Il tema della giustizia, del suo ruolo, all’interno di un paese è cruciale. Soprattutto quando questa risente di problemi antichi mai veramente risolti e si trova ad oggi in una preoccupante situazione di stallo. Significa udienze rinviate, ridotto accesso alle Cancellerie, tempistiche incerte e una sensazione collettiva di riduzione ed erosione del diritto. Colpa certamente della pandemia, ma non solo.
Il problema tocca moltissimi aspetti, da quello economico a quello sociale dalle implicazioni legate al processo penale come a quello civile. Salvaguardare il ruolo costituzionale che la Giustizia esprime e merita è imprescindibile quanto urgente.
Per affrontare l’argomento abbiamo rivolto le nostre domande ad un esperto del diritto, l’Avvocato Mauro Anetrini.
Avvocato Anetrini quale posizione occupa la Giustizia in questo momento?
Tra le molte emergenze in atto, quella della Giustizia non occupa di certo una posizione ancillare. Intanto, per cercare di rendere chiaro il mio pensiero, rilevo che l’amministrazione della Giustizia, e di tutto ciò che alla Giustizia è connesso, incide profondamente sui rapporti sociali, economici e, come sappiamo, politici.
Le controversie che sfociano nei Tribunali, infatti, riguardano fatti economici o sociali che non raramente interessano l’intera comunità, dal singolo cittadino alle imprese, con effetti di ricaduta che condizionano il giudizio sull’efficienza del cosiddetto sistema Paese.
Mi spiego meglio: oggi, le imprese straniere che intendono operare in Italia guardano con grande attenzione al settore Giustizia e si chiedono non già se sarebbe conveniente affrontare un processo, ma se è opportuno investire in una Nazione nella quale i processi sono lunghi, costosi e di fatto inefficaci. Nel contesto appena decritto, la Giustizia Civile occupa un ruolo di primo piano e necessita di interventi immediati.
Se, come ho detto, la Giustizia rappresenta un anello importante di quella che oggi chiamiamo economia circolare, è evidente che la celerità della trattazione dei processi, la possibilità di ottenere ristoro dei danni subiti e di recuperare in crediti insoluti costituisce un elemento significativo per gli operatori economici. Per, non parlare, del diritto di famiglia, delicatissimo settore che coinvolge nel profondo le persone.
Quindi celerità dei processi e certezze dell’esito condizionano la vita economica del paese ?
Lo dico chiaramente: uno dei fattori disincentivanti gli investimenti è senz’altro rappresentato dalle lungaggini dei giudizi, dall’eccessivo formalismo e dalla incognita della fase esecutiva. Ciò non significa – lo dirò a breve per il settore penale, le cui connotazioni, tuttavia, meritano particolare cautela – che occorra procedere ad una riduzione delle garanzie, ma è certo che uno snellimento ed un adeguamento delle strutture alla modernità è indispensabile. Analogo discorso, con i distinguo del caso, va fatto anche in riferimento alla Giustizia amministrativa, la quale, oltre a produrre effetti sul versante dei rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione, troppe volte diventa un ostacolo all’azione di governo che rallenta i tempi o blocca del tutto iniziative o investimenti pubblici.
Il settore penale, infine, è quello che desta maggiori preoccupazioni. Non è un caso che, da troppo tempo e per mere ragioni di cassetta elettorale, i governi abbiano ceduto alla tentazione del panpenalismo, attraendo nel perimetro dell’illecito penale le condotte più disparate, incrementando le sanzioni o riducendo le garanzie. I fatti dicono che non è servito a nulla: l’arretrato aumenta, i procedimenti non vengono trattati e le pene restano, in molti casi, una mera effigie o assumono tratti contrari al senso di umanità, come ha rilevato più volte la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Intende dire che il sistema vive una vera e propria crisi ?
Anche in questo settore, esiste una crisi strutturale, alla quale è necessario porre rimedio. Ma non è la sola: all’aumento dei magistrati, del personale e delle strutture, va associata una prudente ma significativa operazione selettiva di depenalizzazione, adottando il principio – fin qui negletto – che il processo penale deve essere riservato alle condotte che meritano davvero questo tipo di risposta.
Neppure è servito l’intervento di sostanziale abrogazione della prescrizione, al quale, com’era prevedibile, conseguirà l’ennesima e dannosa dilatazione dei tempi dei processi, tal che un cittadino potrà restare in eterno sub iudice in attesa di conoscere il proprio destino.
Per comprendere meglio ci fa un esempio di cosa significa l’abrogazione della prescrizione ?
Faccio un esempio, a tacere del fatto che lo Stato ha il dovere di conoscere in tempi ragionevoli della illiceità dei comportamenti, una persona potrebbe trovarsi a distanza di molti anni a subire le conseguenze di un fatto commesso in gioventù. Che pena è mai quella che colpisce dopo vent’anni?
La prescrizione, meglio: la sua abrogazione, è stata usata come un totem per nascondere le inefficienze del sistema e per placare l’opinione pubblica, mentre era necessario dire che i processi devono essere fatti in tempi rapidi, con tutte le garanzie previste dalla Costituzione.
Il reato conclamato dovrebbe condurre ad una pena no ?
Chi sbaglia deve pagare. Per concludere: pagare significa espiare una pena giusta, con finalità rieducative in condizioni che non consentano neppure di pensare che si tratta di una vendetta. Giustizia, dice la Costituzione, non è vendetta, ma retribuzione finalizzata al recupero. Forse, ma ne discuteremo, è giunto il momento di parlare di diritto penale premiale, con attenzione – anche – alle vittime dei reati, troppo spesso dimenticate.