Da sempre penso che siano le realtà straniere ad essere i migliori difensori del Made in Italy.
Ennesima dimostrazione arriva dall’iniziativa del Google Cultural Institute che si è fatto promotore (in collaborazione con i lMipaaf e UnionCamere) di digitalizzare le realtà artigiane dell’Italia.
Non aziende o marchi, ma prodotti che rendono unico al mondo il nostro ecosistema.
Il Ministro De Girolamo dice – “abbiamo fatto una scommessa, noi come Ministero, Google, il mondo dei consorzi e tutti gli attori che hanno dato vita a questo progetto. Una scommessa ambiziosa: creare l’agroalimentare 2.0.
È sempre più evidente che new-technology e agroalimentare sono i settori che daranno più occupazione nel futuro. Perché non metterli insieme? Perché non fare un link tra la Silicon Valley e la nostra Food Valley? Ci voleva creatività, tanto lavoro e un po’ di coraggio, che non ci sono mancati. Inoltre, al Ministero, questo progetto non è costato un euro. In Italia abbiamo 261 prodotti a denominazione (Dop, Igp e Stg), attraverso la rete vogliamo dare visibilità a tutti quelli che danno vita a prodotti straordinari che costituiscono, insieme alla cultura, il sogno italiano.
Il futuro è nella rete e nell’agroalimentare. Questi due sistemi, messi in connessione, potranno dare accesso a informazioni e svilupperanno grandi opportunità di lavoro”.
Al sito www.google.it/madeinitaly è possibile scoprire e leggere le storie di prodotti, Consorzi, artigianato.
Una bella idea, con tanti “ma”.
Superato l’entusiasmo e i toni trionfalisti del Ministro, il sito appare poco navigabile e mancante di quello che rende unica l’Italia: il mix vincente fra unicità e sensualità.
Il sito è fatto da sei ingegneri e si vede.
Migliorare da subito usabilità ed estetica. Poi rendere questa vetrina qualcosa di remunerativo per imprenditori capaci, non un Museo digitale.
Ministro, telefoni a Google …
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