Adesso non è che sia tutto rose e fiori. Neanche prima, se è per questo, ma almeno una serie di mansioni non era di mia competenza.
Nella mia avveniristica rappresentazione della famiglia, l’attribuzione dei ruoli all’interno della coppia era molto semplice. Io Tarzan tu Jane.
Io uomo caccio cibo proteggo caverna accendo fuoco. Adesso prendo coscienza di aspetti della vita per me inusitati: i calzini e le mutande non transitano motu proprio dal cesto della biancheria al cassetto dell’armadio, lavandosi e piegandosi con naturalezza durante il viaggio. Neanche le magliette, le tovaglie e Dio quanta roba si sporca in una casa.
Non me n’ero mai accorto. Forse un vago sospetto. Certo, esiste una via di uscita. In questo caso, la tintoria. Epperò no, grida una voce dentro di me. E’ troppo facile. Troppo comodo. Troppo costoso. Almeno per gli indumenti che non è indispensabile stirare. In un lampo di emancipazione realizzo che libertà è autosufficienza nel ge
Quindi mi armo di coraggio e mi metto a cercare le istruzioni per l’uso della lavatrice. Perché il mondo si divide in due categorie di persone. Quelli che provano. E quelli che leggono le istruzioni.stire il quotidiano sconosciuto. Già ho problemi con quello conosciuto… Però i sughi quelli facili ho imparato a farli.
Quando comprate un cellulare nuovo, per esempio: il manuale di istruzioni è una guida telefonica di Pechino, ottocento pagine più gli aggiornamenti. I più si mettono a smanettare, premo questo, no quest’altro, tutti e due insieme, adesso quel tasto lì, prima o poi qualcosa succede. Di solito non quello che vuoi tu.
Io sono di quelli che cercano le istruzioni anche per aprire il pacco dei biscotti per il cane. Perché ci metto magari qualche ora in più, ma sai poi come viene bene? Che si apre e si chiude senza sbrindellarsi e ciancicarsi tutto e non passa nemmeno una filura d’aria, che i biscottini del mio amato mi diventano secchi?
Torniamo a noi. Le istruzioni della lavatrice. Incredibilmente sono nel primo cassetto che apro, sembrano saltare fuori e dire leggici. Come no, con gioia. La vita ci manda sempre dei segnali, sta a noi saperli cogliere.
Io ho colto che devo imparare a fare il bucato. Sei pagine di istruzioni in corpo otto, più montaggio e collegamenti che così, a occhio, direi sono già stati eseguiti. Disegni. Legende. Pomelli pomoli manopole spie colorate. Neanche a Cape Canaveral. Ma quest’aggeggio deve fare il bucato o creare l’antimateria? Mettere il detersivo. Tre vaschette. Non una, tre. Ammorbidente, prelavaggio e lavaggio. Guai a confondersi.
Se l’acqua è dura aggiungere un po’ di bicarbonato. Quanto? Non lo dice. Così, a occhio. Più o meno. Datemi i grammi, perdio! Sono un tipo preciso, non so se si è capito. Impostare il programma. Li leggo tutti, sono 11 più il giornaliero a risparmio energetico e i parziali. Dipende da cosa devi lavare. Alla quinta etichetta scolorita accuratamente nascosta nella cucitura interna della maglietta, che non riesco a leggere nemmeno con il luminol, opto per lavaggio capi delicati poco sporchi.
Lo sporco è soggettivo, facciamo che le maglie da pallavolo dei miei figli sudate macchiate incrostate e puzzolenti sono delicate poco sporche.
Impostare la temperatura. Qui ho un attimo di sconforto. Ma che ne so di quale deve essere la temperatura dell’acqua? Io so che l’acqua bolle a cento gradi, l’angolo retto a novanta e tanto mi basta. Impostare la velocità di centrifuga. Bassa. Fosse mai che si aprisse lo sportello e i calzini fracidi venissero sparati nello spazio. E intercettati dagli extraterrestri, che dopo averli analizzati decidessero di nebulizzare il pianeta che ospita forme di vita così disgustose. Premere start. Trattengo il respiro, incrocio le dita e premo. Vibrazioni. Scroscio. Funzionare funziona. Sto per un quarto d’ora a fissare l’oblò che gira, come la mucca che guarda il treno passare. Mi riprendo dallo stato ipnotico e accendo la tv. Sembra passato un attimo, sento il rumore di un aereo che atterra nella mia cucina. E’ la centrifuga. Stiamo al riparo, qui non si scherza. Silenzio. La spia lampeggia, sembra dire io ho fatto. Quello che mi hai detto di fare, io ho fatto. Apro l’oblò. Suspense. Profumo di pulito. Tiro fuori la roba e la metto nella bacinella. Morbidezza al tatto.
Direi che è andata. Non era poi così difficile, in fondo. Fiero di me, sorrido soddisfatto. Guardo meglio. Una montagnola di panni di un bel color rosa sfumato uniforme mi sorride di rimando. Ve l’ho detto che a leggere le istruzioni le cose poi vengono bene.
Roberto Di Palma
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