi sulle comunicazioni pubblicate sul Registro Elettronico e sul sito: i dati sugli accessi alle piattaforme sono a volte sconfortanti, mentre siamo subissati di telefonate. Seguire la scuola anche dall’esterno richiede pazienza e responsabilità e, per reggere la sfida che viviamo, ciascuno deve fare la propria parte.”
Quali valori preservare in una scuola che vuole ripensarsi?
Rita Ponsetto, docente di Scienze Umane al Liceo Curie di Collegno invita a “ricentrarsi sulla relazione docente-discente, ora depersonalizzata nei codici Meet, nelle bizzare sigle (PIA, PAI, DAD, DIP…), nella difficoltà delle connessioni… recuperando la dimensione dialogica dell’insegnamento, l’attenzione al singolo, la comunicazione con le famiglie. Tutto ciò si può fare, se non vi fosse alternativa, anche con la comunicazione a distanza che mette al primo posto l’alleanza educativa.”
Quali percorsi sono effettivamente praticabili? La prof. Ponsetto vede una sfida possibile:
“Dopo tanta attesa per la riapertura delle scuole abbiamo l’opportunità per essere davvero una “comunità educante” ripristinando il rapporto con le altre agenzie educative del Territorio (comuni, associazioni, terzo settore…), cercando di recuperare la dimensione della didattica per progetti, anche nella prospettiva dell’inclusione, dell’educazione civica e delle attività di PCTO.
La Scuola potrebbe cogliere ‘la sfida della complessità’ secondo gli insegnamenti di Edgar Morin, costruendo con gli studenti una sorta di ‘cassetta degli attrezzi’ con la quale affrontare il cambiamento e le sue incertezze.”
Che la cassetta o la cartella di tutti quelli che oggi varcano le porte della scuola sappia raccogliere gli strumenti più efficaci per veleggiare sicuri e senza smarrire la rotta, in questo e nei prossimi anni scolastici.
Chiara Tamagno