Sei domande quasi facili per coloro che concorrono alla carica di Sindaco per la città di Torino e dovranno  conquistare il monopolio del suo cuore per venire eletti.

Cominciamo con Igor Boni.

 

“Le monopole du coeur”, è stata una celebre espressione utilizzata da Valéry Giscard d’Estaing, recentemente scomparso, in un famoso dibattito televisivo con François Mitterrand.

Avendo deciso di candidarsi alla guida della città come immagina di poter rispondere alle aspettative che sono indubbiamente altissime.

Io metto sul tavolo la mia storia politica, che è altra e diversa da tutti gli altri. Una storia fatta di dialogo con i cittadini e partecipazione, non a parole ma nella concretezza dei fatti, giorno per giorno, da sempre. Con i cittadini, con le firme di molte migliaia di loro, abbiamo conquistato trasparenza e diritti per tutti i torinesi.

Oggi per rispondere alle aspettative, ai bisogni e alle disperazioni che ci sono e ci saranno occorre dire la verità. Pare banale ma non lo è. I Torinesi – e non solo loro – si sono sentiti raccontare dalla politica un sacco di bugie, un sacco di promesse e proposte mai realizzate. Non andrà tutto bene, bisogna dirlo senza timore e bisogna dire però che ce la faremo insieme; perché il Sindaco non è l’uomo che da solo risolverà i problemi ma il capitano di una squadra che comprende tutti gli 860.000 torinesi. Ognuno deve fare la sua parte, ognuno con le proprie responsabilità e dalla propria postazione.

 

Quali sono le cause e chi sono i colpevoli del declino che viviamo. Ma non solo, quanta parte di ognuno di noi è coinvolta in questa situazione.

I danni di questi ultimi anni fatti da chi ha chiuso la città su se stessa e ha fatto della decrescita un programma politico sono sotto gli occhi di tutti. La decrescita felice è una bufala, magari esiste una decrescita necessaria ma non sarà mai felice, soprattutto per chi vive già ai margini o sulla soglia di povertà. Il declino però Torino lo vive da tempo e il Rapporto Rota lo certifica. Siamo tra i peggiori in termini di istruzione, di presenza di giovani, di popolazione, di lavoro.

La città manifatturiera e basta non c’è più da tempo e non ci sarà più anche se la manifattura rappresenta uno dei pilastri su cui continuare a investire. Ma la differenza è proprio qui: non ci sarà un solo settore trainante ma diversi ambiti parimenti importanti su cui puntare. Molto è stato fatto ma la gran parte del percorso è ancora da fare e lo dobbiamo fare guardando all’Europa: sostenibilità ambientale, innovazione, infrastrutture (qui il ritardo della città è epocale), investimenti su chi viene a studiare per creare opportunità qui, turismo e cultura, sono priorità che guidano la mia azione politica.

Dire che siamo tutti sulla stessa barca non è una metafora e basta, è la realtà. Anche se oggi si amplia il divario tra garantiti e non garantiti ciascuno deve essere consapevole che non ci salveremo affondando altri ma che affondiamo o galleggiamo tutti insieme.

 

A quale modello di città è ispirato il suo impegno e cosa sta facendo per trasmetterlo nel modo più chiaro possibile.

Io rispondo che dobbiamo costruire il “Modello Torino”. Una città che abbia la capacità e il coraggio di copiare quanto di buono è stato fatto in altre città europee, trovando e valorizzando le proprie peculiarità (ne abbiamo tante!). Nessuna altra città ha una posizione geografica stupenda come la nostra in una cornice di montagne e colline boscose; nessuna ha un reticolo ricco di acque come Torino; nessuna aree verdi estese a disposizione di tutti. D’altra parte però vi sono esempi in Europa di città molto più piccole della nostra con una rete di metropolitane consolidata ed efficiente; questa per me è priorità assoluta. Siamo indietro di 30 anni e dobbiamo recuperare: completare la linea 1, aprire i lavori della linea 2 e iniziare a ragionare e progettare sulla linea 3. Con 3 linee di metropolitana la città cambierebbe volto, avvicineremo al centro le aree periferiche e creeremo valore in alloggi che nel tempo si sono svalutati.

La difficoltà che incontro ogni giorno è quella di una informazione che stenta a dare spazio a chi ha idee alternative, all’innovazione politica. Per questo vi ringrazio di questa possibilità di dialogo con la Città.

