La storica dell’arte Andreina d’Agliano, presidente del Museo della Ceramica di Mondovì e responsabile del SeVeC (Seta, Vetro e Ceramica) e Ulderica Masoni, responsabile della comunicazione per il SeVeC hanno introdotto agli studenti dello IED di Torino il corso-workshop sul gioiello contemporaneo che avverrà dal 2 al 10 settembre negli spazi dell’antica fabbrica regia del vetro a Chiusa Pesio, oggi sede del Museo dei Vetri e dei Cristalli.
Il SeVeC è un progetto culturale incentrato sulle arti applicate, nato con l’intento di porre in stretta relazione tre musei, il Museo della Ceramica di Mondovì, il Museo dei Vetri e Cristalli di Chiusa di Pesio e il Filatoio di Caraglio, per offrire un prodotto formativo, rivolto soprattutto a giovani talenti del mondo dell’Arte, del Design e della Moda, anche grazie alla stretta collaborazione di artisti affermati.
Nello specifico il workshop di Chiusa Pesio sarà tenuto dalla designer di gioielli Barbara Uderzo, creatrice di gioielli contemporanei e sculture da indossare di fama internazionale, e Patricia Lamouroux, artista nell’arte del vetro a lume, pasta di vetro e smalto. Nell’ambito del corso verranno realizzati da ciascuno studente più anelli partendo da una base in metallo grezza rifinita in modo da accogliere le miniature in vetro fuso, personalizzate in un lavoro individuale con l’aggiunta di piccoli oggetti legati alla storia personale che il singolo studente vorrà raccontare.
Andreina, come hai conosciuto Barbara e perché l’avete scelta per inaugurare i corsi SeVeC ?
Barbara mi era stata segnalata dalla storica del gioiello Lia Lenti diversi anni fa, ci eravamo conosciute in una mostra al Filatoio di Caraglio che aveva come tema la rosa e i suoi gioielli mi avevano molto colpito, scultorei e portabili allo stesso tempo. Quando con Patricia abbiamo pensato ai corsi per il SeVeC l’idea era di portare una nuova creatività che non fosse meramente didascalica ma che sottolineasse l’importanza della tecnica e al contempo potesse dare libero sfogo alla espressione del singolo.
La mia speranza e l’obbiettivo di questi corsi è quello di poter dare nuova vita, attraversi giovani creativi, ai luoghi di antica produzione del nostro territorio. Ci tengo a sottolineare che per la prima volta la manifattura del vetro di Chiusa Pesio, in parte oggi ristrutturata, sarà riavviata alla produzione dalla sua chiusura, avvenuta nella seconda metà del 1800.
Questo attraverso artisti e mentori di grande professionalità ed empatia come Barbara e Patricia: l’obbiettivo è di creare dunque una nuova comunità di artisti che riprendano le antiche conoscenze del passato coniugandole con le competenze di oggi. Barbara puoi parlarci della tua idea di gioiello contemporaneo e in particolare della tua ricerca?
Il gioiello può essere declinato al contemporaneo sia da un punto di vista dei contenuti che delle forme e dei materiali; questa mia collezione, la serie dei Blob Rings, nasce da una mia idea primigenia che si è sviluppata negli anni e che è ancora in piena evoluzione: desideravo lavorare e sperimentare i materiali, ero attratta dai colori delle plastiche ma anche dalla loro magmaticità.
Avevo interesse anche per la narrazione da realizzare con l’inclusione di piccoli oggetti: ho una collezione di elementi, objet trouvé, miniature anche molto semplici, oppure oggetti che creo io appositamente; questi elementi possono anche essere preziosi o semipreziosi, oppure in vetro. L’armonia tra i materiali va a creare un racconto, una narrazione che per me può avere un significato e per chi lo indossa un altro: io sono molto contenta se ogni persona può apportare un elemento personale a questo racconto.
Qual è il peso della tecnica e quale il peso dell’emozione nella tua ricerca?
Direi che sono in equilibrio. C’è sicuramente la ricerca di un’emozione istintiva in tema di gusto, ma ci sono anche considerazioni specifiche e rigorose sulle qualità del prodotto, sulla comprensione e la formazione sui materiali e sulle tecniche. Questo è fondamentale, perché si può partire anche da una bella idea, una buona intuizione, ma senza la tecnica questa non può essere adeguatamente sviluppata. La progettualità è mettere in opera l’oggetto con le capacità tecniche necessarie.
Nel mio lavoro so che l’impressione è che tutto nasca in modo molto istintivo e giocoso; in realtà è una libertà che mi sono presa in tanti anni di pratica e di studio. Nel mio mondo dei Blob Rings (che includono anche spille) io sono molto attenta a quello che avviene nel processo, alle trasformazioni di materiale e colori, e accolgo, oppure no, queste variabili nel risultato finale.
Poi c’è un discorso più in generale sul lavoro che non è un oggetto singolo ma fa parte di un progetto su più ampia scala, per cui la qualità deve essere alta e continuativa.
