Che ne usciremo migliori resta da vedere, soprattutto resta da capire quando, se e come ne usciremo.
Nell’alternanza di chiusure e riaperture ci si continua a comportare come se la prima ondata non fosse mai arrivata e il dato che colpisce di più è quello relativo all’indifferenza sorda e a volte cattiva che stiamo dimostrando per le esigenze degli altri. Ad ogni nuova chiusura o riapertura si leva puntuale il coro del “La gente non capisce!”.
Chi sia questa gente e di cosa la si accusi esattamente non è dato sapere. Chi commenta in genere si sente di appartenere al gruppo degli “altri”, di quelli che hanno davvero capito la situazione. Probabilmente si contesta agli accusati la mancanza di una sensibilità analoga alla propria.
Si comprendono fin troppo bene le proprie esigenze, ma non ci si immedesima abbastanza in quelle altrui in un crescendo di indifferenza. È un indifferente colui che auspica il “chiudete tutto” non appena la sua percezione del pericolo viene sollecitata. È un indifferente chi incurante dell’altissimo tributo in vite pagato finora, ignora le prescrizioni sul distanziamento, sui dispositivi, legittimandosi con bizzarri complottismi.
Ma se i comportamenti del cittadino possono essere in qualche misura compresi, se non altro inquadrati nel novero delle reazioni plausibili di chi non ha i mezzi per gestire la complessità della situazione, quello che sconcerta è la reazione all’emergenza di buona parte dei rappresentanti della politica. Soprattutto a livello di istituzioni locali, Comune e Regione in testa.
È il caso delle polemiche causate dalla folla in strada dopo le riaperture del Piemonte in zona arancione. Stupisce in questo senso la reprimenda di un trasecolante governatore Cirio alla volta dei tanti che si sono trovati a passeggiare per le vie del centro domenica scorsa.
Quando i cittadini vengono confinati in casa ci si duole per la perdita economica. Quando si riapre invece ci si stupisce che escano. Cosa dovrebbero fare esattamente? Auto-confinarsi in casa, anche in mancanza di obblighi specifici? Occorrerebbe avere più criterio nelle aspettative oltre che nelle imposizioni. È lecito auspicare il buon senso nei cittadini, ma è necessario operare considerando che non ce ne sarà mai abbastanza, predisponendo magari adeguati controlli. Misure sostanzialmente assenti ma necessarie per affrontare una normalità “nuova” con la quale avremo a che fare a lungo. Misure non prese per mancanza di visione, per incapacità di programmazione.
Mancanze sintomatiche di mali antecedenti alla pandemia attuale. Pensiamo agli indicatori economici e della qualità della vita della nostra Regione, e di Torino in particolare. Il Capoluogo, ormai in preda ad una crisi socio-economica che dura da anni, viene fotografato dal rapporto Rota, pubblicato dal Centro Studi Einaudi, come una metropoli in declino, incapace di attrarre risorse e priva di una classe dirigente capace ed autorevole. Torino città ha il poco invidiabile primato di aver fatto la richiesta del maggior numero di ore di CIG in Italia, avendo subito un drastico crollo della produttività e delle esportazioni.
Una città dalle enormi potenzialità in diversi settori, non ultimi il turismo o l’istruzione universitaria, ma la cui classe dirigente, pubblica e privata, non sembra crederci abbastanza. Lo spettro del passato industriale ormai tramontato aleggia sull’incapacità di promuovere politiche economiche coerenti col presente.
Da anni il numero di imprese con sede nel Torinese diminuisce. Una delocalizzazione a favore di altre province e regioni italiane che in assenza di politiche adeguate rischia di proseguire in futuro, di fatto restringendo le opportunità di crescita del territorio.
Il quadro che si delinea, reso ancora più evidente dai lampanti errori nella gestione della pandemia e dalla totale assenza di un piano strategico per uscire da una situazione critica che si protrae da tempo, genera gravi perplessità sul futuro immediato della nostra Città.
Le prossime elezioni amministrative saranno fondamentali per la creazione di una nuova classe dirigente cittadina, in grado di creare sinergie tra gli attori pubblici e privati per sviluppare un nuovo progetto di sviluppo territoriale che possa portare ad una ripresa socioeconomica della Città e dell’Area Metropolitana.
L’attuale stato di emergenza e la crisi economica in aggravamento necessitano di provvedimenti strutturali, pensati sul lungo periodo e non di uno stillicidio di regole confuse e provvedimenti di scarsa sostanza. Altrimenti la pandemia durerà ben oltre la capacità di tenuta emotiva, sociale, economica e sanitaria non solo della nostra Regione ma del Paese intero.
Per questo abbiamo la necessità che la classe dirigente si dimostri all’altezza del compito, lungimirante, preparata e dotata di una visione chiara del futuro che immagina e che vuole costruire per il benessere di tutti.
Claudio Desirò – Pietro Piazzolla