 

Torino deve cambiare stile, mentalità, modo di vivere e lavorare o no?

Per affrontare questa crisi, tutti dobbiamo avere la forza di cambiare e guardare avanti. La città che voglio è una città che sappia creare alleanze stabili e sia connessa al proprio interno e all’esterno. Prima fra tutte l’alleanza con i cugini milanesi. Io credo dovremo strutturare con Milano pezzi di programma comuni, in un lavoro sinergico e non di continuo contrasto che storicamente ci ha visti perdenti. E poi l’alleanza con le grandi città circostanti la nostra; qualsiasi problema non può più essere visto come elemento da affrontare dentro i confini comunali ma deve almeno essere affrontato come Area metropolitana. Pensate ai trasporti, alla pianificazione delle aree industriali, all’ambiente, alla gestione del ciclo dei rifiuti, al ruolo delle società partecipate. Impossibile che Torino, Grugliasco, Settimo, Moncalieri e le altre grandi città ragionino ognuna per sé.

Poi immagino una città connessa. Al proprio interno con una rete di trasporti metropolitani efficiente, con piste ciclabili metropolitane, con un recupero delle sponde fluviali che consenta di fruirle in sicurezza. E all’esterno con collegamenti e progetti comuni con Milano e Genova ma anche con le città europee come Lione. La linea ad alta velocità che finalmente abbiamo conquistato sarà una svolta economica e commerciale.

 

Nel caso venisse eletto oltre ad uno staffi di tecnici e amministrativi, da chi si farebbe aiutare? E nel caso ascolterebbe davvero i consigli di scrittori, artisti, visionari e irregolari di sorta.

Io sono un irregolare della politica, la faccio tutti i giorni nella mia città – e non solo – da 35 anni, senza aver mai preso un euro, nemmeno di rimborso. Conoscete qualcun altro che abbia fatto questo? Certo che ascolterei consigli come li ascolto tutti i giorni dai cittadini che incontro e dalle persone che con me stanno lavorando.

Se posso muovere una critica alla maggioranza dei politici italiani – e torinesi – è proprio quella di aver avuto sempre timore di affiancarsi i migliori per non rischiare di essere posti in ombra. Soprattutto in momenti di difficoltà servono competenze e capacità al massimo livello. Io non ho certo paura di mettere al mio fianco chi ne sa più di me su molti temi. La forza di un Sindaco non è quella di primeggiare su tutti e su tutto ma di attivare energie, passioni e voglia di fare.

Mi consenta inoltre una nota personale: chi come me ha militato nel partito del più grande visionario politico italiano, Marco pannella, non può certo aver paura di visionari e irregolari.

 

Su Netflix c’è una serie dedicata a Marsiglia e all’elezione del futuro sindaco con Gèrard Depardieu protagonista. Cosa ne pensa di come il cinema traspone e racconta il mondo della politica.

Hitchcock diceva che i film devono essere una fetta di torta, non una fetta di vita, altrimenti non c’è gusto a guardarli. Naturalmente la fiction deve spettacolarizzare le situazioni, drammatizzandole, enfatizzandole. Pensiamo anche ad altre serie famose come quelle sui presidenti americani, per citare solo un filone abbastanza prolifico. Penso che anche questo serva per avvicinare le persone alla politica, sperando che non tutti pensino che la politica sia sempre come Suburra o come “Cetto la qualunque”.

La diversità che umilmente cerco di rappresentare è reale e la metto a disposizione di chi mi vuole sostenere e di chi mi vuole criticare.

Igor Boni

Nato a Torino il 10 maggio 1968, laureato in Agraria, lavora all’Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente del Piemonte (IPLA), del quale è stato Amministratore Unico per 6 anni, fino al marzo 2020 dopo aver riportato in attivo conti e bilanci. Oggi è tornato per sua scelta a fare il tecnico specialista.
Militante del Partito Radicale dal 1986, si è occupato, in particolare, di tematiche ambientali (protezione del suolo e del territorio, risparmio idrico e politiche energetiche), di diritti civili e di politica internazionale, di trasparenza delle istituzioni e diritti umani nel mondo.
E’ Presidente nazionale di Radicali Italiani e fa parte dell’Assemblea nazionale di +Europa.