Realizzi gioielli in materiali non convenzionali come la cioccolata: mi sembra di capire che hai sempre un approccio giocoso, lontano dal modello del gioiello classico, più vicino ad un concetto di gioiello ludico.
Io nasco come designer modellista per le aziende: mi piace esplorare la conoscenza delle tecniche ma come mia indole ho sempre la curiosità per esperimenti “altri”, fuori dal coro, pezzi unici; fino a pochi anni fa erano due mondi separati, oggi non è più così, sono mondi che si possono contaminare più facilmente.
Ad esempio nei Blob Rings i gioielli non nascono sempre con un titolo, questi a volte nascono dopo, con rimandi al materiale, come nel caso di Ambra: la piccola figura di Frankenstein ha il cappio al collo trattenuto proprio da un’ambra, peso che potrebbe portarlo a fondo, ma questo materiale, essendo una resina fossile naturale, è leggerissimo e galleggia e quindi ho realizzato un non-sense: una piccola storia che nasce proprio dalle caratteristiche della materia. Frankenstein indossa una maglia a righe che ricorda il gondoliere veneziano, città dove sono nata…connessioni di significati diversi che creano un cortocircuito, talvolta molto personale. Non è solo un semplice inserimento di elementi, è una complessità di significati persino per me che li creo.
Un aspetto molto interessante è l’interazione che si crea tra il proprietario del gioiello e il gioiello stesso, penso all’anello-vaso con il piccolo cactus di cui bisogna prendersi cura o il gioiello in cioccolato e foglia d’oro che interagisce con il corpo di chi lo indossa, o ancora l’anello in cera. Questa idea nasce dal fatto che ai giorni nostri improntati sui contatti “social” bisogna recuperare la cura e i rapporti umani?
E’ una tematica molto attuale, anche se le mie opere nascono prima dell’esplosione delle ultime tecnologie: certamente le relazioni umane hanno un ruolo importante nelle mie opere, un’idea eterna, come quella dei gioielli con la piantina che cresce. È un discorso importante nella creazione di questi anelli: ho indagato il legno come elemento naturale e vivo, che ha un’anima, un odore: da qui ho avuto l’intuizione di una pianta al posto della gemma. Non sono solo anelli-scultura che vivono in autonomia nello spazio, ma si possono indossare nel dito indice: studio quindi anche la portabilità, l’apertura è stretta, la terra non si rovescia, è compatta: la conoscenza dei materiali è fondamentale per permetterne la vestibilità. Non sono solo “oggetti pazzi”, quando studio un oggetto io valuto sempre l’aspetto di ergonomia, l’interazione con il corpo: gli oggetti, anche i più effimeri, vanno progettati sempre in relazione al soggetto che diventa “catalizzatore”.
I Blob Rings che verranno prodotti per il corso SeVeC sono realizzati in collaborazione con Patricia Lamouroux, che si occuperà della lavorazione del vetro a lume. Patricia, cosa ci puoi dire del tuo rapporto con il vetro?
E’ un materiale affascinante, ma è lui che detta le regole, che comanda, con il vetro bisogna partire da subito con un progetto molto preciso: come il Piccolo Principe con la volpe, è un materiale che va addomesticato a poco a poco. Se poi il vetro ti conquista può diventare una passione totalizzante: io la prima cosa che faccio ogni giorno è aprire il forno e vedere il risultato del mio lavoro del giorno prima.
Barbara, come nasce per te il momento creativo?
Non rientro nell’ideale romantico idealizzato dell’artista che dà voce ad un proprio travaglio interiore, io lavoro meglio nell’equilibrio, un equilibrio tra curiosità giocosa, visione razionale e voglia di produrre. Le mie idee si sviluppano nel fare, è qui che avviene l’atto creativo. Fin dall’inizio avevo una propensione verso l’arte e i processi creativi, ho frequentato l’Accademia di Belle Arti e pensando ad un domani lavorativo e amando la contemporaneità ho pensato al mondo del gioiello, realtà molto importante nel territorio tra Venezia e Vicenza. Un ambito che poteva unire creatività e lavoro. Ho iniziato a lavorare nelle aziende ma il gioiello contemporaneo è un’altra cosa, è prima di tutto sperimentazione, sviluppare idee, sottoporle alle persone per valutarne le reazioni: così è iniziato il mio gioiello contemporaneo.
Cosa intendi trasferire nel progetto SeVeC agli studenti?
Cercherò di spiegare come io sviluppo un progetto, un’idea e la scelta è caduta sulla tipologia dell’anello, che non è assolutamente semplice da un punto di vista tecnico.
Con esso intendo raccontare una storia, sviluppare un progetto del tutto personale: sarebbe bello che i corsisti arrivassero già con un loro “piccolo tesoro”, piccoli oggetti personali preziosi o non preziosi, a cui unire la tecnica del vetro per realizzare insieme gioielli che testimonino l’esperienza del lavoro del metallo unito al fascino del vetro.