“Ma tu che ci vai spesso, è così bella Berlino?” Questo  mi chiedono molti che non la conoscono, sentendo dei miei frequenti viaggi. “Bella non direi” – rispondo io – “Roma o Venezia sono belle città. Berlino è… è come incontrare un grande personaggio, uno di quelli che hanno attraversato la storia, che hanno combattuto e spesso vinto, ma che hanno anche subito sconfitte e ne portano i segni, eppure continuamente raccontano storie affascinanti, vere, entusiasmanti e coinvolgenti”.
Quella mia avventura, tanti anni fa, fu infatti la prima di una lunga serie. Berlino mi prese, fatalmente. Fin dal primo lembo di terra fu come attraversare la storia. L’aeroporto in cui atterrai era il vecchio Tempelhof, quello del ponte aereo che dopo la seconda guerra mondiale rifornì la città di ogni genere di beni di sussistenza. Un mito. Poi arrivai in autobus nella parte ovest della città all’Europa Center, quel complesso di grattacieli con in cima una stella stilizzata che girava sempre su se stessa. La stella era il simbolo della Mercedes. Forse qualcuno ricorderà una pubblicità che mostrava due immagini, quella stella e il pianeta terra e uno slogan che alludeva a auto in grado di diminuire consumi e emissioni. Era la prima pubblicità ecologista di una marca automobilistica.
All’Europa Center c’era – e c’è ancora- l’Ufficio del Turismo. Ci ero andata subito per trovare un posto dove dormire,  uno qualunque purché non in un anonimo hotel. Volevo una stanza presso una famiglia, una cosa che all’estero è diffusissima. Volvo avere un contatto diretto con dei berlinesi “veri”. L’ufficio del turismo era stato rapidissimo ed efficiente: mi avevano assegnata a coppia di anziani, lui inglese, un ex colonnello rimasto lì dopo la seconda guerra, lei berlinese ma con il Parkinson. Non parlavano quasi mai e non si facevano praticamente vedere.

In compenso conobbi il quartiere elegante e borghese di Charlottenburg, cui in seguito mi affezionai molto, e imparai a distinguere quei bei palazzi di fine Ottocento che appartenevano all’epoca “Gründerzeit” ossia della fondazione del grande sviluppo economico e culturale della Germania.
In un certo senso mi affezionai anche ai quei due anziani padroni di casa che pur nella loro vita taciturna e ritirata, per anni mi hanno scritto un biglietto di auguri per Natale. Anche questa è un storia berlinese. Da loro ho poi soggiornato altre volte, fino a quando un giorno non li ho più trovati.
Paola Assom

continua

 

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