Degli otto quesiti referendari su cui si è espressa La Corte Costituzionale soltanto cinque hanno ottenuto l’approvazione. Per capire conseguenze e motivazioni della scelta della Corte abbiamo interpellato un esperto del mondo giuridico che conosce altrettanto bene le dinamiche della politica.
La prima domanda che facciamo all’avvocato Mauro Anetrini, noto nell’ambiente come “toga tosta”, riguarda la stesura delle domande referendarie legate ai temi inerenti la giustizia. Lei ha partecipato in qualche modo alla stesura dei quesiti o li aveva visti prima che fossero scritti ?
No, Assolutamente no. Non ho partecipato, ho letto i quesiti quando sono stati pubblicati o poco prima che lo fossero.
Come le sono sembrati, erano ben formulati, comprensibili ?
Devo dire che è difficile scrivere i quesiti referendari, soltanto i radicali, che hanno una solida esperienza nel settore, riescono mediamente a formulare dei quesiti che superano lo scoglio della ammissibilità. Spesso si interviene su singoli segmenti di una norma. E su articoli diversi, per cui la lettura del quesito, a volte è addirittura impossibile quando, invece riassunta in due parole, sarebbe molto più semplice. Però la legge prevede che si faccia così e così ovviamente bisogna fare.
Quindi è facile non sbagliarli, ma è facile infrangersi contro il muro dell’inammissibilità perché non è mai la domanda secca se si trattasse di abolire la norma sull’omicidio. Ecco ma dice, volete abolirla? No all’omicidio uno dice, sì, no, ma, se tu fai una norma, per esempio, sulla legge elettorale, l’articolo 48, il comma tre .E’ un lenzuolo e molto più grosso, addirittura della scheda elettorale.
Inoltre, ci si trova a decidere su un referendum sulla base di quello che ti ha raccontato qualcuno, quindi, senza una conoscenza diretta, il che è la peggior forma di democrazia, perché è la negazione della democrazia. La democrazia è consapevolezza, questo è quello che penso, se uno non capisce il quesito vota sulla base delle emozioni. Questo non è democratico, direi che è abbastanza stupido.
Infatti la la sensazione che questi quesiti non siano stati totalmente compresi dai cittadini, anche se il numero di firme raccolte è stato molto elevato?
Si, il numero è molto elevato. Perché? Perché ai cittadini, nella nella fase preliminare viene soprattutto divulgato il tema di fondo. Allora si dice, voi voterete per l’abolizione di quel determinato principio di quell’istituto, di quella norma che in due parole può essere riassunta.
Per divieto di consumo della cannabis la gente si schiera, si, no. Poi però succede, come ha detto la Corte costituzionale. Guardate che voi, intervenendo in quel modo sulla norma, state creando le condizioni per depenalizzare magari anche qualcos’altro e questo non è consentito. Io non non getto la croce su nessuno, perché stendere un quesito referendario è molto complicato, a volte addirittura impossibile, perché chi lo fa si rende conto che anche un altro limite è quello del vuoto normativo.
E non si può creare un buco nel sistema normativo attraverso il referendum, che è un’altra ragione di inammissibilità. Quindi sì, i cittadini votano sulla base di quello che sentono dire nella fase della raccolta delle firme e poi nella fase della campagna elettorale. Io spero che in questa seconda fase l’informazione sia un pò più precisa e soprattutto che ci sia l’interesse da parte delle persone. Di conoscere. Perché sono i temi sui quali dovranno esprimere un voto. Perché non è solo una cosa importante, è l’unico istituto di democrazia diretta, non ce ne sono altri, questo è fondamentale. Io direi, leggete, e informatevi.
Si diceva che questi referendum, quelli legati ai temi della giustizia, fossero una sorta di giudizio su tutto il funzionamento della stessa?
Inevitabilmente rappresenta, direi in quasi in modo plastico la fotografia delle condizioni della giustizia in questo paese oggi. E quindi lo scandalo sul Consiglio Superiore trova un riscontro nei referendum sul Consiglio superiore, la responsabilità civile, che però non è stata ammessa, come l’abuso della custodia cautelare.
Istituti che hanno colpito direttamente magari molti cittadini, ma comunque sono oggetto di trattazione continua nei talk show serali. Qui il giudizio non sarà sul singolo referendum perché è ben difficile che la gente capisca attraverso una discussione, sia pure condotta da persone molto preparate, che cosa sia o no la separazione delle carriere, argomento di cui mi occupo da da tantissimi anni.
Però è importante che si capiscano due cose: la prima, che è il momento di dare un segnale attraverso un voto che dice si cambi, la seconda, che questo segnale sia accolto in due direzioni. La prima è il Parlamento, che si mette a fare delle leggi che sistemano il mondo della giustizia. La seconda, da parte dei magistrati, che prendano atto di non essere più come nel 92. Dove ottennero troppo, in modo vorrei dire non ingannevole ma surrettizio, che si rendano conto di non essere più i paladini della legalità in questo paese. Perché se Palamara ha detto la verità non c’è nessuna differenza tra i politici e magistrati, anzi, direi che i magistrati sono i politici più raffinati.
