E’ di questi giorni una lettera, pubblica, diretta al Sindaco di Torino Chiara Appendino, scritta da Federico Francesco Ferrero. La lettera, che in modo poco torinese dà del tu a Chiara, ha il pregio di svincolarsi per toni e impostazione dai fuochi della campagna elettorale. I periodi prima di un voto hanno da sempre un eccesso di enfasi, una esagerazione di maniera a cui nessuno riesce a sottrarsi.
In questo scritto quello che colpisce maggiormente, oltre al garbo, è l’appello, l’esortazione a fare, a inventare, a osare e per osare indica persino a chi rivolgersi. Poeti e sognatori, intellettuali, giovani e meno giovani, ma tutti accomunati dal fatto, determinante, di essere degli anticonformisti.
La lettera contiene molte critiche e, da quelle parte, per sottoporre più di un’idea. Non ci sono insulti, condanne o anatemi. Ma una lettura personale del momento, indubbiamente difficile e lo sarebbe per qualsivoglia amministrazione.
Ciò che la rende autentica, probabilmente sincera, è il provare a proporre soluzioni, magari non risolveranno la situazione, ma è molto di più di quello che in genere accompagna le critiche. Ha una scintilla di utopia e il desiderio di porre, ancorare, fiducia in qualcuno. Cosa di cui si è sempre più restii. Chiude dicendosi disponibile per un impegno civico a titolo gratuito per collaborare ad un progetto per il futuro.
Sarà stata l’inclinazione a credere alle lettere e nella parola scritta, persino se il mezzo è Facebook, l’esporsi in prima persona, il dire quel che si pensa senza infingimenti, aprendo la porta a coloro che approvano e a quelli che disapprovano, o il tentativo di bussare alle porte del castello per vedere se la castellana si affaccia; saranno state molte di queste suggestioni legate insieme, che hanno fatto sì che si pubblicasse questa lettera. Oltre al fatto che i cittadini, soprattutto quando non urlano, vanno ascoltati.
La lettera è scritta dal Federico Francesco Ferrero, medico chirurgo nutrizionista, MasterChef d’Italia e giornalista.
Ciao Chiara,
è parecchio che non ci sentiamo. So che sei molto attiva su vari fronti e che stai facendo del tuo meglio. Ma, dopo averci riflettuto per mesi, oggi ho deciso di scriverti pubblicamente per esortarti a fare di più, per spingerti ad andare oltre l’attività amministrativa.
La città sta morendo, per più motivi congiunturali. E ha bisogno di uno scatto d’orgoglio, ha bisogno di un sogno. E riciclare quello olimpico non può essere l’unica soluzione.
Sono stato in decine di città negli ultimi sei mesi e il confronto è impietoso. Torino è sporca come non lo è mai stata, il degrado è palpabile nei marciapiedi sconnessi, nelle strade sozze, nei graffiti che imbrattano ogni singolo palazzo. La sicurezza sta diventando un serio problema, le periferie languono. Lo smog, responsabile di oltre 1000 morti all’anno in città, è a livelli che imporrebbero l’immediata chiusura alle auto di tutto il Centro, senza deroghe neppure ai residenti, e la pedonalizzazione totale del centro storico, seppur impopolare, sarebbe inoltre l’unica carta in grado contemporaneamente di rilanciare e difendere il piccolo commercio, di gettare le basi per un turismo di eccellenza e di tutelare mobilità alternativa e salute dei cittadini.
Le attività storiche chiudono e sono rimpiazzate da anonime vetrine di multinazionali mentre i giovani ripongono le loro speranze imprenditoriali nella gastronomia, di cui nuove aperture sbocciano ogni settimana; ma sappiamo che almeno i 3/5 di queste attività falliranno, come non possiamo aspettarci, alle attuali condizioni, un successo duraturo per i nuovi spazi industriali recentemente ristrutturati, che non possono sperare di riempirsi 7 giorni su 7 in una città in piena contrazione e senza l’adeguato afflusso turistico.
I 100mila studenti che sono in città, di cui quasi la metà fuori sede o dall’estero, vengono a Torino per l’unica ragione che è la grande città universitaria col costo della vita meno alto in Europa ma se ne andranno terminati gli studi e i giovani torinesi, almeno quelli che avevano le possibilità di farlo, hanno già lasciato la città, gli altri sognano di farlo.
Quella in cui stiamo vivendo è una città in agonia, una città di vecchi, una città che sta perdendo l’identità, una città dove le due fondazioni bancarie si sono di fatto sostituite all’amministrazione nel dettare l’agenda dello sviluppo.
Ti chiedo davvero di fare di più, perché le azioni messe in campo non sono abbastanza. Mancano una visione precisa sulla vocazione della città, un sogno da condividere con i cittadini, un’idea che dia ai ragazzi la forza di restare e agli adulti il coraggio di voltare le spalle ai poteri consolidati che li hanno sempre rassicurati. Questo coraggio e questa volontà di cambiamento sono già stati espressi proprio in occasione della tua elezione, in cui, anche chi non condivideva minimamente le caratteristiche del M5S, ha riposto in te molta speranza. E adesso tua è la responsabilità di fare qualcosa per ridare speranza a chi la sta perdendo definitivamente.
La competenza e l’esperienza servono, accanto a un po’ di ambizione, l’onestà non basta. Ti invito a creare un tavolo di lavoro per Torino 2023, che abbia il coraggio di lasciar fuori, in questa fase progettuale, i finanziatori, ma che raccolga le idee di intellettuali italiani e stranieri, che accolga anche giovani con esperienze internazionali e meno giovani che si siano distinti per anticonformismo e capacità di realizzazione; non sono mai stati gli imprenditori a poter sviluppare progetti per il bene comune, perché questo non è il loro ruolo e il loro interesse, li potranno invece sostenere se risulteranno affini alle loro esigenze. Possiamo invece dire che sono i poeti e i pensatori che devono immaginare il futuro di una città. L’adattamento di un’idea alla contingenza è poi un lavoro successivo, ma se non si pensa in grande, almeno una volta, non si partoriranno mai idee capaci di andare lontano.
La mia proposta di fare di Torino la Capitale Mondiale del Gusto, che ho presentato a te, come all’amministrazione precedente, era un’idea tra tante, forse neppure la migliore. Trova un’altra idea se questa non ti convince, ma questa idea serve adesso, subito. Fatti aiutare da chi non abbia interessi personali di nessun tipo, da chi non sia scarso di intelligenza, conoscenza, capacità, e soprattutto da chi non sia oberato dalle fatiche dell’amministrazione quotidiana o da altri incarichi che ne assorbano già le energie. Trova qualcuno che ci creda davvero e che sappia guardare oltre domani.
Te lo chiedo a nome mio e a nome di tanti con cui mi sono confrontato negli ultimi mesi, assumiti per favore il coraggio di riaccendere una città che si sta spegnendo. Non si tratta di adesione politica, ma di stimolare un impegno civico capace di unire molti cittadini con un unico scopo: Torino. Ti garantisco il mio contributo gratuito e quello di tante persone che, pur deluse, a prescindere dalla simpatia politica, sarebbero ancora disponibili a collaborare a un buon progetto. Un progetto per il futuro di tutti, per il mio futuro, per il tuo futuro, per quello di tua figlia e di tutti gli adulti, i giovani e i bambini di questa città.
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