Il primo passo, verso l’argomento di cui parleremo, lo fece un uomo dalla chioma fiammeggiante, portava un nome benaugurante, Felix e si dedicò con eguale e sconsiderata foga a cose diverse.
Si impegnò come, giornalista, caricaturista, aeronauta, fotografo, imprenditore ed inventore accanito, instancabile promotore di se stesso e in età prolifico autore di memorie decisamente poco affidabili.
Disastroso amministratore dei propri beni, organizzava immensi ricevimenti e nel suo studio ospitò la prima esposizione di pittori che parecchio tempo dopo ebbero un successo insperato e mai più sopito. Li chiamarono, allora, con disprezzo impressionisti.
Nato Tournachon si adagiò sul nome con cui lo chiamavano gli amici: Nadar. Ed è con questo nome che divenne il miglior fotografo della sua epoca, la seconda metà dell’800.

Da allora, dai suoi intensi ritratti in bianco e nero, si è compiuta tantissima strada e l’ottava arte è divenuta qualcosa di completamente nuovo. Torino ha da sempre avuto attenzione e sensibilità per la fotografia, non per nulla è qui che venne scattata la prima foto italiana, nel lontano 1839 e no, non la fece Nadar.
Trascorsi 183 anni da quel momento fatidico, la città con le sue istituzioni più autorevoli ha deciso di costruire un Festival Internazionale di Fotografia.
Ieri, dopo qualche slittamento sulle date, è stato firmato il protocollo d’intesa. Tra i promotori troviamo Regione Piemonte, Città di Torino, Camera di commercio di Torino, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT, Intesa Sanpaolo.
I “mandarini” direbbe Simon De Beauvoir.

 – Accordo siglato. Nasce il Festival Internazionale della Fotografia – 

L’idea non nasce nuova di zecca. Vi era stata, in parte finanziata dai medesimi, per due anni una manifestazione simile organizzata nel 2018 e nel 2019 dal Museo Fico, nota come Fo.TO Fotografi a Torino. L’organizzazione languiva però di cospicui investimenti e malgrado avesse riscosso un buon successo dai confini strettamente cittadini non ha poi avuto seguito.
L’arrivo delle Gallerie d’Italia, il consolidarsi di Camera e l’incremento di gallerie ed esposizioni dedicate alla fotografia devono aver convinto tutti che, per dirla alla Hugo e rimanere in terra francese, c’era “un uovo in attesa di un uccello”.

Le ipotesi di realizzazione dell’evento, che riportiamo fedelmente sono queste: l’appuntamento sarà internazionale e a cadenza annuale, a partire dalla primavera del 2023, con una prospettiva almeno triennale, portando a Torino e in Piemonte un grande evento articolato in una serie di momenti in più location, tra cui mostre temporanee specifiche, una fiera specializzata, attività didattiche, incontri partecipati, committenze artistiche, eventi off, declinati ogni anno su un tema differente.

Chi si occuperà della realizzazione pratica sarà la Fondazione per la Cultura Torino, che secondo le direttive dovrebbe operare coinvolgendo, nelle attività di sviluppo e produzione, i soggetti del territorio dotati di riconosciute competenze scientifiche e divulgative nel settore e inseriti in articolate reti di relazioni nazionali e internazionali, al fine di garantire un’unica comunicazione con la massima inclusione e diffusione dell’iniziativa.

E ovviamente solo la Fondazione per la Cultura sarà unico massimo giudice a decidere chi ha competenze in merito e chi no. Come ? Sarà interessane saperlo.
Un dito di esperienza induce a pensare che il tutto verrà affidato ad ineffabili bandi appositamente pensati nei quali mai ha vacillato la più assoluta fiducia, soprattutto degli operatori del settore.

