Adele Colombano aveva appena trent’anni: italo-americana, residente a Bra e con una carriera da cake designer avviata, l’obiettivo di gareggiare alla competizione europea della panificazione e il sogno di ritornare negli Stati Uniti con il marito Marco Cortese, ricercatore del Centro oncologico di Candiolo.

Una donna ricca di passioni e sogni, una vita mossa da ambizioni e progetti che, nel giugno del 2024, è stata spezzata a causa di un male incurabile.

Adele Colombano

«Adelaide ha combattuto fino all’ultimo, ma purtroppo non ce l’ha fatta. La sua più grande paura era essere dimenticata» racconta il marito Marco Cortese, che prosegue: «Dopo la sua scomparsa, quindi, ho iniziato a cercare realtà e associazioni a cui poter dare supporto con i risparmi di Adelaide. Ne ho trovate due in particolare: Noi come te – associazione braidese che si occupa di portare supporto a donne affette dal cancro – e Progetto Scaldacuore – che ho scelto perché Adelaide, nel periodo della malattia, aveva iniziato a lavorare all’uncinetto e aveva trovato in questa attività un grande conforto».

Il progetto nasce dall’impegno di Paola Parazzoli che, insieme a numerose volontarie in tutta Italia, realizza doni fatti a mano per grandi e piccini ricoverati in Ospedale: si parte dalle coperte per i neonati dell’Ospedale Michele e Pietro Ferrero di Verduno, passando alle sacche per i microinfusori dei bambini diabetici e i cuori per le donne operate di mastectomia in seguito al cancro al seno.

«Scaldacuore nasce dalla tragedia della mia ultima gravidanza: ho quattro figli, tre di loro nati prematuri. L’ultimo, Federico, è nato d’urgenza per un prolasso del cordone ombelicale e, a causa delle complicanze del parto prematuro, il suo cuore ha ripreso a battere dopo tre minuti e mezzo di stop. Un vero miracolo, dopo il quale ho deciso di voler fare del bene per aiutare gli altri, soprattutto i bambini» racconta la presidente, che prosegue: «Questa realtà opera dal 2019 e il 14 febbraio di quest’anno ci siamo costituiti come associazione. Ci occupiamo di realizzare oggetti fatti a mano da regalare a persone che stanno vivendo un momento difficile, per far sentire loro la nostra vicinanza».

Adelaide con il marito

Se i cuori nascono come un cuscino per le donne affette da cancro al seno – all’interno del quale inserire il ghiaccio per avere sollievo dopo l’operazione di mastectomia – questo dono ha portato conforto anche ai più piccoli: è nata così l’idea del progetto “Il Cuore di Adelaide”.

«Avevo donato uno dei cuori a un piccolo paziente che purtroppo oggi non c’è più: nel periodo della malattia aveva potuto riposare grazie a quel cuscino e, in seguito a questa esperienza, desideravo realizzare i cuori da donare ai bambini dei reparti oncologici» racconta Paola, che prosegue: «Ho pensato per lungo tempo come fare: avevamo bisogno di fondi perché tutti i manufatti, essendo destinati a persone particolarmente fragili, devono essere realizzati con materie prime spesso costose, di altissima qualità e ipoallergeniche. Per caso un giorno mi telefona Marco, che mi racconta di Adelaide e mi dice di voler effettuare una donazione a suo nome: gli ho parlato della mia idea ed è nato questo progetto”.

Già avvenuta una prima donazione di 113 cuori, realizzati in tempi record, seguita da una seconda – avvenuta pochi giorni fa – di 500 manufatti destinati a tutti i reparti dell’Ospedale infantile Regina Margherita di Torino. Un gesto che ha portato conforto e vicinanza ai piccoli pazienti dell’Ospedale e alle loro famiglie.

