Torino riluce in tutta la sua eleganza sfoderando le pregiate sfumature delle tonalità blu zaffiro intenso trasmesse dalla Rai durante le riprese delle ATP Finals . Il campo, gli spalti, l’atmosfera generale infonde la sensazione di essere parte di un’opera d’arte fatta di sport e di luce. Come se alla regia vi fosse Dan Flavin, che fu il pioniere della light art sin dagli anni sessanta.

Rotola nel dimenticatoio, come giusto che fosse, l’improvvida e puerile idea di una ruota panoramica che avrebbe affossato l’equilibrio dei giardini Ginzburg, per portare a pagamento a vedere quello che il Monte dei Capuccini offre gratuitamente ogni giorno e notte dell’anno dalla propria terrazza panoramica. Senza dover impiegare motori, rumori (figuriamoci se la ruota non sarebbe stata corredata da altissime musiche moleste), traffico e per soprammercato si sarebbe trovato modo di tagliare qualche albero; specialità appresa in questi ultimi anni ed esercitata con inaudita passione.

Svergognata la foga di “annuncite” istituzionale resiste, quale meraviglia metafisica, passeggiare nei lunghi porticati cittadini. Chilometri di immensi loggiati dilatati e silenziosi, vuoti interni come gonfi d’aria, di spazio e luce prospetticamente impostati verso l’aperto, siano piazze o il fiume.

Vi era tutta una città per collocare la ruota cricetaria, per le obnubilate periferie, disadorne e sole faticosamente raggiunte dai mezzi pubblici, sarebbe stata una possibilità, una forma di attenzione superficiale ma possibile per ricevere un po’ di quell’agognato hipe blu notte della Torino in high light di questi giorni.

Pier Sorel