Saranno gli spazi di Lucia Bianco Gioielli di via San Francesco da Paola 10 bis ad accogliere un singolare incontro tra due artisti, Carlo Gloria e Lucia Bianco, con un invito a considerare “Il primato del (Di) Segno“. Accuditi dalla cura di Roberto Perugini, attentos faciemus auditores nostros, l’esposizione invoglia a mettere in relazioni le arti, le capacità esecutive e d’invenzione, l’ipotesi di germinazioni simili e l’appartenenza ad una matrice comune che risiede nell’esigenza di rappresentare con maestria. Su questo tema si apre il testo del curatore qui di seguito.
Che gli uomini, almeno fino dal tempo delle grotte di Altamira, si fossero posti il problema di rappresentare ciò che vedevano intorno a loro in un intento di catalogazione, testimonianza, desiderio di espressione, finanche estetico è cosa ben nota. E questo processo ha generato nel corso dei secoli figure mirabili che nel segno della rappresentazione hanno sviluppato tecniche, caratteri, modi, atteggiamenti, stili che oggi riassuntivamente chiamiamo disegno.
Nel Rinascimento in questo campo si raggiungono vette e visioni mai prima realizzate, con maestri quali Verrocchio, Leonardo, Tiziano, Pollaiolo e molti altri, tanto da far dire ad un attento testimone e teorizzatore delle cose dell’arte quale Giorgio Vasari che il disegno è la pietra angolare di tutte le arti, architettura, pittura e scultura. E poi verranno i Canova, i Piranesi, fino ai moderni Picasso e Dalì con rinnovato cimento e rara maestria.
In tale milieu Carlo Gloria, artista poliedrico, presente in molte collezioni italiane ed estere, impegnato (attraverso il suo avatar Quasi Carlo Gloria) su molti versanti della creatività, dalla pittura, alla fotografia, al design, si inserisce fruttuosamente.
Parlare della sua arte richiederebbe ben altro spazio, qui basta accennare ai suoi coloratissimi quadri e murales che ritraggono personaggi e momenti di vita, alle fotografie ad esposizioni multiple che con inconsueta ironia ed introspezione psicologica colgono sé stesso od esponenti della società, nonché squisiti oggetti di design. Vedendo le sue opere nel corso degli anni ho sempre pensato che alla base di tutto ciò ci fosse una solida disciplina artistica e l’intento di questa breve mostra è di significare che alla radice della sua arte c’è una straordinaria capacità di disegnare e cogliere le cose. Una maniera colta di ritrarre oggetti e la figura umana che, a dispetto del mezzo usato (in questo caso il tratto a penna biro di boettiana memoria, per non citare che un celebrato esempio), veicola con impressionante precisione un certo modo di percepire il corpo umano (le cinque opere qui presentate, ricomponendosi in un tutto ci offrono un inedito autoritratto dell’artista).
Disegno dunque che è il seme da cui germogliano tutte le propaggini della sua arte, design compreso che si pone con rara eleganza.
Qui In dialogo con Carlo Gloria, Lucia Bianco, dopo un certo numero di collezioni presentate nel corso degli anni, con una molteplicità di interventi che utilizzano i materiali più vari, da quelli tipici dell’arte orafa, come oro ed argento a quelli meno immediatamente riconducibili alla produzione di gioielli come cemento, legno, selci, ecc., con il suo segno ci conduce su territori di inaspettata creatività, combinando alla funzionalità tipica dell’oggetto, che deve adornare la persona che l’indossa, la percezione di atmosfere altre che ci portano vuoi al mondo industriale, alla natura nei suoi aspetti più scabri, ad incastri giocosi che solleticano il nostro Es, fino a forme astratte.
Gli oggetti presenti in questa rassegna, lungi dall’essere banali frutti del caso o di una tradizione tralaticia (tramandato), partono da un’intuizione di fondo che viene poi sviluppata in un progetto il cui disegno va via via modificandosi nelle varie istanze realizzative, fino ad assumere la forma finale (?).
Ho visto il libro mastro dei suoi progetti, è un calepino pieno di annotazioni, di linee, di correzioni e soprattutto di passione per il proprio ambito creativo. Segno, disegno e progetto il senso di questo dialogo tra creativi che ci riconduce alla essenza più elevata del fare manuale, che è il trasformare la materia inespressa in oggetti soffusi di magia.
Roberto Perugini