Ruota il busto, accompagna il colpo, diretto destro, montante sinistro, gancio destro, piega le ginocchia, alza la guardia, non coprirti gli occhi, vieni, vieni sotto. Ancora. Ancora.
Tony e Leo si muovono come elastici, pesi gallo e piuma che allenano le nuove promesse.
Per vederli all’opera bisogna percorrere un corridoio stretto, a sinistra gli spogliatoi, a destra la segreteria, la palestra di judo, la stanza per il saluto al sole.
Sei arrivato.
Sul ring, ti dicono, sei sempre solo. Il pubblico esulta o ti insulta, il manager ti incita insieme ai secondi, l’uomo dei tagli pensa a come rimetterti insieme. Ma sei solo.
La battaglia contro l’avversario ben presto si trasforma, e resti solo. Contro te stesso e i demoni che hai dentro.
Ruota il busto, accompagna il colpo, diretto destro, montante sinistro, gancio destro, piega le ginocchia, alza la guardia, non coprirti gli occhi, vieni, vieni sotto. Ancora. Ancora.
Stefan ha diciassette anni. Non si veste da pugile. È in palestra da sei mesi e ha vinto cinque incontri. Cinquantasette chili. Ha le braccia e le gambe sottili, muove i piedi i fretta, i riflessi pronti, schivata, gancio, montante, tutto in lui sembra una danza armonica.
Tic, tac, tic, tac, tic, tac, tic, tac
Tiene il tempo in testa, Stefan. Non si preoccupa degli sguardi intorno, dei colori che invece io vedo. I rossi i neri e i grigi dei sacchi che pendono dal soffitto. Al contrario di me, Stefan non osserva le foto di Rocky Balboa agli esordi. Non si sofferma sui tabelloni delle vittorie. Non si distrae mai.
Non ascolta i suoni che rimbombano contro i sacchi, non percepisce la musica che viene dalla stanza attigua. Non si lascia distogliere dalle parole della donna cannone, che arrivano indesiderate dalla palestra accanto.
“E con le mani amore, per le mani ti prenderò
e senza dire parole nel mio cuore ti porterò
e non avrò paura se non sarò come bella come dici tu
ma voleremo in cielo in carne ed ossa, non torneremo….
Più……
E senza fame e senza sete
e senza aria e senza rete voleremo via “.
Stefan non vola, non è un pallone gonfiato. Non è come me. Non si lascia trasportare dal vento. Stefan fende l’aria che ha intorno. Tiene gli occhi fissi su Tony. Lo sguardo puntato sui colpi. I suoi piedi si muovono agili ma stanno radicati a terra, sul ring. E Stefan, vince. Cinque incontri, in sei mesi.
Silvia Scarrone