«Un gesto unico e speciale, che ha donato momenti di sollievo e tenerezza ai bambini, ai ragazzi e alle loro famiglie. Negli anni le probabilità di guarigione sono nettamente migliorate – per alcuni tumori sono superiori al 90% – ma per ottenere questo importante traguardo i pazienti devono affrontare un lungo percorso di cure, che può durare da uno a due anni» spiega il Direttore del dipartimento patologia e cura del bambino e Direttore dell’Oncologia pediatrica dell’Ospedale, la dottoressa Franca Fagioli, che prosegue: «I cuori sono diventati un simbolo di solidarietà, un abbraccio simbolico, un modo per sentirsi meno soli. La nostra équipe ha notato, in particolare, quanto questo dono sia stato apprezzato da ragazzi immunodepressi – costretti ad un isolamento più severo – e alle famiglie straniere costrette a lontananze prolungate dai loro cari».

L’importanza di questo gesto è stata sottolineata anche dalla responsabile dell’Area Umanizzazione della Direzione Sanitaria dell’Ospedale, la dottoressa Mirella Lovera: «Questo regalo ha fatto sentire i piccoli e i loro genitori meno soli, contribuendo a far ritrovare e a nutrire la loro parte sana, accompagnati da un tessuto sociale solido di supporto. Un grazie di cuore a tutti coloro che hanno partecipato alla realizzazione di questo splendido progetto!».

Una prima scintilla de “Il cuore di Adelaide”, che punta a proseguire con la realizzazione di nuovi cuori.

«Il progetto è solo all’iniziale e sta già conquistando tutti» spiega Paola Parazzoli, che prosegue: «In queste settimane abbiamo anche ottenuto il sostegno degli Ambassadeurs Du Pain, che hanno creato il loro “Cuore di Adelaide” – questa volta non fatto di stoffa ma di pane – e hanno scelto di supportare questa iniziativa”.

Un desiderio di fare del bene sempre più contagioso, come racconta Christian Trione, panificatore e referente dell’associazione che si occupa di difendere e promuovere il pane di tradizione artigianale in Francia e nel Mondo.

«Adelaide era una delle ambasciatrici ed era parte della squadra che preparavo come coach per gli Europei della panificazione. Adelaide si era occupata di disegnare il pezzo artistico – una torta raffigurante una delle bellezze italiane, il Colosseo di Roma – ma nel periodo di allenamento si è ammalata e non ha potuto partecipare alla competizione. Volevamo ritirarci, ma lei ci ha spronati ad andare avanti e a gareggiare comunque. Ho realizzato io la torta che aveva ideato lei e, insieme, siamo riusciti a ottenere il primo premio: volevamo “dividerci” la coppa, tenerla sei mesi per uno e festeggiare ogni scambio con una cena, ma purtroppo non ne abbiamo avuto il tempo» spiega Christian Trione, che aggiunge: «Oggi la coppa è rimasta a me, ma è un trofeo che mi provoca anche tanto dolore dopo la scomparsa di Adelaide. Ricordo con grande affetto la sua risata contagiosa, la sua energia dirompente. Durante l’evento di Mondopanna alla Palazzina di Caccia di Stupinigi abbiamo creato un cuore di pane che portasse il suo nome: ci manca molto e siamo felice di sostenere questo progetto per ricordarla».

Solo l’inizio, quindi, per “Il Cuore di Adelaide”, che continua a fare del bene in attesa della prossima consegna di manufatti.

«Ci saranno altre raccolte fondi e il mio obiettivo è creare nuovi progetti che portino il nome di Adelaide: desidero renderla immortale con il bene che possiamo ancora fare» commenta Marco Cortese, che conclude: «Questa tragedia mi ha insegnato a riscoprire la bellezza dell’altruismo, dell’amore disinteressato: lei è sempre stata attiva nel mondo del volontariato, io molto meno ma solo ora ne capisco la vera importanza. Adelaide desiderava che non restassi da solo e proprio nell’amore della condivisione e del supporto di chi ha più bisogno sto trovando grande conforto in questo momento di grande dolore».

Per restare aggiornati sul progetto e le prossime iniziative de Il cuore di Adelaide, è possibile seguire la pagina Facebook di Progetto Scaldacuore e su www.progettoscaldacuore.org.

Alessia Alloesio