Nell’ambito di EIT Food, una delle maggiori iniziative a livello mondiale incentrate sull’innovazione in campo agroalimentare, arrivano i primi risultati di una ricerca internazionale sulla fiducia nella catena alimentare.
L’equipe italiana, coordinata della prof.ssa Anna Miglietta del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Torino, con la collaborazione del Dipartimento di Filosofia (referente la prof.ssa Tiziana Andina) ha presentato i primi risultati dell’indagine EIT Food: Increasing consumer trust and support for the food supply chain and for food companies, progetto triennale parte della Consumer Trust Grand Challenge.
L’Università di Torino partecipa al Consorzio del progetto guidato dall’Università di Reading, Regno Unito, e composto da 16 partner sia del mondo accademico – Universidad Autonoma de Madrid, Università di Helsinki, Queen’s University Belfast, Università di Varsavia e VTT – sia industriale, tra cui AZTI, CSIC, DouxMatok, EUFIC, Grupo AN, PepsiCo, Sodexo, Strauss Group, Technion.
L’indagine ha coinvolto 2.363 persone, tra consumatori e attori della catena alimentare, nei 6 paesi coinvolti dal progetto: Finlandia, Israele, Italia, Polonia, Spagna, UK.
Tra i principali risultati a livello internazionale, si rileva che gli effetti della pandemia da COVID-19, per la maggioranza del campione non ha modificato il proprio livello di fiducia nella catena di approvvigionamento alimentare. Vi è apprezzamento per la sua capacità interrotta di fornire il cibo. Altri soggetti, invece, interpretano le scene di panico da acquisto e accumulo di scorte alimentari come una mancanza di fiducia nella sua abilità a mantenere adeguati livelli di fornitura.
In linea generale, consumatori dei 6 paesi affermano di avere maggior fiducia negli agricoltori/allevatori soprattutto piccoli produttori, locali e indipendenti.
Per la ristorazione, il maggior grado di fiducia è dato alle attività di piccole dimensioni e locali.
Tra le principali azioni che vorrebbero veder implementate, per aumentare il loro grado di fiducia, i consumatori segnalano: la necessità di allevamenti di animali secondo elevati standard di benessere; l’equità dei prezzi; l’etichettatura e tracciabilità dei prodotti e la tutela dell’ambiente.
Nello specifico dei risultati emersi in Italia a partire da un questionario online sottoposto a 369 consumatori, 7 focus group con i consumatori, un workshop con 14 rappresentanti del mondo aziendale, accademico e giornalistico, 5 interviste con rappresentanti del mondo industriale, si rileva che i consumatori dichiarano di riporre maggiore fiducia, a fronte dell’incertezza e dei rischi derivanti dal virus, nei grandi rivenditori di prodotti di marca. Prevale, quindi, il consumo dei prodotti confezionati o anche surgelati, a discapito di quelli freschi.
Vi è una forte fiducia negli enti regolatori e di consulenza della filiera agro-alimentare ma si guarda con sospetto ai mass media, in particolare per le pubblicità che coinvolgono dei chef rinomati nonostante che il cooking entertainment guadagni sempre più spazio nelle piattaforme televisive e nel web.
Si crede che le aziende agro-alimentari facciano poco per garantire una reale trasparenza dei prodotti che commercializzano. Vi è una grande attenzione a due aspetti della responsabilità sociale delle aziende: il benessere degli animali coinvolti nella filiera agro-alimentare; lo smaltimento dei rifiuti (sia in fase di produzione che a seguito del consumo).
Infine, sia tra le aziende sia tra i consumatori italiani prevale la percezione degli agricoltori come i soggetti più vulnerabili della filiera agroalimentare.