È noto che l’unica soluzione per certi errori degli architetti – e ancora di più per gli sviluppatori immobiliari che li assoldano – sia quella di “piantare edera” per mascherare il misfatto edilizio. A volte però le dimensioni del disastro vanno oltre i limiti della risoluzione vegetativa. È il caso del gigantesco progetto di cui si raffigura un piccolo squarcio – ancora umanamente comprensibile – nell’immagine che appare qui sopra. Volendo sorbire appieno il terribile aspetto spettrale del posto, si consiglia la più ampia visione da drone, visibile qui.
I finti chateaux francesi – tutti vuoti, tutti identici, ognuno sul proprio francobollo di terreno da 324 mq – che costituiscono il desolato villaggio residenziale di Burj Al Babas Villa sono per il momento 587. Il progetto si trova vicino al paese di Mudurnu, a circa metà strada tra Istanbul e Ankara nella Turchia settentrionale. Le unità immobiliari – tutte con la stessa torretta tonda all’angolo e un’altra torretta quadrata sopra la porta principale – a progetto completato dovrebbero essere 732, ma l’esito è improbabile, vista la bancarotta del costruttore, il Gruppo Sarot, una delle più catastrofiche che il Paese ricordi.
Le unità sono tutte indipendenti e realizzate in una sorta di neogotico francese da fumetto, in teoria ispirato al Castello di Chenonceau nella Loira, una volta residenza di Caterina de’ Medici, la regina consorte di Francia nella seconda metà del 16° secolo.
Come in ogni grande bancarotta che si rispetti, le cause della catastrofe – oltre all’aspetto tremendo del progetto – sono controverse. In un’intervista all’Agenzia Bloomberg, qui, il Presidente del Gruppo Sarot, Mehmet Emin Yerdelen, ha dato la colpa agli acquirenti, perlopiù arabi dei Golfo, che al momento di pagare la nuova proprietà non volevano più saldare il conto… Yerdelen non dispera però: “Dobbiamo vendere solo altre cento ville per coprire i debiti. Credo possiamo superare la crisi in quattro o cinque mesi, per inaugurare parzialmente il progetto entro il 2019”.
Courtesy James Hansen
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