E’ stato dichiarato anche il primo obiettivo del Festival. Ossia l’assegnazione dell’incarico di Direzione Artistica aperto a primari esperti curatori nazionali e internazionali (persone fisiche, collettivi o enti). Tra i compiti del Direttore artistico quello di mappare e coordinare le istituzioni, i musei, le fiere, le iniziative e gli spazi d’arte torinesi che già lavorano nel mondo della fotografia, in modo da giungere alla condivisione di un nuovo brand e di un unico palinsesto, a partire dal tema individuato di anno in anno, e parallelamente coinvolgere altri partner locali, nazionali e internazionali, anche non necessariamente connessi al mondo della fotografia, per favorire la interdisciplinarietà e l’allargamento del pubblico di riferimento.
Qualche ipotesi per il nome del Direttore lo si potrebbe già insinuare ma si guasterebbe la sorpresa inoltre risulterebbe così triviale dare conferma delle solite congetture. Mica siamo quel vertice inarrivabile di pettegolezzo e charme che fu il Journal dei Goncourt, magari si fosse così abili.

Accordo siglato.

Ora che abbiamo definito le dimensioni dell’uovo è giusto conoscere l’entità approssimativa del budget che verrà impiegato per la sua realizzazione. La cifra è intorno ai 250mila euro per la prima edizione, cinquantamila per ogni ente con un aumento a centoventimila per l’anno seguente, a cui molto probabilmente aderiranno sponsor privati.
Non una piccola cosa ma difficilmente l’importo permetterà una ribalta internazionale come si auspica negli intenti. E’ però un ottimo segnale, ammantato da un certo evergetismo, rappresenta un restyling aggiornato e attrattivo di qualcosa che andava rilanciato con una veste diversa più autorevole, influente e qualificata per un grande evento che ha ricevuto il pieno appoggio dell’assessore alla cultura della Regione Piemonte Vittoria Poggio.

Accordo siglato.
Tra i promotori più accesi, che ha svolto un ruolo di coinvolgimento delle istituzioni nel progetto c’è la Camera di Commercio nella figura del suo Presidente Dario Gallina.
Dice a GazzettaTorino che il Festival, “durerà una settimana, sarà lo spunto per posizionare Torino a livello internazionale su temi come nuove tecnologie, digitale, creatività, design, con il coinvolgimento di tutti i soggetti culturali e scientifici presenti in città e in regione, a partire dagli atenei. Una primavera ricca di mostre, eventi, esposizioni, fiere, appuntamenti off sparsi in numerose location renderanno la fotografia il nuovo motivo imperdibile per scegliere di venire a Torino. Il mondo della fotografia è più esteso di quanto si creda e attiene alla nostro tempo in modo importante e non trascurabile”.

Accordo siglato.
Di questo nuovo Festival, Roberto Casiraghi, ideatore della fiera The Phair, dedicata esclusivamente alla fotografia, interpellato al telefono, ci dice di esserne molto lieto, e spera che si svolga nelle stesse date di maggio di The Phair.
Torino ha tutte le prerogative per provare ad essere una piccola Arles della fotografia italiana, emulando i famosi “Les rencontres” che regalano alla cittadina francese ogni anno cinquanta giorni di ininterrotto turismo fatto di appassionati e curiosi.

Accordo siglato.

La nascita di una nuova iniziativa è sempre un salto nel vuoto, praticato con tutta l’esperienza e la speranza di farcela. E non gli si può che augurare la miglior fortuna.
Essendo la fotografia l’idioma del Festival viene alla mente una famosissima foto di Cartier-Bresson scattata a Parigi dietro la Gare St. Lazare nel 1932; quella dove coglie l’istante perfetto in cui un uomo con il cappello salta su uno specchio d’acqua. Fermo a mezz’aria, senza la sicurezza del punto d’arrivo, ha lasciato improvvido la terraferma e vive l’attimo della scommessa, sospinto da una fede quia absurdum. Così, saltando, con lo stesso spirito di incerto esito eternato da Bresson, prendono atto le cose.