L’altra cosa che volevamo sapere, per far sì che uno referendum passi occorre il quorum, ossia il 50%+1. I referendum sull’eutanasia e quello sulla cannabis erano sicuramente capaci di grande coinvolgimento, quelli sulla giustizia riusciranno a centrare l’obiettivo partecipativo ?
Vi rispondo in modo articolato. La ragione mi dice che io dovrei smettere da questo momento in poi, o meglio da ieri sera in poi di sostenere i referendum perché la mancanza di quelli sull’eutanasia, e sulla cannabis erano facilitanti. Direi così, la mancanza dei due sopracitati, e quello sulla responsabilità civile dei giudici indeboliscono fortemente l’impatto che questo può avere sulla pubblica opinione. Quindi la ragione mi spinge a dire che il quorum non sarà raggiunto.
Ma la stessa ragione mi spinge a dire che è un’occasione come questa in condizioni come queste per intervenire. Quello che penso forse non si presenterà per molti anni, proprio perché qui ci sarà una sconfitta, e allora?
Poiché non bisogna mai desistere, credo che qualunque sia il numero di coloro che andranno a votare sarà un segnale per il Parlamento. In ordine alle riforme che hanno sul tavolo, che sono scritte molto male, credo debbano cogliere il senso del messaggio che arriverà dai cittadini e fare qualcosa di meglio.
Questa situazione va cambiata, cioè il referendum dice, vi piace la giustizia si o no? Voi dovete dire, non ci piace.
Non ci piace perché dopo quello che abbiamo visto non ci può piacere, non si può vivere avendo paura della giustizia, non si può vivere sentendo ciò che ha detto più volte, un magistrato che presiede una sezione della Corte di Cassazione va in TV a dire.
“Non ci sono innocenti, ma solo colpevoli che l’hanno fatta franca” e il giorno dopo magari è lì c’è qualcuno giudicato da lui e dice, sono già morto. Non si può. Ecco, questo dovrebbe essere oggetto uno dei temi della campagna referendaria, quando i magistrati si difenderanno, io dirò, voi, non siete cittadini come gli altri. Nessuno nega i diritti al magistrato, ma ci mancherebbe altro, ne vogliamo una riforma punitiva. Ma per il ruolo che voi avete così delicato, addirittura sacro. Voi non siete cittadini comuni, quindi Voi la politica non la fate. Perché sennò dovete allontanarvi dalla magistratura, possibilmente a 1000 km dal posto in cui avete esercitato.
Quindi, per citare il famoso motto, la legge è uguale per tutti o, come si diceva a scuola, dovrebbe essere una legge uguale per uguali?
Perché non avete letto bene Orwell? In Orwell, il concetto di uguaglianza che secondo la nozione ordinaria non ammette comparazioni, a volte le ammette, il caso dei magistrati è uno di quelli, dove vige la maggiore uguaglianza. .
Come giudica la conferenza stampa, prima volta che accade, in cui Giuliano Amato ha di fatto spiegato i no ai quesiti e non i sì.
E’ evidente che la scelta del Presidente della Corte costituzionale di presentarsi da solo, davanti alle telecamere, alla stampa e alla popolazione, per dire quello che ha detto nasce prima di tutto dall’esigenza di giustificarsi. I si non si giustificano, li giustificherà il popolo con il quorum. I no invece devono essere giustificati.
E poiché la Corte non voleva subire il contraccolpo in termini di prestigio che sarebbe derivato da tutte le notizie che sono immediatamente circolate, il professor Amato ha scelto di presentarsi e dare una spiegazione tecnica. Che è l’unica che poteva dare al problema.
Non riusciremo mai a dare alle persone la giustificazione politica dell’incapacità del Parlamento di fare delle leggi. Amato non l’ha detto chiaramente, ma la Corte costituzionale due anni fa, con la sentenza su Cappato lo ha detto; avete un anno di tempo per fare la legge, perché poi noi diremo qualcosa.
Insomma, se il Parlamento non è capace di depenalizzare l’uso, non il commercio delle droghe leggere, che dicono siano meno nocive del bicchiere di vino o di superalcolico. Se il Parlamento non è in grado di procedere a riforme serie, non si può prendere un organo giudiziario a farlo fare a lui.
Il vero problema che noi abbiamo appena finito di dire è che la giustizia non funziona. Ma tutti aspettano la risoluzione dei problemi del mondo, dalla magistratura. Dalla magistratura, questo è il vero problema. Questo paese è un paese che non cresce, è fermo al 1500, altro che paese moderno. Non si può esigere dalla Corte costituzionale quello che la Corte non può dare alla giustizia.
E’ stata una excusatio non petita?
In un certo modo, e qui le ragioni sono molte. Perché l’uomo, Giuliano Amato, è estremamente intelligente, non aveva bisogno di giustificare.
Lui sa che la sentenza sarà letta, aveva bisogno di creare una serie di condizioni perché lui sa che Mattarella non rimarrà sette anni lì, lui lo sa, e sa che la Corte Costituzionale diciamo, è un buon vivaio per la Presidenza della Repubblica nell’ultimo periodo e quindi …Mai dire mai, insomma, Eh, però l’uomo è meritevole e di una capacità assoluta, io non lo criticherei, criticherei chi non l’ha capito?
È stata una mossa intelligente, molto intelligente e, d’altro canto all’uomo è il dottor Sottile. Non per nulla era il consigliere di Craxi.