Caramba, la magia dei costumi teatrali del primo Novecento Nella misteriosa città della moda dei primi trent’anni del Novecento non poteva mancare l’esposizione dedicata al Mago dei costumi teatrali, in arte Caramba a cura di Silvia Mira.
Nella sede della ex Domus Padi, la Casa religiosa di Po, che dal 1626 è stata una delle più prestigiose sedi degli Antoniani in Piemonte, è custodito fino al 4 settembre 2022 un tesoro di inestimabile bellezza. Palazzo Accorsi Ometto, il Museo delle Arti Decorative di Via Po 55, acquistato dall’antiquario Pietro Accorsi, nel 1956 per risanarne il declino e in seguito alla sua morte preservato da Giulio Ometto, è diventato oggi una meta di studiosi ed amatori delle arti applicate grazie agli allestimenti tematici che propone ai suoi visitatori. Oltre alla prestigiosa collezione che riproduce le stanze e i salotti di Villa Paola, residenza di villeggiatura di Pietro Accorsi, una ricca collezione di oggetti e tessuti che raccontano il passato di più di trecento anni di storia delle arti in Italia, dal mese di aprile è aperta al pubblico la mostra “In scena! Luci e colori dei costumi di Caramba”.
La vitalità artistica culturale del Piemonte, durante il primo Novecento, è un fatto storico consolidato ma non tutti conoscono gli esponenti delle arti minori che hanno contribuito al riconoscimento meritocratico di Torino nel mondo, la piccola Parigi incoronata dalle Alpi. Luigi Sapelli, pinerolese d’origine, soprannominato il Caramba per quella sua esclamazione che lo ha reso celebre nei teatri lirici del Regio di Torino, della Scala di Milano, della Fenice di Venezia, dell’Opera di Roma e del Metropolitan di New York è uno scenografo costumista e illustratore molto apprezzato dal pubblico del suo tempo.
Caramba, dapprima illustratore sul periodico piemontese “il Fischietto”, rivista fondata durante la prima guerra d’indipendenza italiana, il cui nome evocava il suono della fanfara dei bersaglieri, in seguito dedica la sua vita ad una nuova professione, quella del costumista teatrale.
Come Léon Bakst, illustratore e costumista dei Ballets russes di Sergej Djajlev, anche Caramba, in Piemonte. pratica la professione del costumista, un’ artista della scena teatrale vista come una superficie da colorare, paragonabile alla tela di un quadro, in cui rappresentare la propria visione immaginaria di un dipinto, per trasportare gli spettatori in altri mondi, guidati da una macchina del tempo che intreccia storie di miti, di eroi con la musica le scene e i costumi. Dal 1921 fino alla sua morte, Luigi Sapelli ha diretto gli allestimenti scenici alla Scala di Milano, regalando, alla lirica dei compositori come Arturo Toscanini e Giacomo Puccini, quel realismo storico intriso di una fantasmagorica opulenza che hanno caratterizzato le scene e costumi di tanti libretti d’Opera come per esempio la Turandot.
Entrando nelle sale espositive del Museo delle Arti Decorative Accorsi Ometto è possibile fare un salto indietro nel tempo per vivere, virtualmente, i fasti di una cittadina “d’un tal garbo parigino” come scriveva nei suoi versi poetici Guido Gozzano.
La prima impressione che si ha, guardando i costumi esposti, che appartengono alla collezione Roberto De Valle, l’antica sartoria teatrale di Torino, è di magnificenza. Ad accogliere i visitatori due preparatissime guide museali Laura Ferretti e Giuseppina Giamportone ed un mastodontico mantello piumato indossato nel 1913 dalla soprano Tina Poli Randaccio, per la prima dell’opera Parisina e successivamente da Maria Callas per il Nabucco, al teatro San Carlo di Napoli il 20 dicembre del 1949.
La “Parisina” è un dramma dannunziano che risale all’epoca del 1400 e la particolarità del mantello indossato dalla protagonista Parisina Malatesta, la seconda moglie del marchese Nicolò III d’Este rimasto vedovo di Gigliola da Carrara, consiste nella fedeltà interpretativa al disegno del “Cavaliere e dama” di Antonio Pisano . Il disegno di Pisanello, in tecnica penna, punta d’argento ed acquarello, lascia intendere quanto le arti congiunte possano essere fonte d’ispirazione per ogni artista e costumista di ogni epoca passata, presente e futura. La preziosità della lavorazione delle piume del mantello segue un disegno compositivo degradante per mettere in risalto il ricamo minuzioso fatto di jais e filamenti metallici, una vera opera d’arte della manifattura sartoriale propria delle “caterinette”, vanto della rinomata città sabauda.
In quegli anni l’Italia, unita sotto un unico regno è celebrata da G. Ricordi & C. con i libretti d’opera distribuiti nelle città di Milano, Roma, Napoli, Palermo, Parigi, Londra, delinea l’unità di un Europa della cultura che oggi sembra molto più divisa e frammentaria di allora. Ogni costume di Caramba è collocato nella sala espositiva corrispondente al tema dell’opera rappresentata. I costumi di corte della Turandot sono custoditi nella stanza con le pareti ricoperte di tapisserie cinesi così come le pareti della sala Giappone sono decorate di drappi in tessuto in formato kakemono per ospitare fantasiosi Kimono stampati e ricamati con le tecniche più appropriate all’investitura dei personaggi rappresentati.
Camminando nelle sale del palazzo si incontrano i costumi per le scene bucoliche di rappresentazione teatrale goldoniana di ispirazione pittorica francese che vede in Jean Honorè Fragonard il suo massimo esponente, in un tripudio di vesti à la polonaise in stoffe di raso, broderie, intercalate a passamanerie, impreziosite da nastri di velluto, ruches di seta, pizzi e merletti.
A metà percorso si accede ad una stanza che ospita i costumi d’ ispirazione cinquecentesca, realizzati con la tecnica del pittore scenografo spagnolo Mariano Fortuny y Mandrazo. L’arte di Fortuny consiste nell’essere stato un interprete dei tessuti rinascimentali in epoca Liberty con quel tipico soggetto del melograno che attraversa le vesti delle dame, in tessuto damascato composto da corpini e maniche, sollevate da rigonfiamenti e contornate di imbottiture a sottolinearne l’importanza del rango, per ricadere poi sulle gonne ridondanti di sovrapposizioni e scivolare infine sulla stampa di un mantello di velluto, di più recente memoria, che ha reso celebri le rappresentazioni teatrali della divina Eleonora Duse.
Ogni abito esposto è un racconto della storia dell’ evoluzione della moda e del costume nei secoli e nel racconto, unito alla storia di ogni abito, ogni visitatore può ritrovare il proprio costume di “scena”, quello che indosserebbe anche solo per un istante, per calarsi nelle sembianze dei grandi personaggi che hanno lasciato una traccia indelebile della loro arte nella memoria del nostro tempo.
Monica Pontet